Il summit sul futuro del prossimo settembre 2024 è un importante appuntamento di diplomazia delle culture, strumento operativo per rendere vivente il diritto al bene comune. Un momento prezioso per il multilateralismo teso alla valorizzazione della dignità universale. Una processo convocante e sinodale per aprire una fase nuova di governance mondiale nel quale sarà possibile sperimentare l’interconnessione tra ambiente e diritti umani, impegnandosi ad affrontare l’impatto dei cambiamenti climatici, della perdita di biodiversità, dell’inquinamento e del degrado ambientale. L’utopia sostenibile è rendere vivente il Preambolo della Dichiarazione dei diritti umani, pietra angolare di ogni ragionamento teso al bene comune proteso al futuro alla luce dei risultati della Cop 28 e dell’ impegno a favore della piena attuazione dell’Agenda 2030.
La conoscenza delle molteplici prospettive culturali, dell’ambiente integrale dove si sono generati i processi di relazione interna e internazionale, è fondamentale per descrivere il futuro possibile oltre ogni rigidità legata alla propria appartenenza. In tale direzione, il Future Summit previsto per il prossimo settembre 2024 si pone come grande opportunità per un nuovo approccio di diplomazia delle culture fondato sul paradigma dell’ecologia integrale, teso a rafforzare la cooperazione sulle sfide cruciali e colmare le lacune nella governance globale.
L’idea di tensione alla transizione, di movimento articolato verso un nuovo paradigma panumano e integrale da raggiungere, fondato sulla dignità ontologica dell’uomo come parte attiva della nostra casa comune, consentirà di avviare il cammino operoso riaffermando gli impegni esistenti, compresi gli Obiettivi di sviluppo sostenibile e la Carta delle Nazioni Unite, per muoversi diretti ad un’economia rivitalizzata dalle sollecitazioni di un sistema multilaterale teso alla co-costruzione di prospettive di bene comune.
La sinfonia delle diversità, è lo sfondo sul quale far muovere l’umiltà – soft skill necessaria al policy maker per cogliere l’attuale difficoltà come una leva di opportunità – condividendo l’idea rivoluzionaria di un potere che è servizio, di convocazione di saperi e vocazioni.
Il multilateralismo come strumento operativo e ideale per tutti i popoli del pianeta deve portare a rendere vivente la fratellanza cosmica oltre la cittadinanza politica di appartenenza accompagnando un cammino di ascolto reciproco, un’analisi empatica e transdisciplinare dei dati raccolti e una successiva formulazione della migliori linee di policy globali che tendano ad un utopia convocante e sfidante.
In un processo teso al futuro il limes su cui lavorare è : “la cultura del dialogo come via; la collaborazione comune come condotta; la conoscenza reciproca come metodo e criterio”.
Le grandi crisi globali degli ultimi anni hanno messo alla prova le nostre istituzioni internazionali. L’impegno comune e integrale è cruciale e urgente. Il Summit sul futuro è un’opportunità unica per rafforzare la cooperazione riaffermando gli impegni esistenti, compresi gli Obiettivi di sviluppo sostenibile e la Carta delle Nazioni Unite , muovendosi verso un sistema multilaterale che possa rivitalizzarsi positivamente influenzando la vita delle persone.
Basandosi sul vertice, sugli obiettivi di sviluppo sostenibile del 2023, gli Stati membri esploreranno come gettare le basi per una cooperazione globale più efficace in grado di affrontare le sfide attuali e le nuove minacce future.
Il Presidente della Repubblica Mattarella nel suo Intervento all’Assemblea generale delle Nazioni Unite: “Italia, Nazioni Unite e multilateralismo per affrontare le sfide comuni” ha indicato che “il multilateralismo che ispira il ruolo italiano nel mondo trova naturalmente espressione anche in altri contesti, dall’Unione Europea, di cui siamo stati tra i Paesi fondatori, alle relazioni transatlantiche, nell’ambito di organizzazioni di autodifesa, nel G7 e nel G20, nelle altre organizzazioni internazionali.
In tutti questi ambiti, l’Italia opera per il dialogo.
La sua posizione geografica al centro del Mediterraneo, la sua storia, la sua cultura, ne fanno un ponte naturale tra popoli, Paesi e civiltà.
Le prove globali che tutti affrontiamo richiedono una risposta collettiva e ordinata da parte della comunità internazionale.
In questo quadro, l’Onu è l’istituzione-piattaforma universale, inclusiva e legittima per affrontare queste sfide.
