La crisi climatica che sta colpendo il Mediterraneo con una forza sempre crescente mette a dura prova la capacità di adattamento del  territorio e richiede azioni concrete per affrontare questa sfida globale. L’OIKOS meridiano è immerso nel mare che bagna le nazioni più vulnerabili ai cambiamenti climatici, con rischi naturali come dissesti, alluvioni, erosione costiera e carenza idrica. Insieme al patrimonio naturale, vi è un patrimonio storico, artistico e culturale, ugualmente minacciato. Bisogna ascoltare le tradizioni, i suoni popolari e i desideri dei giovani dei territori,  integrando la storia, la cultura e l’architettura di un determinato luogo, salvaguardandone l’identità originale.  

Un movimento di relazione, di empatia generativa, nell’impegno della cura delle interazioni,  delle ricchezze culturali dell’umanità nel loro significato più ampio.

 L’approccio ecologico integrale alla lettura della complessità Mediterranea, chiede di prestare attenzione alle culture locali nel momento in cui si analizzano questioni legate all’ambiente, facendo dialogare il linguaggio tecnico-scientifico con il linguaggio popolare. È l’approccio vivente della diplomazia delle relazioni, una cultura non solo intesa come bellezze del passato, ma specialmente nell’interazione con il presente, dinamico e partecipativo, teso alla co-costruzione del futuro possibile, sguardi prospettici in cui si ripensa la relazione dell’essere umano con l’ambiente. 

Un piano strategico per la costruzione di un nuovo partenariato tra Italia e Stati del Continente africano vede riecheggiare l’impegno congiunto delle figure di Enrico Mattei e Giorgio Lapira.

Un piano strategico per la costruzione di un nuovo partenariato tra Italia e Stati del Continente africano vede riecheggiare l’impegno congiunto delle figure di Enrico Mattei e Giorgio Lapira. L’altissima politica dei due statisti risplende osservando oggi il mare che bagna le coste del nostro bel Paese così fecondo di profumi, tradizioni, desideri lontani, sogni e speranze di bene comune.  Il Mare Nostrum è luogo della migliore diplomazia delle culture, delle acute riflessioni, sfide e opportunità. E’ in questo genius loci che è possibile comprendere la generazione di De Gasperi, compresi gli avversari politici di allora come Nenni, Togliatti, Saragat, temprati dalla “sofferenza”, dalla condivisione cioè della fatica di vivere. E’ il luogo della complessità di analisi dove è possibile comprendere che  “la differenza fra un politico ed uno statista sta nel fatto che un politico pensa alle prossime elezioni mentre lo statista pensa alle prossime generazioni”.

Le onde che volteggiano con energia nel nuovo lago di Tiberiade, con il volteggiare impetuoso carico di diaconia istituzionale,  portano con se la dicotomia delle paure e dei sogni, la dolcezza delle possibilità di futuro e l’amarezza della rassegnazione, il limite, la vita e la morte. E’ lo stesso mare dove è annegata la vita e la speranza di uomini e donne in fuga dall’indigenza,  dove campeggia in ordine sparso il vuoto della rassegnazione dei sopravvissuti, che portano negli occhi la morte dei propri cari e le rughe della disperazione più profonda. 

Gli impatti attuali e futuri dei cambiamenti climatici, dalla siccità alle ondate di calore, stanno già amplificando i rischi esistenti, con conseguenze economiche, sociali e ambientali che si prevede aumenteranno nei prossimi decenni. 

In questo contesto, l’adozione di politiche complesse di adattamento ecologico integrale è diventata imperativa. La sfida trasversale dei cambiamenti climatici richiede una pianificazione strategica basata sulla conoscenza inter e trans disciplinare dei fenomeni, dall’ecologia sociale a quella culturale.

Certamente non possiamo farci travolgere dalle onde dell’indifferenza, dell’anestesia percettiva che annulla e sfuma ogni capacità di reazione.

Rimane il Mediterraneo della fratellanza dove il rapporto tra Occidente e Oriente è un’indiscutibile reciproca necessità, che non può essere sostituita e nemmeno trascurata, affinché entrambi possano arricchirsi a vicenda della civiltà dell’altro, attraverso lo scambio e il dialogo delle culture. 

E’ il mare dove far salpare le navi del dialogo e non le barchette della disperazione, luogo del paradigma del “noi” della migliore cooperazione multilaterale e non luogo nefasto di damnatio memoriae. Le morti dello scontro tra poteri non possono far crollare il sentiero dell’incontro di civiltà,  vera sinfonia dei talenti, speranza di bene comune, la chiave di volta per i popoli mediterranei. 

“ Questa vocazione o questa missione storica comune consiste nel fatto che i nostri popoli e le nostre nazioni sono portatori di una civiltà che, grazie all’incorruttibilità e alla universalità dei suoi componenti essenziali, costituisce un messaggio di verità, d’ordine e di bene valido per tutti i tempi, per tutti i popoli e per tutte le nazioni”. 

