Con la sentenza emessa il 16 dicembre dal Tribunale dello Stato della Città del Vaticano, è stata scritta una pagina che rimarrà nella storia. 

Nella millenaria storia della Chiesa cattolica Giovanni Angelo Becciu è il primo cardinale ad essere condannato penalmente dal Tribunale dello Stato della Città del Vaticano. 

Dopo 86 udienze, il Tribunale Vaticano ha definito il giudizio di primo grado del processo a carico di dieci imputati e quattro società, in relazione a diverse vicende la principale delle quali è quella riferita alla compravendita del palazzo sito in Londra, 60 Sloane Avenue.

Il comunicato della Sala Stampa Vaticana spiega in dettaglio come si è arrivati alla veridicità delle accuse e alle sanzioni pecuniarie e penali.

Alla fine di un processo che ha coinvolto 86 udienze e ascoltato da 69 testimoni, il tribunale ha scoperto che il cardinale Becciu e il signor Mincione erano insieme colpevoli di appropriazione indebita.

Dopo aver ascoltato le parti, il Tribunale ha ritenuto sussistente il reato di peculato (uno dei reati più gravi che possa commettere un pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio) in ordine all’uso illecito e alla violazione delle disposizioni sull’amministrazione dei beni ecclesiastici.

I fatti fanno riferimento al periodo 2013-2014 quando l’allora Sostituto della Segreteria di Stato, mons. Angelo Becciu, versò duecento milioni e 500 mila dollari al dr. Raffaele Mincione per la sottoscrizione di quote di “Athena Capital Commodities”, un hedge fund con caratteristiche altamente speculative, che comportavano per l’investitore un forte rischio sul capitale senza possibilità alcuna di controllo della gestione.

Questa enorme somma di denaro è stata utilizzata per l’acquisto della società proprietaria del palazzo di Sloane Avenue a Londra e per numerosi investimenti mobiliari.

A questo proposito il Tribunale ha ritenuto colpevoli del reato di peculato mons. Becciu e Raffaele Mincione, che era stato in relazione diretta con la Segreteria di Stato per ottenere il versamento del denaro, nonché, in concorso con loro, Fabrizio Tirabassi, dipendente dell’Ufficio Amministrazione, ed Enrico Crasso, uomo di fiducia del Vaticano per la gestione dei fondi.

Per l’utilizzo di detta somma, per l’acquisto della società proprietaria del palazzo di Sloane Avenue e per numerosi investimenti mobiliari, il Tribunale ha ritenuto Raffaele Mincione colpevole di peculato e del reato di autoriciclaggio. Enrico Crasso ha inoltre utilizzato, insieme a Mincione, un milione di euro quale profitto del reato di corruzione tra privati.

In relazione al riacquisto da parte della Segreteria di Stato, nel 2018-2019, attraverso una complessa operazione finanziaria, della società cui faceva capo la proprietà del palazzo già citato, il Tribunale ha ritenuto colpevoli Gianluigi Torzi e Nicola Squillace per il reato di truffa aggravata, e ha ritenuto colpevoli Gianluigi Torzi e Fabrizio Tirabassi per il reato di estorsione (nonché per il reato di autoriciclaggio di quanto illecitamente ottenuto).

Nei confronti di Tommaso Di Ruzza e Renè Brulhart, rispettivamente Direttore Generale e Presidente dell’A.I.F. (Autorità di Informazione Finanziaria), creata proprio per svolgere la vigilanza ai fini della prevenzione e del contrasto del riciclaggio e dei reati finanziari nei confronti degli Enti Vaticani, il Tribunale li ha assolti per il reato di abuso di ufficio ma li ha ritenuti colpevoli per omessa denuncia e per la mancata segnalazione al Promotore di giustizia di un’operazione sospetta.

Inoltre mons. Becciu e Cecilia Marogna sono stati ritenuti colpevoli, in concorso, del reato di scambio di favori, di cui all’art. 416-ter c.p., in relazione al versamento, da parte della Segreteria di Stato, di 570mila euro a favore della Marogna, tramite una società a lei riferibile, con la motivazione, non corrispondente al vero, che il denaro doveva essere utilizzato per favorire la liberazione di una suora vittima di un sequestro di persona in Africa.

“Rispettiamo la sentenza, ma sicuramente faremo appello. Riaffermiamo l’innocenza del cardinale”. (avvocato difensore)

Mons. Becciu è stato altresì ritenuto colpevole di peculato per aver disposto, in due riprese, su un conto intestato alla Caritas-Diocesi di Ozieri, il versamento della somma complessiva di Euro 125mila destinata in realtà alla cooperativa SPES, di cui era presidente il fratello Antonino Becciu.

Pur essendo di per sé lecito lo scopo finale delle somme, il Collegio giudicante ha ritenuto che l’erogazione di fondi della Segreteria di Stato abbia costituito, nel caso di specie, un uso illecito degli stessi, integrante il delitto di peculato, in relazione alla violazione dell’art. 176 c.p. che sanziona l’interesse privato in atti di ufficio, anche tramite interposta persona, in coerenza con quanto previsto dal canone 1298 C.I.C. che vieta l’alienazione di beni pubblici ecclesiastici ai parenti entro il quarto grado.

Il processo andrà alla storia perché è la prima volta in 500 anni che un cardinale è stato processato in Vaticano con accuse penali.

Dal punto di vista penale il Tribunale ha condannato:

CRASSO Enrico alla pena di anni sette di reclusione ed euro diecimila di multa con interdizione perpetua dai pubblici uffici;

MINCIONE Raffaele alla pena di anni cinque e mesi sei di reclusione, euro ottomila di multa con interdizione perpetua dai pubblici uffici;

BECCIU Giovanni Angelo alla pena di anni cinque e mesi sei di reclusione, euro ottomila di multa con interdizione perpetua dai pubblici uffici;

TIRABASSI Fabrizio alla pena di anni sette e mesi sei di reclusione, euro diecimila di multa con interdizione perpetua dai pubblici uffici;

SQUILLACE Nicola, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche, alla pena – sospesa – di anni uno e mesi dieci di reclusione;

TORZI Gianluigi alla pena di anni sei di reclusione ed euro seimila di multa, alla interdizione perpetua dai pubblici uffici e alla sottoposizione alla vigilanza speciale per un anno;

MAROGNA Cecilia alla pena di anni tre e mesi nove di reclusione con interdizione temporanea dai pubblici uffici per uguale periodo;

Molto pesanti le pene pecuniarie: il Tribunale ha ordinato la confisca per oltre 166 milioni di euro complessivi.

Gli imputati sono stati infine condannati, in solido tra loro, al risarcimento dei danni in favore delle parti civili (APSA, IOR e Segreteria di Stato) liquidati complessivamente in oltre 200 milioni di euro.

Redazione di Orbisphera (Per gentile concessione)

Testo completo della Sentenza:

https://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2023/12/16/0896/01958.html