“Il nostro futuro dipende dal futuro del continente africano” sono le parole scelte dal Presidente del Consiglio Italiano nel vertice Italia-Africa, primo appuntamento internazionale da promuovere nell’anno della presidenza del G7. Nella massima sede istituzionale del Senato della Repubblica, di fronte ai rappresentanti di 46 Paesi Africani, inclusi capi di Stato e di governo, e di 25 organismi multilaterali riecheggia la figura politica di Enrico Mattei.

In tale scenario che rievoca la tradizione nell’innovazione, si delinea la possibilità di realizzare un nuovo modello di cooperazione internazionale che può rappresentare l’inizio di un processo di bene comune.

Un approccio nuovo che pone al centro l’ascolto delle vocazioni e delle tradizioni, la peculiarità di visioni, la sinfonia delle differenze. E’ il modello del diritto vivente, della diplomazia delle culture che vede nella Terra l’eredità comune, i cui frutti devono andare a beneficio di tutti. 

L’approccio politico umile, autorevole e non autoritario, per un nuovo processo multilaterale teso alla costruzione del futuro del pianeta candida l’Italia a luogo di convocazione dei talenti, Oikos del Mediterraneo, ponte tra l’Europa e l’ Africa, nuovo logos culturale del pensiero meridiano allargato, innesco di una nuova geopolitica della speranza per la promozione della dignità universale. E’ necessario recuperare la nozione di interdipendenza e ricostruire il multilateralismo intorno agli ideali di giustizia sociale e responsabilità reciproca tra le nazioni e all’interno di esse.

L’ Italia può inaugurare e promuovere nell’anno di presidenza del G7 una nuova grammatica della diplomazia delle culture, fondata sul diritto vivente, per la pienezza di un futuro che porti le grandi potenze del mondo a collaborare in una visione condivisa del futuro della nostra casa comune. 

“La cultura del dialogo come via; la collaborazione comune come condotta; la conoscenza reciproca come metodo e criterio”

Il vero potere è servizio, è diaconia Istituzionale.  L’altezza dei paesi più potenti del mondo può essere messa alla base di una convocazione di “speranza” dove le culture in ogni parte del globo, riscoprano i valori della pace, della giustizia, del bene, della bellezza, della fratellanza umana e della convivenza comune, per confermare l’importanza di tali valori come àncora di salvezza per tutti.

La nuova grammatica del multilateralismo per la costruzione del futuro del pianeta si fonda sulla seguente visione:

“la cultura del dialogo come via; la collaborazione comune come condotta; la conoscenza reciproca come metodo e criterio”

Dalla disuguaglianza e vulnerabilità si può passare ad nuova stagione. La V stagione del futuro per la prosperità per tutti. 

Un nuovo sguardo da proporre anche nel G20, un gruppo informale internazionale che riunisce Arabia Saudita, Argentina, Australia, Brasile, Canada, Cina, Corea del Sud, Francia, Germania, Giappone, India, Indonesia, Italia, Messico, Regno Unito, Russia, Stati Uniti, Sud Africa, Turchia e Unione Europea. Alle riunioni del G20 partecipano anche il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale, le principali organizzazioni internazionali (Nazioni Unite, Banca Mondiale, OIL, OCSE) e la Spagna, invitato permanente.  

Ribaltare il copione

Rendere il mediterraneo luogo di neutralità attiva, culla della convocazione delle migliori visioni per il futuro del pianeta, aprendo una stagione dove il G20, che rappresenta i due terzi del commercio e della popolazione mondiale, oltre all’80% del PIL mondiale, il 75% del commercio globale ed il 60% della popolazione del pianeta, diventa spes contra spem, l’assise di convocazione per l’uguaglianza sostanziale, con il comito attivo di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitando di fatto la libertà e uguaglianza impediscono il pieno sviluppo del persona umana. 

Non più una contrapposizione muscolare tra bocchi di potere ma alleanza di talenti per la sostenibilità delle feconde relazioni internazionali dove “nessuno si salva da solo”. E’ viva la necessità urgente di “fare rete” tra le diverse istituzioni che, in ogni parte del mondo, coltivano e promuovono la Giustizia Ecologica attivando con decisione le opportune sinergie anche con le istituzioni accademiche dei diversi Paesi e con quelle che si ispirano alle diverse tradizioni culturali e religiose, dando vita al contempo a centri specializzati di ricerca finalizzati a studiare i problemi di portata epocale che investono oggi l’umanità, giungendo a proporre opportune e realistiche piste di risoluzione. 

Come si sottolinea sottolineato nell’Enciclica Laudato sì, «dalla metà del secolo scorso, superando molte difficoltà, si è andata affermando la tendenza a concepire il pianeta come patria e l’umanità come popolo che abita una casa comune». La presa di coscienza di questa interdipendenza «ci obbliga a pensare a un solo mondo, ad un progetto comune.