Seguendo il pensiero di Giorgio Lapira “statista dell’umilità” gli elementi essenziali sono tre. “Primariamente la componente religiosa della rivelazione divina che trova in Abramo – patriarca dei credenti – la comune radice soprannaturale. Il Tempio, la Cattedrale e la Moschea costituiscono precisamente l’asse attorno al quale si costruiscono i popoli, le nazioni e le civiltà che coprono l’intero spazio di Abramo. In secondo luogo la componente metafisica elaborata dai Greci e dagli Arabi: è ad essa che si deve l’immensa ricchezza di idee che sostengono una visione ordinata, essenzialmente metafisica e teologica del mondo, e che costituiscono intellettualmente ed artisticamente la bellezza stessa della civiltà di cui i nostri popoli e le nostre nazioni sono portatori. In terza prospettiva c’è la componente giuridica e politica elaborata dai romani. È a questa che si deve la strutturazione di un ordine giuridico e politico di cui gli elementi maggiori costituiscono il tessuto essenziale dove si articola ogni ordine sociale e umano autentico”. 

Così si descrive la matrice da cui partire per avviare un nuovo sguardo, costruire ponti, avviare processi di autentica cura della casa comune dove l’ Occidente potrebbe trovare nella civiltà dell’Oriente rimedi per alcune sue malattie spirituali e religiose causate dal dominio del materialismo, e viceversa, l’Oriente potrebbe trovare nella civiltà dell’Occidente tanti elementi che possono aiutarlo a salvarsi dalla debolezza, dalla divisione, dal conflitto e dal declino scientifico, tecnico e culturale.

 È importante prestare attenzione alle differenze religiose, culturali e storiche che sono una componente essenziale nella formazione della personalità, della cultura e della civiltà orientale; ed è importante consolidare i diritti umani generali e comuni, per contribuire a garantire una vita dignitosa per tutti gli uomini in Oriente e in Occidente, evitando l’uso della politica della doppia misura che favorisce le povertà e le partenze disperate delle popolazioni migranti del mediterraneo allargato. La costruzione della nostra casa comune, del Mare Nostrum deve essere realizzata con i mattoni della tutela dei diritti fondamentali dei bambini a crescere in un ambiente familiare, all’alimentazione, all’educazione e all’assistenza: un dovere della famiglia umana  e della società universale. 

La tutela integrale degli ultimi, la dignità della povera gente è radicata nelle nostre menti e alberga nei nostri cuori meridiani insieme al desiderio di cura per gli anziani, per i deboli, per i disabili e per gli oppressi. 

E’ necessario un cammino vivente di adattamento al cambiamento, un movimento ascendente nel contesto di una governance multilivello e multisettoriale,  essenziale per garantire un’efficace implementazione delle misure di accompagnamento alla ricerca del nuovo equilibrio. 

L’integrazione di norme e principi legali, quali prevenzione, precauzione e sviluppo sostenibile, è fondamentale per salpare nella navigazione verso un nuovo quadro giuridico di opportunità. 

Il porto da cui partiamo nel nostro viaggio nel futuro del Mediterraneo vede l’Italia, insieme a 197 altre nazioni, con la ratifica della Convenzione-Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC), il primo passo globale per stabilizzare le emissioni di gas serra. Il Protocollo di Kyoto e l’Accordo di Parigi hanno successivamente introdotto obiettivi vincolanti di riduzione delle emissioni e hanno posto l’adattamento al centro della risposta globale. Le Nationally Determined Contributions (NDCs) nell’ambito dell’Accordo di Parigi rappresentano gli impegni specifici assunti dal gruppo per ridurre le emissioni e affrontare l’adattamento.  

Nel molo da cui si sciolgono le funi per il viaggio, l’Agenda 2030 con i suoi 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile fornisce un quadro strategico, orientando politiche pubbliche e azioni intersettoriali per uno sviluppo sostenibile in tutte le sue dimensioni. L’aspetto umano dei cambiamenti climatici è centrale, con impatti sui diritti fondamentali come il diritto alla salute, alla vita e alla vita privata. 

Campeggia nella banchina la Convenzione di Aarhus sull’accesso alle informazioni, partecipazione del pubblico e accesso alla giustizia in materia ambientale dove si sottolinea l’importanza della partecipazione pubblica nei processi decisionali.

La corsa contro il tempo per affrontare i cambiamenti climatici è una responsabilità condivisa a livello globale, nazionale e individuale. Mentre il quadro normativo offre una guida, è l’impegno collettivo a tradurre le parole in azioni che definirà il nostro futuro possibile. L’Italia, con il suo patrimonio culturale e ambientale è chiamata a servire con tutti i suoi talenti questa transizione. La sfida  è grande e urgente. 

Proteggere la nostra casa comune comprende la preoccupazione di unire tutta la famiglia umana nella ricerca di uno sviluppo sostenibile e integrale, poiché sappiamo che le cose possono cambiare. L’umanità ha ancora la capacità di collaborare per costruire la nostra casa comune. I giovani esigono da noi un cambiamento. Essi si domandano com’è possibile che si pretenda di costruire un futuro migliore senza pensare alla crisi ambientale e alle sofferenze degli esclusi. Nel sentiero dell’ Enciclica Laudato Si’, trascorsi 5 anni dalla firma del Documento sulla Fratellanza Umana abbiamo ancora un fortissimo bisogno di un confronto che ci unisca tutti, perché la sfida ambientale che viviamo, e le sue radici umane, ci riguardano e ci toccano tutti.