I centri di permanenza per il rimpatrio (CPR) sono oggi dei veri e propri lager in Italia. Ospitano gli immigrati ai quali non è stato riconosciuto asilo in Italia. In attesa dell’espulsione queste persone che hanno sperato per sé e i propri figli un futuro migliore in Italia, vengono trattate in modo criminale dallo stesso Stato.

CPR ai tempi della leva obbligatoria significava “cella punizione di rigore”.

Era il correttivo disciplinare usato per i giovani militari che si ribellavano alla naia.

Nel lessico odierno CPR è l’acronimo di Centri di permanenza per il rimpatrio.

Si tratta di una decina di strutture dislocate nelle regioni dell’Italia peninsulare ed insulare per accogliere gli immigrati che saranno espulsi.

Nessuna frontiera nazionale è aperta a tutti e ci sono purtroppo delle situazioni nelle quali non è possibile vedersi riconoscere lo statuto di rifugiato qualora si sia arrivati in Italia clandestinamente.

Rincresce la storia che ha preceduto nel viaggio avventuroso della vita e della traversata del Mediterraneo l’esperienza di persone, uomini e donne, vessati e violentati dai trafficanti di uomini.

È catastrofico il vedersi respinti in un paese della civile Europa come un criminale e dopo essersi indebitati per la traversata alle volte durata mesi. Peggio per chi dopo aver lavorato in nero per anni, magari presso italiani, ad un controllo di Polizia si ritrova con i permessi scaduti.

Ciò che è ancora più scandaloso è il modo con il quale gli immigrati sono trattenuti nei CPR che, in questo caso, sono peggio delle celle punizione di rigore.

Sporcizia regina e sovrana, malnutrizione, inefficienza dei servizi igienici, scarsa assistenza agli immigrati tenuti in detenzione di fatto.

Alte mura di cinta, cancelli, sbarre e filo spinato sono l’arredo dei CPR affidati in appalto a strutture private che guadagnano sul contribuente italiano, sono menefreghiste consapevoli che uno straniero che sta per essere rimpatriato, non avrà nessuno strumento per denunciare i soprusi.

Esiste una prassi inumana verso questi immigrati che è la somministrazione arbitraria di psicofarmaci.

Non c’è un criterio medico di posologia, ma una ragione strumentale e indegna.

Gli immigrati addormentati e storditi con le pillole, infatti, non fanno tante richieste, non si ribellano, mangiano meno.

In questi lager per le espulsioni qualche volta c’è chi si suicida o muore per mancanza di cure.

Non c’è un supporto psicologico e umano. 

I CPR sono oltretutto inutili perché dopo aver trattenuto in una bolgia infernale un immigrato gli viene dato un foglio di espulsione e la persona vive magari in una baracca improvvisata non lontana dal CPR.

Una “macchina per le espulsioni” dove l’essere umano scompare e restano solo i soldi e a cui il Governo Meloni non vuole rinunciare. 

Nell’ultima legge di Bilancio sono stati previsti più di 42,5 milioni di euro per l’ampliamento entro il 2025 della rete dei nove CPR già attivi e il nuovo decreto sull’immigrazione licenziato a marzo 2023, appena dopo i fatti di Cutro, prevede procedure semplificate per la costruzione di nuove strutture, con l’obiettivo di realizzarne almeno una per Regione. 

Questo nonostante le percentuali dei rimpatri a seguito del trattenimento siano bassissime mentre incalcolabile è il prezzo pagato in termini di salute dalle oltre cinquemila persone che nel 2021 sono transitate nei centri.

 A differenza della realtà carceraria, nel CPR la cura della salute non è affidata a medici e figure specialistiche che lavorano per il sistema sanitario nazionale, bensì al personale assunto dagli enti gestori il cui ruolo di monitoraggio si è dimostrato carente, se non assente.


Grazie ai dati raccolti dall’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi, asgi.it) e dall’associazione di volontariato Naga (naga.it) relativi ai farmaci acquistati per il Cpr di Milano tra ottobre 2021 e febbraio 2022, sappiamo, ad esempio,  che in cinque mesi la spesa in psicofarmaci è superiore al 60% del totale, di cui oltre la metà ha riguardato il Rivotril (196 scatole): farmaco autorizzato dall’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) come antiepilettico ma usato ampiamente come sedativo. 

Nel primo caso necessiterebbe una prescrizione ad hoc ma le visite psichiatriche effettuate alle persone trattenute nei mesi che vanno da ottobre 2021 a dicembre 2022 sono solo otto. In alternativa, un utilizzo del farmaco diverso rispetto a quello per cui è stato autorizzato dovrebbe avvenire solo previo consenso informato della persona a cui viene somministrato. 

L’utilizzo degli psicofarmaci all’interno dei CPR è troppo spesso arbitrario, eccessivo e non focalizzato sulla presa in carico e sulla cura degli individui trattenuti, concorrendo ad aggravare la patogenicità di questi luoghi di detenzione.

 Si registra inoltre un elevato consumo di derivati delle benzodiazepine, che dovrebbero essere uti- lizzate quando i disturbi d’ansia o insonnia sono gravi. 

Centinaia e centinaia di flaconi di Tranquirit fiale di Valium, pastiglie di Tavor, Zoloft, Valium e Bromazepam sembrano dati come le caramelle ai bambini.

Il metadone è presente tra i farmaci somministrati, insieme a un gel antiscabbia, anti funghi e farmaci anti tubercolosi.

Esiste una prassi inumana verso questi immigrati che è la somministrazione arbitraria di psicofarmaci.

Condizioni igienico sanitarie pietose.

A Gradisca d’Isonzo, in provincia di Gorizia, già finito sotto i riflettori degli inquirenti, a metà gennaio 2023 è iniziato il processo per la morte di Vakhtang Enukidze 37 anni originario della Georgia, avvenuta il 18 gennaio 2020. 

Come ricostruito sul quotidiano Domani, l’autopsia ha accertato che la causa della morte è edema polmonare e cerebrale per un cocktail di farmaci e stupefacenti. 

Pochi mesi dopo, il 20 luglio 2020, Orgest Turia, 28 anni originario dell’Albania, è morto per overdose di metadone. 

Due morti che danno ancor più rilevanza all’accesso ai dati. 

Qualche tribunale inizia però a fare luce. 

È il caso di Milano, dove a fine gennaio 2023 la giudice Elena Klindani non ha convalidato il prolungamento della detenzione di un ragazzo di 19 anni, rinchiuso in via Corelli da cinque mesi, perché “ogni ulteriore giorno di trattenimento comporta una compromissione incrementale della salute psicofisica per il sostegno della quale non è offerta alcuna specifica assistenza, al di fuori terapia farmacologica” e la salute del giovane “è suscettibile di ulteriore compromissione per via della condizione psicologica determinata dalla protratta restrizione della libertà personale”. 

In questi ultimi tempi si è parlato da suprematisti, di sostituzione etnica, tema tipico del nazi-fascismo.

C’è da chiedersi se in uno stato di diritto, in una cultura cristiana, in una nazione dalle radici greche per le quali l’ospite è sacro, non ci sia un imbarbarimento.

La salvaguardia della civiltà italiana di nomadi ed emigrati, passa attraverso il riconoscimento e l’accoglienza dello straniero.

Uno Stato civile deve essere capace di accogliere ed integrare gli stranieri e non servirsene a Sinistra come novelli proletari e a Destra come “nemico alle porte”.

Finché c’è polarizzazione, senza un progetto Italia, la politica mediocre avrà i suoi temi farlocco di campagna elettorale.