Complessità, connettività e conoscenza  come stile multilaterale di ricerca dell’equilibrio internazionale

SAGGI: L’ Open dialogue è uno stile multilaterale di ricerca dell’equilibrio internazionale. La vocazione all’ascolto, all’empatia, alla conoscenza delle culture si inserisce nel sentiero di valorizzazione di una lettura ragionata della complessità per la quale un modello di intelligenza reale, collettiva e cooperante può essere uno strumento di servizio al pensiero critico, all’interpretazione creativa, all’analisi connettiva delle relazioni sociali, politiche, economiche e diplomatiche.

 È un talento che può essere allenato, uno stile multilaterale di ricerca dell’equilibrio come modello comportamentale fondato nell’interdipendenza funzionale. Un cammino di impegno costruttivo e creativo, attento e meticoloso, capace di innescare l’autopoiesi, capace di regolarsi, rigenerarsi e reinventarsi, in ragione di un grande apparato sociale diffuso di cooperazione permanente, aperto al contagio delle idee, dei modelli e degli strumenti di crescita per il bene comune. 

In tale intelligenza reale, l’organizzazione circolare è formata da anelli di retroazione dove ciascun componente è allo stesso tempo causa ed effetto per tutti. Una realtà relazionale dove è necessario favorire un approccio proteso a servire il cammino educativo per la costruzione della nostra casa comune nella forte convinzione che i veri insegnamenti delle religioni convocano ai valori della pace, ai valori della reciproca conoscenza, della fratellanza umana e della convivenza comune. 

Davanti a questa situazione, l’enciclica Fratelli tutti sottolinea e ribadisce che la preservazione della cultura di ciascun popolo e di ciascuna area geografica si impone come primo passo per costruire una cultura di pace. La pace, infatti, non può svilupparsi lì dove viene demolita l’autostima: «Demolire l’autostima di qualcuno è un modo facile di dominarlo. Dietro le tendenze che mirano ad omogeneizzare il mondo, affiorano interessi di potere che beneficiano della scarsa stima di sé, nel momento stesso in cui, attraverso i media e le reti, si cerca di creare una nuova cultura al servizio dei più potenti. Da ciò traggono vantaggio l’opportunismo della speculazione finanziaria e lo sfruttamento, dove i poveri sono sempre quelli che perdono. D’altra parte, ignorare la cultura di un popolo fa sì che molti leader politici non siano in grado di promuovere un progetto efficace che possa essere liberamente assunto e sostenuto nel tempo». La costruzione della pace è un processo vivente, di diaconia istituzionale, vocato all’edificazione condivisa della nostra casa comune dove tutti possano sentirsi parte attiva. Tale prospettiva pone il principio solidaristico come dovere inderogabile di natura politica, economica e sociale. La dignità come valore supremo posto al vertice della scala dei valori, accompagna parallelamente l’approccio della diplomazia delle culture verso l’idea del potere come servizio, teso a rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale per il pieno sviluppo della persona umana. Siamo tutti convocati a sostenere la bellezza delle nuove generazioni, senza confini e senza barriere, abbattendo i muri delle antinomie giuridiche, nel sentiero del multilateralismo operoso con cui affrontare le nuove sfide planetarie dell’innovazione e dell’adattamento.

Per la pace la giustizia deve trovare compimento
nella carità e nel coraggio di guardare le cose che ci uniscono

In tale tensione comportamentale e istituzionale è opportuno procedere verso l’Open Diplomacy, una diplomazia nuova per il mondo che cambia, per cogliere le sfide offerte dalla costruzione della nostra casa comune in un clima di feconda condivisione, nella certezza di poter avviare una riflessione complessa di reciproca conoscenza. Come indicato dal Card. Parolin nel Messaggio al Korea Global Forum for Peace 2021 “Se si vuole stabilire una pace autentica nel mondo, la giustizia deve trovare compimento nella carità e nel coraggio di guardare le cose che ci uniscono. Il nostro cammino non sarà mai completo finché la giustizia non sarà completata dalla riconciliazione”.

In tale ambito si desidera contribuire alla costruzione di una comunità dei saperi che formi la base di riferimento del futuro per essere generativi nel solco dell’intus legere.

Indagare un “Paradigma Misurabile” di concura dove il rapporto tra la conoscenza e l’autentica intelligenza interpretativa consente di cogliere l’importanza scientifica del patto educativo globale. In tale alleanza culturale, globale e locale, intergenerazionale e interclassista è possibile studiare le connessioni tra  il lavoro, la sicurezza e il bene ambientale nell’interpolazione con l’etica istituzionale, la meritocrazia, la valorizzazione dei talenti. 

Nel Messaggio in occasione della XXIV solenne seduta pubblica delle Pontificie Accademie, 4 Dicembre 2019, Il Santo Padre ha indicato che “L’Accademia è un luogo dove il sapere diventa servizio, perché senza un sapere che nasce dalla collaborazione e sfocia nella cooperazione non c’è sviluppo genuinamente e integralmente umano. L’Accademia è, nel campo che le è proprio, un’esperienza e un modello di sinodalità.”.  Mai come in questo momento, in un contesto dilaniato da contrasti sociali e privo di visione comune, è urgente riscoprire le Istituzioni della Cultura come luoghi di neutralità attiva, inneschi per un cambio di marcia verso un’educazione integrale ed inclusiva, empatica, capace di ascolto paziente e di dialogo costruttivo. L’investimento nella cultura è strategico per accompagnare un nuovo sguardo di “Open dialogue” fondato sulla complessità, sulla connettività e conoscenza  che faccia prevalere l’unità sul conflitto,   sia esso sociale, culturale, armato. Tale vocazione istituzionale può ispirare anche un nuovo diritto internazionale che assume esplicitamente il dato ontologico dell’integrità dell’essere umano e consente di riconoscere coerentemente nello ius positum universale i diritti della persona sia civili che politici, economici, sociali e culturali.

L’investimento nella cultura è strategico
per accompagnare un nuovo sguardo di “Open dialogue”

In tale ambito è possibile completare e perfezionare l’antico duplice imperativo etico-giuridico “neminem ledere e unicuique suum tribuere”, con l’imperativo “bonum facere” con priorità assegnata al bene comune. Un impegno integrale ad essere costruttori di ponti di dialogo, una co-costruzione delle relazione, un cammino di perfezionamento secondo la regola de lege semper perficienda, in un contesto dove «come hanno insegnato i Vescovi del Sudafrica, la vera riconciliazione si raggiunge in maniera pro-attiva, “formando una nuova società basata sul servizio agli altri, più che sul desiderio di dominare; una società basata sul condividere con altri ciò che si possiede, più che sulla lotta egoistica di ciascuno per la maggior ricchezza possibile; una società in cui il valore di stare insieme come esseri umani è senz’altro più importante di qualsiasi gruppo minore, sia esso la famiglia, la nazione, l’etnia o la cultura”.

È anche la visione espressa dai Vescovi della Corea del Sud che hanno segnalato che un’autentica pace “si può ottenere solo quando lottiamo per la giustizia attraverso il dialogo, perseguendo la riconciliazione e lo sviluppo reciproco”.