Dal 19 al 21 maggio 2023 si svolge a Hiroshima il G 7.

La scelta della città è molto evocativa in un tempo nel quale i potenti del mondo devono impegnarsi a fermare la guerra.

Tra gli invitati c’è anche Volodymyr Zelensky.

Le retorica del Presidente dell’Ucraina dovrebbe ulteriormente legittimare l’aiuto militare al Paese occupato dalla Russia.

 All’ordine del giorno, infatti, c’è un nuovo pacchetto di sanzioni contro Mosca. 

Il leitmotiv  del summit è la cosiddetta strategia del «de-risking» in riferimento alla «minaccia» cinese.

La risposte dell’«Impero di mezzo» non sono tardate.

Il portavoce del ministero degli Esteri cinese ha sottolineato che nel  mondo non c’è stato maggior danno dell’invasione dell’Afghanistan e dell’Iraq.

A questo ha ancora evocato la violazione dei principi economici internazionali e delle regole commerciali, la predica della guerra preventiva e il tentativo di riportare il mondo in una guerra fredda.

L’allusione naturalmente è agli Stati Uniti.

 La Cina ritiene che gli Stati Uniti stiano costringendo gli alleati occidentali a schierarsi contro di essa.

Un caso eclatante è il memorandum d’intesa in base al quale il precedente governo guidato da Giuseppe Conte aveva aderito alla Belt and Road Initiative (BRI) della Cina nel 2019.

L’Italia è l’unica nazione del Gruppo dei Sette ad aver approvato ufficialmente il progetto di politica estera del presidente cinese Xi Jinping. 

Xi ha investito un capitale politico significativo nel portare l’Italia nell’orbita della Cina, con facilitazioni commerciali a dispetto delle ricadute negative sugli alleati.

Là premier Giorgia Meloni ha stigmatizzato il BRI italo-cinese, ma prima di lei il premier Mario Draghi ne aveva già preso le distante prediligendo l’euroatlantismo.

Roma sta proditoriamente intensificando i legami con Taiwan e sta sviluppando una cooperazione militare con Giappone ed India.

Entro l’anno è previsto l’invio di un gruppo navale della Marina Militare nel Mar Cinese come forza di dissuasione per un’eventuale aggressione a Taiwan.

 Sono segnali forti di distanziamento dalla Cina, apprezzati da USA e UE.

La mancanza del rinnovo del BRI ricadrà negativamente sulla nostra economia.

Questo spiega l’importanza dell’incontro di marzo tra la Meloni e il premier indiano Narendra Modi.

È necessario che l’Italia trovi partner strategici alternativi. .

Quanto al quasi-monopolio produttivo di semiconduttori a Taiwan, Roma ha ottenuto dall’isola-stato un finanziamento di circa  400 milioni di dollari nell’industria italiana dei chip. 

Il nostro Governo consentirà inoltre a Taiwan di aprire un ufficio di rappresentanza a Milano per facilitare legami commerciali e culturali più stretti con il centro economico italiano.

Alla luce di questi sviluppi, sta diventando urgente per la Meloni esplicitare agli alleati occidentali dell’Italia e ai partner asiatici, la sua posizione sulla Cina. 

La cancellazione dell’accordo potrebbe innescare rappresaglie commerciali da parte di Pechino.

La discussione all’interno del G-7 dovrebbe includere il coordinamento di una risposta congiunta e onesta.

Dopo la confusione creata dalle dichiarazioni del presidente francese Emmanuel Macron dopo la sua recente visita in Cina, questo vertice del G7 a Hiroshima deve, mostrare chiarezza e unità sulla Cina.