Si odono critiche, legittime e talvolta non infondate, circa il funzionamento delle Nazioni Unite.
Tutti vorremmo di più dal sistema onusiano, senza tuttavia sovente essere disposti, a nostra volta, a dare di più, affidandogli compiti, responsabilità e mezzi in grado di potenziarne l’efficacia di azione, senza essere sottoposti al gioco di veti reciproci che rischia di paralizzarne la vita.
Nella storia dell’umanità un’impresa come quella delle Nazioni Unite sorge per superare il gioco a “somma zero” che caratterizzava i rapporti fra le nazioni, basato sulla regola che, per vincere, occorreva che qualcun altro perdesse.
L’obiettivo è divenuto vincere tutti. Insieme.”
La prospettiva di un processo condiviso, sinodale, convocante e mai escludente si orienta con la bussola dell’altissima dignità. Nella dichiarazione “Dignitas infinita circa la dignità umana” è possibile aprire lo sguardo della riflessione internazionale a partire proprio dal concetto di dignità. “Tale dignità di tutti gli esseri umani può, infatti, essere intesa come “infinita” così come san Giovanni Paolo II affermò in un incontro con persone affette da certe limitazioni o disabilità, al fine di mostrare come la dignità di tutti gli esseri umani vada al di là di ogni apparenza esteriore o di ogni caratteristica della vita concreta delle persone. Papa Francesco, nell’enciclica Fratelli tutti, ha voluto sottolineare con particolare insistenza che questa dignità esiste “al di là di ogni circostanza”, invitando tutti a difenderla in ogni contesto culturale, in ogni momento dell’esistenza di una persona, indipendentemente da qualsiasi deficienza fisica, psicologica, sociale o anche morale” e continuando nella citazione “Una dignità infinita, inalienabilmente fondata nel suo stesso essere, spetta a ciascuna persona umana, al di là di ogni circostanza e in qualunque stato o situazione si trovi. Questo principio, che è pienamente riconoscibile anche dalla sola ragione, si pone a fondamento del primato della persona umana e della tutela dei suoi diritti. Di tale dignità ontologica e del valore unico ed eminente di ogni donna e di ogni uomo che esistono in questo mondo si è resa autorevole eco la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo da parte dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite”
Nel merito, il 10 dicembre 1948, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite approvò e proclamò la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Pur non essendo formalmente vincolante per gli Stati membri, in quanto dichiarazione di principi, questo documento riveste un’importanza storica fondamentale in quanto rappresenta la prima testimonianza della volontà della comunità internazionale di riconoscere universalmente i diritti che spettano a ciascun essere umano. Le norme che compongono la Dichiarazione sono ormai considerate, dal punto di vista sostanziale, come principi generali del diritto internazionale e come tali vincolanti per tutti i soggetti di tale ordinamento.
Nell’elaborazione di qualsiasi riflessione sul futuro dobbiamo avere granitica considerazione della storia dello scorso secolo e dell’altezza giuridica del Preambolo della Dichiarazione che diventa una pietra angolare di ogni ragionamento teso al bene comune. Specificamente nel preambolo è possibile leggere “Considerato che il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali ed inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo; Considerato che il disconoscimento e il disprezzo dei diritti umani hanno portato ad atti di barbarie che offendono la coscienza dell’umanità, e che l’avvento di un mondo in cui gli esseri umani godano della libertà di parola e di credo e della libertà dal timore e dal bisogno è stato proclamato come la più alta aspirazione dell’uomo; Considerato che è indispensabile che i diritti umani siano protetti da norme giuridiche, se si vuole evitare che l’uomo sia costretto a ricorrere, come ultima istanza, alla ribellione contro la tirannia e l’oppressione; Considerato che è indispensabile promuovere lo sviluppo di rapporti amichevoli tra le Nazioni; Considerato che i popoli delle Nazioni Unite hanno riaffermato nello Statuto la loro fede nei diritti umani fondamentali, nella dignità e nel valore della persona umana, nell’uguaglianza dei diritti dell’uomo e della donna, ed hanno deciso di promuovere il progresso sociale e un migliore tenore di vita in una maggiore libertà; Considerato che gli Stati membri si sono impegnati a perseguire, in cooperazione con le Nazioni Unite, il rispetto e l’osservanza universale dei diritti umani e delle libertà fondamentali; Considerato che una concezione comune di questi diritti e di questa libertà è della massima importanza per la piena realizzazione di questi impegni”.
