La morte di Nahel, 17 anni, ucciso da un colpo di polizia a Nanterre martedì 27 giugno, ha causato violenze urbane in molti comuni della Francia. I leader religiosi chiedono la pacificazione e la giustizia.

Per diversi giorni, molte personalità hanno parlato per reagire alla morte di Nahel ucciso da un colpo di polizia a Nanterre martedì 27 giugno. 

Venerdì 30 giugno, in un comunicato, la Conferenza dei responsabili di culto in Francia (CRCF) chiede la pacificazione.

“Condividiamo il dolore della famiglia di Nahel e preghiamo per lei, specialmente per sua madre. 

Sentiamo le sofferenze e le collere che si esprimono, scrivono i responsabili.

Affermiamo anche con una sola voce che la violenza non è mai una buona strada. 

Deploriamo vivamente la distruzione di scuole, negozi, municipi, mezzi di trasporto… I primi a soffrire delle conseguenze di ciò sono proprio gli abitanti, le famiglie e i bambini di questi quartieri. 

Che tutti i credenti siano oggi più che mai servi della pace e del bene comune, continuano. Siamo tutti insieme disponibili a contribuire.”

La GMP ha anche spinto gli imam della Grande Moschea di Parigi e della sua Federazione a trasmettere questo messaggio durante la loro predica del venerdì.

“È compito di un’istituzione religiosa e degli uomini di fede dimostrare che la pacificazione è l’unica via possibile e costruttiva per accedere alla verità e alla giustizia“.

Prima del comunicato CRCF, la Chiesa cattolica non aveva reagito ufficialmente. 

Ma il vescovo di Nanterre Monsignor Rougé, membro del consiglio permanente della Conferenza episcopale di Francia, ha lanciato con l’associazione FAIR (Fraternité Amicale Interreligieuse de Nanterre) un appello “al dialogo e alla pace” chiedendo di “ristabilire un clima di pacificazione sostenibile”.

Questi eventi difficilmente sorprendono i sociologi che lavorano sulla polizia. Sono anni che allertano sul divario spalancato che separa le forze dell’ordine da una buona parte dei giovani dei quartieri popolari.

I giovani uomini che sono percepiti come arabi/maghrebini o neri hanno una probabilità 20 volte maggiore di essere controllati rispetto agli altri.

La ripetizione dei vincoli e delle ingiustizie che subiscono finisce per danneggiare la fiducia che questi giovani possono avere nella comunità nazionale che i poliziotti dovrebbero incarnare.