In occasione del trentennale dalla beatificazione di Giovanni Duns Scoto, si è concluso l’8 novembre 2023 un convegno presso la Pontificia Università Antonianum di Roma, in collaborazione con la Commissione Scotista. 

Duns Scoto raccoglie in sé tutta l’eredità scientifica del secolo XIII, in una mirabile sintesi, unitamente alla spiritualitàd el Serafico Padre S. Francesco, e offre nuovo vigore di sapienza e di santità portando la scolastica all’apogeo. 

La santità e la scienza, unite in un connubio ideale, incarnano in sé il principio della Fede e della Scienza, del misticismo e della cultura. Tanto più sublime sarà la sapienza, tanto più grande sarà la santità. 

È con questa equazione, che nello Scoto ha raggiunto il suo vertice più̀ eminente, che la sua figura poderosa e luminosa ha potuto talmente dominare il Me­dio Evo, da farne un’epoca magnifica ed eroica, mai vista prima né dopo. 

La vita del Dottor Sottile fu di studio intenso, profondo, unita ad una altrettanto intensa e profonda spiritualità mistica, che lo infiammava di zelo ardentissimo per la salute delle anime. 

Giovanni Duns Scoto, filosofo e teologo medievale, sistematizzò la dottrina sull’Immacolata Concezione di Maria, all’epoca ancora controversa.

Promosse il primato assoluto di Cristo separando l’incarnazione di Cristo dalla necessità della redenzione.

Secondo la sua scuola teologica, infatti, Cristo si sarebbe incarnato egualmente anche se l’uomo non avesse peccato in Adamo.

Il pensiero di Duns Scoto è sottile e caleidoscopico.

La commissione scotista si cimenta fino ad oggi per ricostruire l’Opera Omnia.

La decodifica del suo linguaggio forbito e profondo apre orizzonti di riflessione molto ampi e originali.

Duns Scoto, rispetto a Tommaso, parte dalla Parola rivelata riconoscendo il limite umano di fronte al Mistero.

Una diversa ermeneutica rischierebbe di annegare la teologia nel razionalismo.

Il Beato Giovanni Duns Scoto articola la sua antropologia sul primato di Cristo in un’ermeneutica fortemente teologica.

Il capolavoro della creazione non è l’uomo adamitico, ma il Dio-uomo Gesù Cristo. 

L’unione ipostatica è il coronamento della creazione perché la natura divina eleva la natura umana soprannaturalmente in una perfezione massima ed esclusiva. 

Quando la persona del Logos divino assume la natura umana di Gesù di Nazaret, la natura umana «è completata in una perfezione la più alta possibile alla natura stessa; e allo stesso tempo elevata alla grazia soprannaturale la più alta possibile». 

L’uomo diventa allora coscienza del creato per il tipo di relazione che assume con la divinità che loda e magnifica. 

Rispetto a Pietro di Giovanni Olivi la protologia di Scoto è fortemente elaborata in una lettura cristocentrica.

Originale da un punto di vista ontologico è il concetto di individualità rimandato alla relazione al Dio-uomo con la sua anima e con il suo corpo che per questo possiede la sua unicità. 

Ognuno come individuo, infatti, nella sua specifica maniera è da Dio accettato e precostituito nel Verbo incarnato. 

Da questa premessa ontologica, la conseguenza logica è l’introduzione del nuovo concetto di haecceitas

Scoto ritiene che il passaggio dalla forma generale dell’essere a quella concreta dell’individuo possa essere spiegata con l’haecceitas

L’haecceitas spetta sia alla sostanza materiale che a quella spirituale dell’uomo; per cui lo spirito-anima come il corpo-ele­mento materiale possiedono la loro specificità, che ha anche l’uo­mo come totalità. 

Derivante dall’haec latino, “questo” in italiano, haecceitas può essere tradotto con la parola questità: «Cerca di far capire che una cosa è la foglia d’alloro e ben altra cosa è l’alloro. 

Ogni elemento – come ogni proprietà di Dio – è ben distinto da un altro.

Scoto poteva ricorrere a parole già in uso, ma lui ha bisogno proprio di un termine nuovo perché la sua idea non può essere espressa se non diversamente da quella determinata nuova parola creata

L’incomunicabilità allora diventa l’ultima solitudine ma nel senso di identità esclusiva.

Dall’ontologia alla fenomenologia l’uomo sperimenta, grazie a questa stessa solitudine, il mistero della sua autocoscienza e della sua autotrascendenza. 

La consapevolezza di essere autonomo e responsabile confronta l’uomo con la sua libertà.

Per Scoto il venire in vita è un venire alla libertà.

Come Dio amandoci ci rende amanti, così dalla libertà del suo atto creativo partecipato all’uomo in questo dono primordiale, la persona supera il mondo delle creature e se stesso.

Per Scoto essa è connessa alla volontà.

La volontà, a sua volta, è orientata per natura al bene supremo e vuole raggiungere la massima perfezione quale suo fine. 

Per questo non può contentarsi di beni finiti e quindi soltanto ciò che è sommo ed unico vero può costituire l’ultimo fine.

Dal primato assoluto di Cristo e l’antropologia che ne consegue, Scoto passa al primato dell’amore che in alcuni filosofi veniva identificato con la volontà.

È in questa prassi che l’uomo può orientarsi nella sua concreta esistenza e trovare il cammino verso il suo supremo fine in Dio.

Figlio obbediente e devoto della S. Chiesa, per la quale sostenne umi­liazioni e persecuzioni, ed avrebbe dato volentieri la vita, ne sostenne le glorie e ne difese i diritti incontestabili; fu perciò chiamato: Ercole dei Papisti e Fulmine degli eretici, oltre al ben più noto titolo di “Doctor subtilis”.

I Frati Francescani dell’Immacolata hanno realizzato nel 2010 un film sul beato Giovanni Duns Scoto premiato al Mirabile Dictu.