Il 10 maggio 1973, per la prima volta dalla rottura del concilio di Calcedonia nel 451, un papa copto-ortodosso, Chenouda III, si recava in Vaticano per incontrare il papa di Roma, Paolo VI.

Cinquant’anni dopo, sempre un 10 maggio, diventato nel frattempo la Giornata dell’amicizia tra copti e cattolici, Papa Francesco ha presieduto l’udienza generale con il papa copto e patriarca di Alessandria Tawadros II, che aveva già incontrato per la prima volta il 10 maggio 2013.

Due capi di Chiesa seduti fianco a fianco, alla stessa altezza, sul palco di Piazza San Pietro.

Un gesto ecumenico forte, che va nella direzione della riforma che Tawadros II si sforza di condurre all’interno della Chiesa copta, nonostante le resistenze di una corrente conservatrice erede del suo predecessore.

L’ecumenismo costituisce uno dei grandi assi della riforma della Chiesa copta condotta dal settantenne Tawadros II, dall’inizio del suo pontificato, nel 2012. 

Quell’anno, questo ex monaco del monastero di Saint-Bishoy, a nord del Cairo, salì al trono di San Marco e prese il comando della più grande comunità cristiana del Medio Oriente.

Essa, secondo le stime, costituisce circa il 10% degli oltre 100 milioni di egiziani. 

Essendo in stragrande maggioranza cristiani ortodossi, i copti-cattolici rappresentano solo 200.000 persone.

I copti sono caratterizzati in particolare dall’antichità della loro fede, impiantata in Egitto dal I secolo grazie al monachesimo. 

Culla della fede, l’Egitto è stato un luogo di insediamento del cristianesimo fin dal I secolo. 

La Chiesa copta, discriminata ma non perseguitata in un contesto musulmano, è segnata da una fortissima pietà popolare.

Ha dato alla Chiesa grandi santi e ha visto nascere i primi monasteri. Il cristianesimo copto ha così conservato fino ad oggi tracce di un passato antico, dall’Egitto faraonico, ai primi cristiani.

Attaccata alla devozione della Vergine, ai miracoli, ai martiri e ai pellegrinaggi sulle vestigia della Sacra Famiglia, la fede dei copti colpisce per il fervore della sua pietà popolare. Soprattutto, le tracce di una cultura molto antica sono onnipresenti nella loro fede e nel loro patrimonio culturale.

Secondo la tradizione, il cristianesimo si è stabilito nel paese già nel I secolo, sotto l’impulso di san Marco. Il paese vide nascere i primi monasteri al mondo, e fu alla scuola teologica di Alessandria che si formarono nel III secolo i Padri della Chiesa come Clemente di Alessandria, Origene e Atanasio.

Durante il loro battesimo, i bambini copti indossano la stessa mitra dei sacerdoti, chiamata taylassan, un modo per significare il sacerdozio comune dei battezzati. È in fase avanzata anche il riconoscimento canonico del sacramento dell’iniziazione cristiana tra cattolici e copti.

L’uso dei copti di alzare le mani durante il Padre Nostro, è stato riscoperto dalla Chiesa latina con la riforma liturgica del Vaticano II.

I copti sono spesso rappresentati sotto questa postura nella preghiera, cioè con le mani alzate verso il cielo. 

Nel V secolo a.C., Erodoto descriveva già gli egiziani come ‘molto più religiosi del resto degli uomini’.

Il primo esempio di religiosità risale alla mitologia egiziana.

Osiride viene riportato in vita dopo essere stato fatto a pezzi con i suoi resti dispersi.

È una “divinità” buona che muore a causa della violenza di suo fratello e che risorge grazie all’amore di Iside, sua moglie. 

Questo è il paradigma della risurrezione promessa a ogni egiziano.

La civiltà egiziana fu la prima a proclamare con forza, fin dal III millennio a.C. che la morte non è la fine dell’uomo.

Non si tratta certamente di un’escatologia cristiana, ma si tratta di un’aspirazione naturale e originale dell’uomo a credere nella sua sopravvivenza dopo la morte.

Per una questione di inculturazione sincretica, ci sono dei copti egiziani che vedono addirittura somiglianze di Maria Madre di Dio con Iside, moglie di Osiride.

Un titolo riconosciuto dalla Chiesa universale, che incontra anche forti richiami nell’antico Egitto, è quello di Maria Madre di Dio, Theotokos, in greco. 

Questo titolo mariano fu difeso con forza nel V secolo da Cirillo, vescovo copto di Alessandria, contro Nestorio, che difendeva l’idea che Maria fosse madre solo dell’uomo Gesù di Nazaret.

Al termine di questa disputa teologica, fu finalmente Cirillo a vincere e la maternità divina di Maria fu ufficialmente riconosciuta al Concilio di Efeso, nel 431. 

Ora, in Egitto, si venerava già nell’antichità, la dea Iside, moglie di Osiride, che allattava il bambino Horus.

Nella fraseologia dell’antico Egitto, si chiamava Iside “madre di dio”. 

Nel V secolo, quando fu promulgato il titolo mariano, il culto di Iside era ancora ben vivo in Egitto.

Questa tradizione religiosa antica e pre-cristiana mostra delle tracce nell’iconografia. 

Gli esperti notano che la più antica rappresentazione di Maria che allatta, si trova nell’arte copta, in Egitto. 

Iside era già rappresentata come donna che allatta, portando il suo bambino sulle ginocchia.

A modo di preambula fidei (preannunci della fede) di cui parla il Vaticano I, in un’epoca dove si sviluppavano le missioni ad gentes dell’era post-moderna, gli studiosi si chiedono addirittura se la religione dell’Egitto faraonico non avesse preparato la strada al cristianesimo, introdottosi facilmente nella valle del Nilo.

Prendendo la parola in piazza San Pietro, il papa copto Tawadros II ha chiesto ai fedeli, “di sconfiggere il male del mondo, con tutte le sue debolezze, come hanno insegnato i padri nella fede e di essere all’altezza della responsabilità di cristiani, vivendo come il dolce profumo di Cristo in questo mondo e di aggregarsi per la sua pace”.

Papa Francesco ha poi ringraziato sinceramente Tawadros II per il suo impegno a favore della crescente amicizia tra la Chiesa copta ortodossa e la Chiesa cattolica.
Ha poi evocato la figura dei ventuno martiri copti, massacrati dall’ISIS nel 2015 su una spiaggia della Libia.

“Questi sono anche i nostri martiri”, ha precisato il vescovo di Roma.

Papa Francesco ha poi continuato dicendo:

“Io imploro con voi il Dio onnipotente, attraverso la santa intercessione dei martiri copti, di aiutarci a crescere nella comunione”.

Dopo un momento di silenzio per la preghiera ha continuato: “Chiedo a tutti i presenti di pregare Dio di benedire la visita di papa Tawadros a Roma e di proteggere l’intera Chiesa copta ortodossa. Possa questa visita avvicinarci al giorno benedetto in cui saremo uno in Cristo! “