Le recenti elezioni all’interno della Conferenza dei Vescovi Cattolici degli Stati Uniti (USCCB) hanno evidenziato un significativo spostamento verso una leadership più centrista, allontanandosi da posizioni fortemente conservatrici. In particolare, candidati associati all’ala più conservatrice della Chiesa hanno subito sconfitte, mentre sono stati eletti vescovi con credenziali pastorali più evidenti e un approccio meno ideologico.
Ad esempio, l’arcivescovo Bernard Hebda di St. Paul e Minneapolis è stato eletto tesoriere della conferenza, sconfiggendo il vescovo David Malloy di Rockford, Illinois, con un voto di 156-84. Hebda, noto per la sua formazione sia in diritto canonico che civile, è apprezzato per la sua intelligenza, etica del lavoro e capacità di vedere entrambi i lati di un argomento. La sua elezione può essere interpretata come un voto contro l’ideologia estrema.
In un’altra competizione, l’arcivescovo Alexander Sample di Portland, Oregon, noto per la sua affinità con il rito pre-Vaticano II, ha perso contro il vescovo Michael Woost, ausiliare di Cleveland, con un voto di 112-128. Woost, vescovo da soli due anni, è stato preferito nonostante la sua minore esperienza, indicando un rifiuto delle posizioni più conservatrici di Sample.
Il vescovo Ronald Hicks di Joliet, Illinois, è stato scelto per guidare il Comitato sul clero, la vita consacrata e le vocazioni, sconfiggendo il vescovo Juan Miguel Betancourt, ausiliare di Hartford, Connecticut, con un voto di 146-94. Hicks è considerato una stella nascente nella conferenza, avendo lavorato a stretto contatto con l’allora padre Robert Barron al Seminario St. Mary of the Lake a Mundelein, Illinois.
Il vescovo James Conley di Lincoln, Nebraska, noto per le sue posizioni conservatrici, ha perso la gara per diventare presidente della Commissione per i laici, il matrimonio, la vita familiare e la gioventù, ottenendo solo 91 voti contro i 147 del vescovo di Dallas Edward Burns. Burns, come Hebda, è un sacerdote della diocesi di Pittsburgh e la sua elezione è stata vista come un allontanamento dall’approccio della guerra culturale.
L’arcivescovo Shelton Fabre di Louisville, Kentucky, è stato eletto presidente del Comitato per la giustizia interna e lo sviluppo umano, sconfiggendo il vescovo Kevin Sweeney di Paterson, New Jersey, con un voto di 158-81. Fabre è noto per la sua brillantezza e il suo impegno nella lotta contro il razzismo, avendo guidato la stesura della dichiarazione dei vescovi del 2018 su questo tema.
Infine, per il Comitato per la migrazione, i vescovi hanno scelto il vescovo Brendan Cahill di Victoria, Texas, sul vescovo Joseph Tyson di Yakima, Washington, con un voto di 155-85. Data la crescente preoccupazione per le politiche anti-immigrati, i vescovi hanno preferito un leader più vicino al confine.
Questi risultati indicano un allontanamento dall’ala più conservatrice della conferenza episcopale, con una preferenza per leader con un approccio pastorale più equilibrato. Sebbene la conferenza rimanga decisamente di centro, c’è una chiara tendenza a distanziarsi dalle posizioni estreme, cercando un nuovo equilibrio che possa meglio riflettere l’agenda di Papa Francesco. Questo rappresenta un progresso significativo nella direzione di una Chiesa più inclusiva e meno polarizzata.
È molto interessante come nella provvidenza di Dio con l’elezione dei un presidente suprematista i pastori riequilibrino il dibattito sociale in direzione della tutela della dignità della persona umana e la solidarietà verso i più deboli.
È noto a tutti come il potere si servisse di prelati clericalisti che avevano una visione di Chiesa piramidale. Vedi il caso di Burke.
Una pagina scandalosa della storia ecclesiale degli USA che ha portato a mostri come il cardinale McCarrick dismesso in tronco dal Papa.
Chissà se l’estrema destra USA corromperà di nuovo i prelati e i movimenti laicali ultra tradizionalisti per creare divisione nella Chiesa.