Parte la rimozione delle scorie industriali accumulate da decenni, una svolta attesa da un quarto di secolo. Ma mentre i camion portano via i veleni di Crotone, resta aperta la ferita dei relitti tossici affondati dalla criminalità organizzata: l’autolesionismo delle cosche che hanno condannato la loro stessa terra. E la memoria di Natale De Grazia chiede ancora verità.
Finalmente a Crotone partono i camion che portano via tonnellate di rifiuti tossici. È una scena che segna la storia: per la prima volta si smantella un pezzo di quel passato industriale che ha avvelenato suoli, falde e persone. Ma sarebbe un errore illudersi: la Calabria non respira solo per le scorie a cielo aperto. Ci sono ancora i veleni sommersi, i relitti affondati deliberatamente dalla criminalità organizzata al largo delle nostre coste, carichi di scarti industriali e rifiuti radioattivi.
Qui sta l’autolesionismo più drammatico delle cosche: per arricchirsi hanno avvelenato la loro stessa gente, la loro stessa terra. Hanno trasformato il mare che dà vita in una cloaca, i campi dei padri in tombe silenziose. È un male che non ha nemici esterni: è fratricidio ambientale.
Non possiamo dimenticare l’ufficiale della Guardia Costiera Natale De Grazia, morto in circostanze mai del tutto chiarite mentre indagava proprio su queste navi dei veleni. Anche lui è parte della bonifica che dobbiamo completare: quella della memoria e della verità.
La Calabria ha già pagato troppo: tumori, emigrazione, povertà. Oggi la bonifica di Crotone è una luce che si accende, ma non basta svuotare le discariche. Bisogna svuotare anche il silenzio, rompere i patti omertosi che hanno fatto della nostra regione una discarica d’Europa.
Papa Francesco lo ha detto con forza: il grido della terra e il grido dei poveri sono lo stesso grido. Oggi quel grido viene dalla Calabria: dalle madri che piangono figli malati, dai pescatori che sanno che il mare non è più lo stesso.
Se le cosche avessero un minimo di coscienza capirebbero di avere segato il ramo su cui siedono. La vera forza sta nel custodire la terra, non nel condannarla. Solo così questa regione potrà finalmente rinascere.