La recente iniziativa promossa dal Wellcome Trust e da prestigiose università britanniche – volta alla creazione di un cromosoma umano sintetico – solleva questioni bioetiche complesse che intersecano scienza, antropologia, politica e teologia. Mentre gli scienziati del Synthetic Human Genome Project auspicano benefici terapeutici nella rigenerazione cellulare e nella cura delle malattie croniche, cresce l’allarme tra studiosi, eticisti e opinione pubblica: il confine tra cura e manipolazione, tra ricerca e potere, rischia di essere oltrepassato. L’articolo analizza questa sfida, a partire dal principio di dignità della persona, in dialogo con le prospettive della bioetica cattolica.

Il progetto: un cromosoma umano sintetico

Con una donazione di 10 milioni di sterline da parte del Wellcome Trust, scienziati di Oxford, Cambridge, Imperial College e del MRC Laboratory of Molecular Biology stanno lavorando alla creazione ex novo di porzioni di DNA umano. L’obiettivo attuale è costruire un intero cromosoma sintetico – circa il 2% del nostro patrimonio genetico – come proof of concept. L’ambizione a lungo termine, dichiarano alcuni, è creare un genoma umano interamente artificiale, offrendo nuovi strumenti per combattere malattie degenerative, migliorare la rigenerazione d’organo e perfino rallentare l’invecchiamento.

Promessa terapeutica o rischio antropologico

Se da un lato il progetto apre prospettive terapeutiche interessanti – come creare cellule resistenti alle malattie, rigenerare organi compromessi e migliorare la comprensione dei meccanismi genetici – dall’altro ci obbliga a interrogarci sul senso ultimo dell’intervento genetico. La manipolazione integrale del genoma, infatti, segna un passaggio epistemologico rilevante: dall’editing alla costruzione dell’umano. Siamo davanti a un salto non solo tecnico, ma antropologico. Come ha osservato il genetista Bill Earnshaw, “il genio è fuori dalla bottiglia”: una volta disponibile la tecnologia, sarà difficile controllarne gli usi futuri, soprattutto in ambito commerciale, militare o eugenetico.

Una nuova forma di eugenetica?

Il pericolo non è fantascientifico. La possibilità di costruire DNA umano à la carte solleva l’interrogativo: chi deciderà cosa è desiderabile? Quali criteri orienteranno le scelte? Se la vita è costruita in laboratorio, che ne sarà del valore incondizionato della persona, indipendentemente dalle sue capacità genetiche? Le implicazioni per la selezione degli embrioni, il potenziamento umano (enhancement) e il controllo sociale sono evidenti. Il rischio è una nuova forma di eugenetica, silenziosa e tecnicamente raffinata, ma non per questo meno discriminatoria

La bioetica cattolica: tra apertura e vigilanza

La dottrina cattolica non rifiuta il progresso scientifico, anzi lo accoglie con fiducia, purché sia a servizio integrale dell’uomo. Come ricorda la Dignitas Infinita (2024), “l’essere umano possiede una dignità inalienabile che non dipende dalle sue qualità genetiche, né dalla sua funzionalità biologica”. La bioetica cattolica, dunque, valuta positivamente le tecnologie terapeutiche che rispettano la dignità della persona e non la riducono a oggetto di manipolazione.

Il principio di precauzione, in questo caso, va affiancato al principio di solidarietà: la ricerca deve rispondere al bene comune, non a logiche di profitto o selezione. Inoltre, il principio di proporzionalità terapeutica impone che ogni intervento genetico sia valutato in base al suo reale beneficio, alla sua sicurezza e alla sua necessità. In questo senso, la sintesi artificiale del DNA umano potrebbe non soddisfare tali criteri, almeno finché rimane una “prova di concetto” con finalità ancora ambigue.

Una domanda di fondo: chi è l’uomo?

La posta in gioco, in fondo, è la visione dell’essere umano. Se l’uomo è riducibile al suo codice genetico, la manipolazione del DNA appare come una semplice estensione tecnica. Ma se, come insegna la visione cristiana, l’uomo è persona – unità di corpo, anima e spirito, chiamato alla relazione con Dio e con gli altri – allora il genoma umano è il segno di un mistero da rispettare, non un software da riscrivere a piacere.

Scriveva Benedetto XVI: «Quando l’uomo dimentica di essere creatura e si fa padrone del mistero della vita, finisce per auto-distruggersi» (Caritas in Veritate, n. 68). E Papa Francesco ha recentemente ribadito: «La scienza senza etica perde la sua umanità e rischia di diventare strumento di dominio» (Discorso alla Pontificia Accademia per la Vita, 2023).

Quale umanità vogliamo costruire?

Il progetto del genoma umano sintetico ci interpella come università, come comunità scientifica e come credenti. Non possiamo delegare alla sola scienza – né tantomeno al mercato – la definizione di ciò che è umano. È necessario un discernimento etico condiviso, in cui filosofia, teologia, scienza e diritto dialoghino nel rispetto della dignità di ogni essere umano.

Non basta chiedersi se possiamo farlo, ma dobbiamo chiederci perché farlo, a chi giova, e quali conseguenze avrà per l’umanità intera. La risposta, forse, non è solo nei laboratori, ma nel cuore dell’uomo, dove si decide se la scienza sarà al servizio della vita, o se la vita sarà piegata alla scienza

Bibliografia essenziale

  • Pontificia Accademia per la Vita, Humana Communitas (2019)
  • Papa Francesco, Discorso alla Pontificia Accademia per la Vita (20 febbraio 2023)
  • Congregazione per la Dottrina della Fede, Dignitas Infinita (2024)
  • Paolo Benanti, Homo Faber. Il rischio e la sfida dell’uomo artificiale, Ed. San Paolo, 2021
  • Julian Savulescu – Nick Bostrom, Human Enhancement, Oxford University Press, 2009