Il successivo articolo 1 recita “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza”. La migliore dottrina che vede in Papisca l’eccelsa luminosità ravvisa in questo articolo il fondamento dei diritti umani: è l’essere umano in quanto tale. Infatti si nasce con i diritti e le libertà fondamentali. “ Il legislatore, nel nostro caso il legislatore internazionale, non ‘crea’ né ‘concede’ i diritti umani, ma li “riconosce”. I diritti umani preesistono alla legge scritta. I diritti umani siamo noi. “Dire diritti umani significa dire consapevolezza di altissima responsabilità personale e sociale, da spendere in termini di solidarietà e di servizio alla comunità.”
Attualmente, il Consiglio ribadisce l’impegno dell’Ue a favore di un multilateralismo efficace e indica la necessità di un rafforzamento del sistema dei diritti umani delle Nazioni Unite, compreso l’Ufficio dell’Alto Commissario per i diritti umani (Ohchr), attraverso anche l’integrazione di una forte dimensione dei diritti umani nel patto per il futuro e nei preparativi per il vertice sul futuro, nonché nel processo complementare di attuazione degli Obiettivi di sviluppo sostenibile, quale fattore cruciale per non lasciare indietro nessuno.
Tra gli altri aspetti, il Consiglio evidenza la sua posizione sull’utilizzo e la governance delle tecnologie digitali, compresi l’intelligenza artificiale (AI), l’internet e gli spazi digitali, affermando un approccio alle tecnologie digitali dell’Ue che sia antropocentrico e fondato sui diritti umani: una delle priorità fondamentali dell’Ue consisterà nel garantire che tali principi siano debitamente rispecchiati nei futuri processi delle Nazioni Unite connessi al digitale, come il patto digitale globale, e in tutte le decisioni relative a un futuro quadro di governance globale per l’AI.
In tale prospettiva di diaconia istituzionale è stato istituito in ambito scientifico un Osservatorio permanente sulla diplomazia digitale e l’IA da parte della Pontificia Università Antonianum, di Oikos Mediterraneo, dell’Istituto Universitario Sophia, Esgr e Anorc con l’obiettivo di analizzare le situazione attuali nei vari Paesi, e proporre strategie di sviluppo a tutela della dignità umana, dei diritti fondamentali di cittadinanza nel web e nei sistemi di intelligenza artificiale.
Il Consiglio inquadra anche l’interconnessione tra ambiente e diritti umani, impegnandosi ad affrontare l’impatto dei cambiamenti climatici, della perdita di biodiversità, dell’inquinamento e del degrado ambientale sul pieno godimento di tutti i diritti umani: un approccio basato sui diritti umani è fondamentale per contrastare con successo tali fenomeni. Dichiara dunque il suo impegno attivo nell’ambito delle risoluzioni delle Nazioni Unite sul collegamento tra diritti umani, clima e ambiente, anche alla luce dei risultati della Cop 28 e ribadisce il suo impegno a favore della piena attuazione di tutte e tre le dimensioni dell’Agenda 2030.
In tale direzione nel summit sul futuro del prossimo settembre la diplomazia delle culture sarà lo strumento operativo per rendere vivente il diritto al bene comune come “ l’insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono tanto ai gruppi quanto ai singoli membri di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più speditamente.”. Tale grammatica presuppone il rispetto della persona umana in quanto tale, con diritti fondamentali e inalienabili ordinati al suo sviluppo integrale. Esige anche i dispositivi di benessere e sicurezza sociale e lo sviluppo dei diversi gruppi intermedi, applicando il principio di sussidiarietà integrale.
Il summit sul futuro del prossimo settembre 2024 è un importante appuntamento di diplomazia delle culture, strumento operativo per rendere vivente il diritto al bene comune. Un momento prezioso per il multilateralismo teso alla valorizzazione della dignità universale.
Una processo convocante e sinodale per aprire una fase nuova di governance mondiale nel quale sarà possibile sperimentare l’interconnessione tra ambiente e diritti umani, impegnandosi ad affrontare l’impatto dei cambiamenti climatici, della perdita di biodiversità, dell’inquinamento e del degrado ambientale. L’utopia sostenibile è rendere vivente il Preambolo della Dichiarazione dei diritti umani, pietra angolare di ogni ragionamento teso al bene comune proteso al futuro alla luce dei risultati della Cop 28 e dell’ impegno a favore della piena attuazione dell’Agenda 2030.