INCHIESTA: A tre anni dalla fusione tra FCA e il gruppo Peugeot, l’Italia si trova ai margini della strategia produttiva del colosso dell’automotive. La famiglia torinese, tramite Exor, principale azionista della multinazionale, sembra orientata verso altri settori come i metalli preziosi e la sanità.

John Elkann, nel gennaio 2021, definì la fusione tra FCA e Peugeot come un “coraggioso passo in avanti nel nostro viaggio”. Tuttavia, a distanza di tempo, la situazione presenta un quadro meno roseo per l’Italia. Restano circa 40mila dipendenti in Italia, ma almeno settemila hanno già lasciato l’azienda, e l’esodo sembra destinato a continuare.

La produzione annua di veicoli in Italia è drasticamente diminuita, passando da 1,4 milioni nel 1999 a soli 472mila nel 2023. La produzione a rilento contrasta con la crescita registrata al di fuori dell’Italia, dove Stellantis ha visto un aumento delle consegne e degli stock di nuove unità.

Stellantis conta oltre 282mila dipendenti in tutto il mondo e ha registrato utili netti in costante crescita. Tuttavia, a beneficiare di questi risultati sono soprattutto gli azionisti, con Exor in prima fila. La holding della famiglia Agnelli ha ampliato i suoi interessi in settori come la sanità e i metalli preziosi, lasciando l’automotive in secondo piano.

La delocalizzazione verso Paesi a basso costo e la contrazione dei ricavi netti negli Stati Uniti sono indicativi del disinvestimento sull’Italia. Gli sforzi per rilanciare gli stabilimenti italiani, come l’hub di economia circolare a Mirafiori, sembrano insufficienti a contrastare la tendenza al ribasso.

La dinamica di esternalizzazione dei servizi e la vendita degli ex stabilimenti creano ulteriori complicazioni per l’indotto italiano, con la chiusura di aziende e la perdita di migliaia di posti di lavoro.

In questo contesto, i tentativi delle istituzioni italiane di coinvolgere Stellantis per aumentare i livelli produttivi nel Paese sembrano ottenere risultati limitati.

L’attenzione degli investitori e dei dirigenti aziendali sembra concentrarsi su settori diversi dall’automotive, evidenziando una mancanza di volontà da parte degli Agnelli di rilanciare l’industria automobilistica italiana.