La teologia naturale (teodicea) nasce con la riflessione sul male. Non riguarda il pensiero dell’ateo, ma del credente. Il cristiano, in modo particolare, si chiede come sia possibile la coesistenza tra un Dio buono e provvidente e il male.
Il recente terremoto in Turchia e Siria ha riaperto il dibattito.

Terremoto In Turchia e Siria

Lo sciame sismico che ha fatto tremare la terra nella regione turca dell’Anatolia e nella regione nord centrale della Siria a partire dal 6 febbraio 2023 ha raggiunto picchi di intensità fino a magnitudo 7,8.

Molti degli abitanti dell’area colpita dal terremoto sono stati sorpresi nella notte e sono dispersi tra le macerie delle loro abitazioni.

Il bilancio delle vittime sale rapidamente tanto che l’OMS stima a un bilancio finale che potrebbe avvicinarsi ai venti mila morti.

Una tragedia senza precedenti storici.

Mentre le squadre di soccorso sono all’opera riuscendo a rinvenire e salvare numerosi feriti e sepolti vivi, emerge un’ennesima volta la riflessione che chiama in causa Dio e l’uomo in un nesso causale che l’immaginario collettivo popolare collega al peccato morale dell’uomo e alla punizione divina conseguente.

Il male ha certamente a che fare col peccato, ma non con la colpa personale.

L’uomo credente potrebbe rimanere perplesso per il “silenzio di DIO”, ma la visione cristiana di Dio esclude un suo atteggiamento punitivo.

Dio punisce con le catastrofi?

Come leggiamo in Luca 13, già i contemporanei di Gesù gli posero la domanda sulla macabra sorte di Galilei idolatri.

Il Signore rispose: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».
Circa il “perire allo stesso modo” Gesù faceva riferimento alla cosiddetta “seconda morte”, quella della dannazione eterna come conseguenza del rifiuto di Dio: aversio a Deo et conversio ad creaturas.

Quanto alle modalità e alle motivazioni della fine storica e della morte corporale dell’uomo la spiegazione del Maestro non va nella direzione di una punizione divina.

Le calamità naturali non hanno come origine immediata e diretta Dio, ma i limiti del creato e la sua mutevolezza e passibilità alle leggi della fisica.

Così come il nostro corpo è passibile alla malattia, all’invecchiamento e alla morte, così la natura creata nell’universo e pianeta che abitiamo soffre e geme.
L’uomo con la sua intelligenza e con la sua capacità, anche tecnologica, è chiamato a rendere l’ambiente sempre più abitabile.

Ma c’è di più.

La solidarietà come risposta di umanità

Il fatto di organizzarsi in gruppo in maniera programmatica permette all’uomo di mettere in comune notevoli risorse per la sopravvivenza e anche il miglioramento dell’ambiente che lo ospita.

Viceversa, pensare all’interesse particolare ed egocentrico, mina il bene comune.

Il peccato, al contrario, può accentuare il bilancio negativo di un terremoto o dello straripare di un fiume se c’è stata inaccortezza nel progetto e nella costruzione o nella tutela dell’ambiente fluviale. Vale lo stesso per l’aumento dei tumori nella popolazione a causa dell’inquinamento.

Le catastrofi, quindi, sono un’occasione privilegiata di recupero di questa relazionalità solidale che permette all’uomo di confrontarsi con l’ambiente in modo simbiotico e di controllarne, ove possibile, eventuali ostilità.

Vedere nelle catastrofi un segno della punizione divina «non ha fondamento nella fede, ma riconduce l’uomo nel buio della superstizione e dell’irresponsabilità.

Se da un lato si riconosce come la fede possa essere messa alla prova proprio perché il cristiano crede in un Dio buono, creatore e provvidente, dall’altro occorre «evitare di trovare a tutti i costi una spiegazione in Dio a ciò che accade nel mondo, giungendo fino a vedere nelle tragedie della storia la giusta punizione di Dio per i misfatti degli uomini (cfr. CCC 272 e 385).

«Dio non turba mai la gioia dei suoi figli, se non per darne loro una più certa e più grande» (A. Manzoni).

Fra AMAB