Diventa virale solo adesso un video di inizio maggio che mostra la brutalità degli scontri etnici tra le comunità Kuki e Meitei. La polizia ha registrato una denuncia per rapimento, stupro di gruppo e omicidio dopo che i famigliari di una delle due donne che appaiono nel filmato sarebbero stati uccisi. Il premier indiano Modi ha per la prima volta rotto il silenzio sulle atrocità. 

Narendra Modi si è impegnato a proteggere le “figlie di Manipur” dalla violenza etnica dopo lo stupro di gruppo di due donne cristiane da parte di una folla indù.

Un video ampiamente condiviso online – nonostante un divieto di Internet a Mainpur, lo stato nord-orientale al confine con il Myanmar – mostra le donne che vengono fatte sfilare sfilare nude e palpeggiate da un gruppo di uomini apparentemente indù prima di essere trascinate in un campo dove sarebbero state violentate.

Le donne, una ventenne e l’altra cinquantenne, sono viste supplicando la folla di non far loro del male mentre la violenza etnica è divampata nello stato. 

Quando il fratello e il padre della donna più giovane hanno cercato di proteggerle la folla li ha bastonati fino alla morte.

“I colpevoli non saranno risparmiati”, ha detto Modi in quelli che sono stati i primi commenti pubblici del primo ministro indiano sui disordini a Manipur. 

“Quello che è successo alle figlie di Manipur non può mai essere perdonato”.

Modi ha esortato i capi dei governi statali a garantire la sicurezza delle donne e ha affermato che l’incidente, avvenuto il 4 maggio, è “vergognoso per qualsiasi nazione civile”. Ha aggiunto: “Il mio cuore è pieno di dolore e rabbia”.

L’attacco ha acuito l’attenzione su un conflitto a Manipur che minaccia di trasformarsi in una guerra civile. 

Almeno 140 persone sono state uccise negli ultimi due mesi mentre folle scalmanate imperversano nei villaggi, attaccando la gente del posto e bruciando le case.

I disordini sono stati causati da una richiesta da parte del popolo Meitei, per lo più indù, di uno status speciale che avrebbe permesso loro di acquistare terreni sulle colline popolate da cristiani Kuki e altri gruppi tribali, oltre a ottenere una quota di posti di lavoro governativi.

Manipur, uno stato di 3,7 milioni di persone nascosto tra le montagne, è ora diviso in due zone etniche. 

Le fazioni in guerra hanno formato milizie armate e i villaggi isolati continuano ad essere bersagliati da colpi di arma da fuoco.

Più di 60.000 persone sono fuggite in accampamenti di soccorso ormai al collasso

Nelle dieci settimane dallo scoppio della violenza, circa 4.400 case sono state distrutte e 357 chiese sono state bruciate.

“Sappiamo che la folla era indù perché nel video il dialetto che stanno parlando è quello parlato dai Meitei”, ha detto un locale di Manipur che ha chiesto di non essere identificato. “Poiché i media non riportano tutti questi crimini, le persone pensano che le cose siano migliori, ma non lo sono. La violenza non è mai finita in tutto questo tempo”.

Secondo mons. Dominic Lumon, arcivescovo di Imphal, capoluogo del Manipur, si sta verificando “un completo collasso dell’umanità”. 

“Sono rimasto sconvolto e addolorato quando ho saputo di questa orribile vicenda diventata virale, una violenza brutale che si aggiunge ad altre violazioni perpetrate contro le nostre donne negli ultimi tre mesi”, ha detto il prelato ad AsiaNews

“È molto tragico che la società sia divisa lungo linee settarie”, ha proseguito l’arcivescovo Lumon. 

“Di recente una donna di etnia Naga è stata brutalmente uccisa, invece dovremmo tenere le nostre donne nella massima considerazione”. 

La sofferenza è ancora maggiore nei campi per sfollati, ha spiegato il presule: “Le donne sono state sradicate dalle loro case, abbandonate, hanno lasciato le loro comunità, sono fuggite per la loro vita, e questo è di per sé traumatico. Inoltre in alcuni luoghi i materiali di soccorso e le medicine scarseggiano e noi non siamo in grado di portare aiuti perché dovremmo passare attraverso i territori di comunità in conflitto tra loro, per cui chiediamo alle forze armate di lanciare i materiali di soccorso per via aerea”.

Il governo centrale di Delhi ha chiesto a Twitter e alle altre piattaforme di social media di ritirare il video perché la questione è oggetto di indagine. 

Tuttavia nonostante la denuncia sia stata per la prima volta registrata nel distretto di Kangpokpi il 18 maggio e il 21 giugno l’incarico sia stato trasferito agli agenti di Thoubal, non è ancora stato effettuato nessun arresto.

 “La polizia sta facendo il possibile per prendere i colpevoli al più presto”, ha commentato l’arcivescovo.