La scoperta Nei ricchi intrighi e trame complesse dei romanzi storici ai quali i coniugi Rita Monaldi e Francesco Sorti hanno abituato e affezionato i loro lettori, non poteva mancare la difesa di Giovanni Duns Scoto, filosofo e teologo francescano, svilito per secoli dai Domenicani, seguaci di S. Tommaso d’Aquino.

Se in Paradiso tutti i santi godono della beatitudine eterna, senza le passioni che accompagnano gli uomini nella loro vicenda storica, sulla terra le dispute teologiche e le diverse premesse filosofiche, hanno creato correnti di pensiero diverse con la rivalità delle loro scuole.

Monaldi e Sorti sono riusciti abilmente a riesumare un testo autentico degli anni ’30, nel quale il teologo croato Carlo Balic, fondatore della Pontificia Accademia Mariana Internazionale (PAMI), ha pubblicato i suoi sospetti che la bolla papale, nota come Redemptionem misit, fosse stata modificata durante la sua ristampa.

Redemptionem misit è il documento con il quale Giovanni XXII canonizzava Tommaso d’Aquino.

All’inizio dello scorso secolo i Domenicani stessi dichiararono che i loro confratelli del medioevo, avevano manomesso il testo di Giovanni XXII.

Il teologo francescano Carlo Balic riportò la notizia, ma molto timidamente da un punto di vista pubblicistico.

Si sostiene che l’ordine domenicano a cui apparteneva il filosofo e teologo abbia inserito nella bolla papale di canonizzazione Redemptionem misit nel 1323, l’affermazione che gli scritti di Tommaso  fossero “opera di Dio”, contribuendo in tal modo a garantire che le sue idee non fossero contestate.

“Nessuno immaginava che questo testo fosse stato manipolato, eppure ha reso l’Aquinate praticamente infallibile agli occhi dei cattolici per secoli”, ha dichiarato in un’intervista al Times Rita Monaldi, co-autrice di “Dante di Shakespeare III” di recente uscita.

La Chiesa commemora il 750º anniversario della morte di S. Tommaso e dell’amico e collega francescano S. Bonaventura, scomparsi nel 1274, anno in cui si celebrò il Concilio di Lione al quale entrambi i professori della Sorbona presero parte come periti di eccellenza.

Fino al XIX secolo, Tommaso era così ben considerato che papa Leone XIII ordinò a tutti i seminari di insegnare la sua teologia, sostenendo che essa racchiudeva la dottrina della Chiesa. È per questo che S. Tommaso fu soprannominato il Doctor Communis o l’Angelico, secondo una consuetudine che si applicava ai maestri medievali.

Rita Monaldi e il co-autore e coniuge Francesco Sorti, affermano che i cattolici sono stati avvicinati all’Aquinate nei secoli da ristampe ampiamente distribuite del breve pontificio che annunciava la sua canonizzazione, affermando che godeva di una “speciale infusione divina” e che i suoi scritti erano “opere di Dio”.

“La bolla originale, una copia della quale abbiamo trovato negli archivi di Tolosa in Francia e l’altra in Vaticano, è diversa”, ha detto Sorti sempre al Times.

Le due versioni originali non erano facilmente accessibili, ma i domenicani, che avevano accesso alle prime stampe, “si sono assicurati che la loro versione manipolata fosse diffusa per generazioni”.

La prima versione corretta pubblicata dai domenicani che gli autori hanno trovato risale al 1505.

“Nel corso dei secoli, la bolla è stata citata o riprodotta in una versione ‘manipolata’ da centinaia di altri testi, compresi manuali scolastici e universitari”, scrivono i coniugi scrittori.

L’opera di Tommaso, che non si esaurisce con la nota e più rappresentativa “Summa Teologica”, inaugurò il filone del tomismo, mentre la suola di Giovanni Duns Scoto prese il nome di scotismo e fu promossa soprattutto dai francescani.

In realtà il professore francescano scozzese rispondeva ad alcune domande che si poneva Tommaso sciogliendone i nodi con intuizioni geniali da un punto di vista teologico che richiedevano però una diversa architettura filosofica.

Questo dava fastidio ai domenicani per una questione di bandiera. All’epoca c’era un concetto di comunione ecclesiale diverso e più partigiano fra Ordini religiosi.

Il tomismo ebbe la meglio sullo scotismo, sia per il contenuto adulterato della bolla papale, sia per una più facile comprensione del pensiero dell’Aquinate che, tra l’altro, scriveva in un latino meno complicato del teologo scozzese, non a caso soprannominato “Doctor subtilis” (il dottore sottile). 

Senza nulla togliere al valore e al merito di S. Tommaso d’Aquino filosofo e teologo, da metà Ottocento in poi, Duns Scoto si prese la rivincita.

Questo avvenne sia per la validità della sua tesi sul concepimento immacolato di Maria, dal primo istante della sua creazione, sia sul primato assoluto di Cristo.

Il fulcro della sua dottrina mariana è diventato l’8 dicembre 1854 dogma di fede con la costituzione Ineffabilis Deus di Pio IX sull’Immacolata Concezione di Maria.

S. Tommaso non era dello stesso avviso perché partiva da un approccio antropologico diverso – smentito più tardi dalla scienza – a proposito della tempistica dell’infusione dell’anima nell’embrione.

Quanto al motivo dell’Incarnazione del Verbo, nella persona di Gesù Cristo, la teologia contemporanea allarga sicuramente la risposta a un concetto di Salvezza che non si esaurisce o confonde con la sola Redenzione.

Come due dioscuri, Tommaso e Scoto, rimangono dei riferimenti per la Scolastica medievale.

Più conosciuto il primo, meno il secondo, la loro dottrina si compenetra e arricchisce l’intelligenza della fede confermando che nessun uomo possiede da solo la verità tutt’intera.