EDITORIALE: Non succede spesso che i leader cinesi si trovino a giocare sulla difensiva, specie in questi ultimi tempi. Fino a venti anni fa venivano trattati come delle superstar con le quali siglare contratti. Oggi con Xi il trend è cambiato, complice la guerra in Ucraina e i nuovi scenari geopolitici.
Dopo la visita del presidente Xi in Europa nel 2019 l’umore si è incupito e i presidenti di Francia e UE, che il leader cinese ha incontrato lunedì, hanno scambiato sorrisi di benvenuto con sguardi severi.
Le loro lamentele erano state preventivamente comunicate — nessuno vuole sorprese nelle complesse relazioni che ora esistono tra Occidente e Oriente — ma sono state ribadite.
La Cina dovrebbe smettere di inondare il mercato europeo con merci a basso costo e, in particolare, non dovrebbe nemmeno pensare di inviare i milioni di veicoli elettrici prodotti dalle sue fabbriche sovvenzionate, che hanno troppi pochi acquirenti interni.
La Cina dovrebbe ascoltare le preoccupazioni dei governi occidentali sui diritti umani prima che i loro elettorati diventino ancora più ostili.
Il presidente Xi non ama che gli si dica cosa fare. Questo è naturalmente vero per tutti gli autocrati, ma lui ha stabilito un controllo interno più radicale e, nelle relazioni personali, una postura più aggressiva rispetto ai suoi predecessori.
Per il suo vertice con il presidente Macron e Ursula von der Leyen della Commissione europea, ha preparato le sue repliche.
Xinhua, l’agenzia di stampa statale, ha fatto del rifiuto delle richieste europee riguardo alle auto elettriche il primo punto del suoi report, affermando che il presunto “problema di sovracapacità” della Cina è semplicemente un mito.
Gli addetti militari hanno poi negato -a nome di XI – qualsiasi responsabilità per le azioni di Mosca in Ucraina. “La Cina non ha creato la crisi in Ucraina, né è parte attrice in essa.
Macron, accusato in passato di cercare il favore di Xi per stabilire l'”autonomia strategica” della Francia dagli Stati Uniti, aveva anche le sue risposte già preparate.
Preoccupato che Xi stesse cercando di favorire la divisione interna oltre che esterna dell’UE, ha allineato la sua posizione negoziale con Olaf Scholz, cancelliere della Germania, Paese più amico della Cina, durante una cena la scorsa settimana. Il suo invito alla Ursula von der Leyen di partecipare all’incontro intendeva anche dimostrare l’unità dell’UE.
Nessuno si aspetta che Xi faccia concessioni. Tutto il suo programma di questa settimana, infatti, è un rifiuto simbolico attentamente preparato delle richieste dell’UE.
Xi andrà in Serbia, il ribelle baluardo pro-Russia nei Balcani, e incontrerà Viktor Orban in Ungheria, spesso considerato il cavallo di Troia di Pechino e Mosca nell’UE.
Incontrerà poi il presidente Putin a Pechino.
Il messaggio? Alla Cina non importa se all’UE non piace.
Macron, tuttavia, scommette sul fatto che Xi non può permettersi di essere troppo aggressivo, date le difficoltà economiche della Cina. Xi non vuole spingere l’Europa tra le braccia dell’America. Ma è consapevole che se Donald Trump vincesse un secondo mandato da presidente alla fine di quest’anno, quelle braccia potrebbero essere incrociate.
In ogni caso, sembra chiaro che non veda molta necessità di cedere terreno.