Nelle sfide aperte dal patto educativo globale, è possibile “ravvivare l’impegno per e con le nuove generazioni, rinnovando la passione per un’educazione più aperta e inclusiva, capace di ascolto paziente, dialogo costruttivo e mutua comprensione”.  Le scelta di policy tese ad alimentare “la via della cultura” possono essere favorite da un’azione diplomatico-culturale che sappia porsi come cammino di supporto e sperimentazione per la costruzione della casa comune. 

In tale ambito è possibile sperimentare il paradigma della dignità, rendendo viventi i principi della  Carta delle Nazioni Unite (1945) e della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (1948), aprendo una nuova era nella storia dell’umanità.

Come indicato nel Messaggio del Santo Padre Francesco per il lancio del Global Compact on Education “Il mondo contemporaneo è in continua trasformazione ed è attraversato da molteplici crisi. Viviamo un cambiamento epocale: una metamorfosi non solo culturale ma anche antropologica che genera nuovi linguaggi e scarta, senza discernimento, i paradigmi consegnatici dalla storia. L’educazione si scontra con la cosiddetta rapidación, che imprigiona l’esistenza nel vortice della velocità tecnologica e digitale, cambiando continuamente i punti di riferimento. In questo contesto, l’identità stessa perde consistenza e la struttura psicologica si disintegra di fronte a un mutamento incessante che «contrasta con la naturale lentezza dell’evoluzione biologica» (Enc. Laudato si’, 18).”

Come indicato dal luminoso contributo accademico del Prof. Papisca nel testo il Diritto della Dignità Umana “il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, eguali e inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo”. In tale analisi la dignità universale e vivente è leva giuridica per un nuovo ordinamento internazionale che supera i limiti del principio di sovranità degli stati. E’ possibile in tale visione di diritto vivente, avviare la rivoluzione dell’ umiltà e della tenerezza, superando il concetto stretto di cittadinanza nell’idea della fratellanza, dando così inizio una rivoluzione copernicana nell’ordinamento internazionale: “ la dignità umana come il sole al centro del sistema, l’etica universale recepita dalla norma giuridica che se ne fa traghettatrice nei vari campi, a cominciare da quello della politica”.

Antonio Papisca, Maestro di scienza e di vita, ha dedicato la sua vita all’educazione dei giovani, alla formazione degli insegnanti e alla ricerca scientifica. Nelle sue linee di sguardo è concreta la visione del giurista come innesco di concuranza, diplomatico della cultura dei diritti umani e del paradigma della fratellanza umana.

Esiste la ‘bussola globalizzata’

La globalizzazione dei diritti ha preceduto l’Intelligenza artificiale e la globalizzazione in atto nei vari campi, esiste quindi la ‘bussola globalizzata’ per rispondere, in corretto rapporto di scala, alle sfide del governo della globalizzazione della transizione ecologica e digitale. “ Quanto proclamato dalla Dichiarazione Universale è il risultato di un processo carsico della civiltà del diritto: i vari percorsi costituzionali, separatamente realizzati dagli stati nel corso dei secoli, sono emersi in superficie confluendo nell’alveo di un nuovo Diritto internazionale che esalta la vita delle persone e l’eguaglianza dei diritti fondamentali.

La Dichiarazione Universale è all’origine di un folto gruppo di convenzioni giuridiche e protocolli che costituiscono il corpus organico del vigente Diritto panumano”. In tale scenario si comprende l’approccio integrale e concurante come strumento di osservazione, analisi ed elaborazione di policy. La concuranza è una leva fondamentale per restare ancorati ai valori della pace, per sostenere i valori della reciproca conoscenza, per ristabilire la saggezza, la giustizia e la carità. In tale paradigma di pensiero e di azione è possibile radicare la diplomazia della cultura per testimoniare che il dialogo tra le religioni abramitiche è un bene, non soltanto per i credenti, ma per l’intera comunità umana.

Come afferma il documento di Abu Dhabi, è nel nome di Dio che Al-Azhar e la Chiesa cattolica dichiarano di adottare la cultura del dialogo come via, la collaborazione comune come condotta, la conoscenza reciproca come metodo e criterio. È nel nome di Dio e nell’esercizio della preghiera che tutti insieme, le tre religioni abramitiche,  esprimono il desiderio che si realizzi una pace universale di cui possano godere tutti gli uomini della terra. In tale prospettiva di valore universale, l’idea di concura richiama le tre linee guida che Papa Francesco ha evidenziato per un proficuo dialogo tra persone di diverse religioni: «il dovere dell’identità, il coraggio dell’alterità e la sincerità delle intenzioni». Nessuna religione è un’isola. E questo è vero in particolare per le religioni abramitiche.  

E’ possibile aspirare a costruire una “antropologia dell’incontro”

La prospettiva concurante può anche valorizzare la metodologia  esegetica e le discussioni in uso all’interno delle tra religioni abramitiche per leggere congiuntamente  i testi degli altri. Lo scopo non è quello di arrivare a una lettura unificata dei Testi  nella quale le diversità si stemperino fino ad annullarsi, ma quello di conoscersi meglio, di conoscere meglio le rispettive letture e interpretazioni, accettando che esse possano essere diverse ma concuranti per la costruzione della casa comune.

E’ possibile aspirare a costruire una “antropologia dell’incontro”, contribuendo alla costruzione di una comunità dei saperi, una comunità delle competenze e di pratiche che formi un modello ispiratore dell’apertura a interagire con gli altri e a prendersi cura del futuro, ad essere viventi nel pensiero del Noi, nel solco dei valori umani, spirituali e religiosi su scala planetaria e globale. Come indicato nel messaggio di Sua Santità Papa Francesco per la LVIII Giornata mondiale delle comunicazioni sociali “In quest’epoca che rischia di essere ricca di tecnica e povera di umanità, la nostra riflessione non può che partire dal cuore umano. Solo dotandoci di uno sguardo spirituale, solo recuperando una sapienza del cuore, possiamo leggere e interpretare la novità del nostro tempo e riscoprire la via per una comunicazione pienamente umana”.

In questo cammino vivente di diplomazia tra le culture, nella diaconia istituzionale “Siamo chiamati a crescere insieme, in umanità e come umanità. La sfida che ci è posta dinanzi è di fare un salto di qualità per essere all’altezza di una società complessa, multietnica, pluralista, multireligiosa e multiculturale”