Le recenti rivolte del Senegal, con decine di morti, rappresentano l’esempio estremo della polarizzazione politica.

Oltreoceano, negli Stati Uniti o in Brasile, dossieraggio e calunnia sono serviti alla vigilia delle elezioni per delegittimare il governo i carica.

Altrove, con gli stessi metodi e mezzi si delegittima l’opposizione e gli avversari politici.

Promessi Sposi furono l’espediente degli intellettuali risorgimentali per sfuggire ai censori asburgici.

Un capolavoro di letteratura nel quale “si parlava alla nuora – della dominazione spagnola – per parlare alla suocera” della dominazione austriaca.

Nell’epoca dei social e della spudoratezza si usa in maniera più diretta la macchina del fango.

In Senegal, Ousmane Sonko, principale leader dell’opposizione all’attuale Presidente Macky Sall, rischia di non potersi presentare alle elezioni del 2024.

È un sistema semplice e antico che funziona talmente bene da diventare regola: chi si pone contro il governo o certi poteri, finirà infangato.

Il gossip garantisce la durata (al potere) dei peggiori.

Mirare alla tua sfera più intima, ti costringe a difenderti da ciò che non è né colpa né crimine, ma solo la tua vita privata.

Lungi dal voler giustificare le cattive condotte di una persona, siamo riluttanti nel loro uso strumentale.

Il caso senegalese è tuttavia molto complesso.

L’approccio populista ed antifrancese di Sonko ha calamitato molte simpatie specialmente tra i giovani, idealisti e puritani come sempre.

Esiste in Africa un crescente sentimento antioccidentale, frutto di una semina prodotta dai nuovi coloni del Continente Nero: Cina, Russia e Turchia.

La Francia e gli Stati Uniti, nell’illusione di disporre di un elefante già addomesticato, devono oggi fare il loro esame di coscienza per aver abbandonato l’Africa da qualche decennio.

In geopolitica non esistono spazi vuoti o in stand-by. 

Peccato che, per il loro bene, gli africani non l’abbiano capito.

Il Senegal fu la patria di Senghor, il padre della negritudine.

Vigeva l’assioma delle tre M nello sfruttamento dell’Africa: mercenari, mercanti e missionari.

Finito il periodo coloniale formalmente inteso, si sviluppò la cosiddetta françafrica innestata a cuneo dai i due blocchi della Guerra Fredda.

I predatori sono rimasti, i mercenari cambiano il badge e i missionari diminuiscono a favore del clero locale.

Il Senegal è un Paese relativamente stabile in una regione turbolenta.

È un paese appetibile sul piano strategico per la sua collocazione geografica, la riserva petrolifera non ancora sfruttata e lo sviluppo relativo. 

Sonko, ha già affrontato due cause giudiziarie con grande impatto mediatico. 

La prima era un’accusa per diffamazione mossa contro di lui da un ministro del governo di Macky Sall.

La seconda, ben più pesante, è stata l’accusa di molestia sessuale verso una massaggiatrice di un centro estetico di Dakar. 

Assolto dall’accusa di stupro, poiché la massaggiatrice aveva all’epoca dei fatti era maggiorenne, ma aveva meno di 21 anni, è stato accusato di corruzione di giovani per comportamenti inappropriati.

Immaginiamo che il giovane politico abbia fatto delle avances a una pia vergine massaggiatrice.

Adesso Sonko e suoi sostenitori denunciano un complotto per condannarlo e destituirlo dalla corsa alle presidenziali del 2024 attraverso i processi.

I suoi avvocati hanno già annunciato che utilizzeranno tutti i mezzi legali a loro disposizione perché Soko possa candidarsi alle elezioni del prossimo anno. 

Sonko diventa un martire nell’immaginario collettivo, il presidente in carica assiste ai disordini sempre più cruenti e si sente giustificato di aumentare i suoi poteri e fare repressione.

Il problema, però, è la questione di principio.

Il Presidente Macky Sall è ancora candidabile al terzo mandato ed è soprattutto canonizzabile per acclarate virtù eroiche sul piano morale e spirituale?

I senegalesi non potrebbero accondiscendere a un lungo governo del Presidente, con una deroga alla Costituzione, così come hanno fatto gli ivoriani.

Più un potere è in crisi, più cercherà di portare nel proprio abisso tutto ciò che gli sta attorno. 

Viene in mente la massima: nessuno è un grand’uomo per il proprio cameriere.

Il precetto di oggi che la macchina del fango impone dev’essere: nessun uomo, tutti camerieri. 

Veniamo al nostro Paese.

La libertà di stampa in Italia è compromessa dalla certezza che non verrai criticato per quello che dici, ma cercheranno di demolire la tua vita, la tua dignità, anche laddove non c’è ombra di reato. Ma non è un meccanismo che riguarda solo i giornalisti.

Laddove alzi il ditino per stimmatizzare un sistema corrotto, devi essere annichilito.

Vale per i politici, per i giornalisti, per i magistrati e poliziotti coraggiosi e vale persino per i preti, quelli con gli attributi, naturalmente.

Se è comodo pensarci tutti peccatori, c’è tuttavia un rischio di civiltà. 

Se siamo tutti uguali, nessuno è più costretto a fare uno sforzo per cercare di essere migliore. 

Questo meccanismo si nutre di una tendenza tipica del nostro Paese: se emergi, sarai stato favorito; se ti esponi, sei un narciso; se hai ambizioni, sei un opportunista. 

Gli addetti ai lavori ricorderanno il caso Boffo, il direttore de’ L’Avvenire che criticò Berlusconi.

Il picchiatore dell’epoca fu Vittorio Feltri direttore de’ Il Giornale.

Non è andata molto meglio a un santo come Giovanni Paolo II quando disse a Bush che la guerra in Irak non andava fatta.

Scoppiò dagli Stati Uniti lo scandalo della pedofilia, malgrado le tante coperture della CIA a monsignori criminali come Marcinkus e McCarrick.

Nell’eterogenesi dei fini, tuttavia, quella vendetta servì per purificare la Chiesa e sensibilizzare i vescovi dall’intervenire nei casi di abusi.

Quanto ai responsabili della selezione e formazione dei futuri presbiteri si è considerevolmente alzata l’asticella dell’accurato discernimento. 

In occasione delle recenti celebrazioni dello Stato, vale la pena ricordare che nel maggio del 1924 Giacomo Matteotti denunciò i fascisti per i brogli elettorali e, terminato il discorso, disse: “Ed ora preparatevi a farmi l’elogio funebre”.