La “ri-ordinazione” episcopale da un vescovo espulso dai lefebvriani, la costante polemica verso Papa Francesco, il progetto controverso di un seminario e compound per sacerdoti dissidenti nel viterbese, certifica l’acquisita estraneità alla Chiesa cattolica da parte di Mons. Carlo Maria Viganò.

Da meta gennaio rimbalza sui media cattolici la notizia di Mons. Carlo Maria Viganò fattosi “ri-ordinare vescovo” da Mons. Richard Williamson.

Mons. Carlo Maria Viganò, ex nunzio a Washington, è convinto che i sacramenti della riforma conciliare dal 1970 non siano validi per la messa in discussione del Vaticano II.

Questo spiega il suo gesto irrituale richiesto al più polemico e imbarazzante dei seguaci di Lefebvre.

Williamson, infatti, già appartenente alla Fraternità S. Pio X, fu uno dei tre vescovi consacrati da mons. Marcel Lefebvre nel 1988 e che ebbe come conseguenza lo scisma.

Una volta ritirata la conseguente scomunica da Benedetto XVI nel 2009, Williamson rivelò il suo negazionismo verso la Shoa e la sua vicinanza a neonazisti argentini.

Questo mise in grave imbarazzo sia la Santa Sede che i lefebvriani stessi, fino alla sua espulsione dalla Fraternità S. Pio X per insubordinazione.

Facendosi ri-consacrare, Mons. Viganò cade e fa ricadere nella scomunica latae sententiae.

Mons. Viganò si è distinto per il suo dissenso polemico a Papa Francesco, sin dall’inizio del pontificato.

Sua cassa di risonanza via internet è stata la rete tradiprotestante fruendo, a modo di addetto stampa, del pensionato giornalista Marco Tosatti.

Viganò accusa il Papa di essere «ostentatamente anticattolico ed eterogeneo rispetto all’essenza stessa del papato. Non vi è azione di costui che non suoni palesemente di rottura rispetto alla prassi e al magistero della Chiesa».

È la stessa tesi usata da P. Guérand de Lauriers (1898-1988). Prima seguace di Lefebvre e poi fondatore di un ulteriore spezzone intransigente (istituto Mater Boni Consilii), egli riteneva che Paolo VI (oggi santo) e i suoi successori, fossero in contraddizione con la missione petrina.

Ultimo colpo di scena da parte di Mons. Viganò è l’annunciata apertura del Collegium traditionis all’eremo della Palanzana di Viterbo.

 
Sostenuto dalla fondazione Exsurge Domine, fondata dallo stesso Viganò, è finalizzato a fare da seminario e ostello per giovani del dissenso cattolico.

Ci sono quattro chierici provenienti da Familia Christi, fraternità sacerdotale fondata a suo tempo da Mons. Luigi Negri e chiusa di autorità dal suo successore a Ferrara, mons. Gian Carlo Perego, per gravi insufficienze.

Nel passato sembra che avessero trovato ricovero nella struttura del viterbese anche alcuni ex studenti di un istituto francescano commissariato per le gravi derive del fondatore.

Di Exsurge Domine si conosce soltanto il nome del presidente, il conte Giuseppe Vannicelli Casoni, legato da un lunghissimo rapporto personale con monsignor Viganò.

Si imputa, inoltre, a Viganò l’ordinazione illecita di alcuni preti e ci sono voci insistenti «su una già avvenuta consacrazione episcopale».

Da definire se si tratta Mons. Viganò ha creato una setta di paranoici, una realtà scismatica in embrione o entrambe le cose.

Per Mons. Viganò, infatti, «esiste il complotto mondiale del deep state (stato profondo) e della parallela “Chiesa profonda” che perseguono l’oscuro disegno per togliere la libertà ai popoli, agli uomini e alle istituzioni». Unici resistenti – per Mons. Viganò – sarebbero Donald Trump e Vladimir Putin!

Ad intorpidire le acque della Palanzana c’è stata una campagna di fund rising per un milione e mezzo di euro.

Il fine era “il villaggio monastico” per la ristrutturazione dell’eremo a favore della monache di Pienza, realtà in rottura con il Dicastero Pontificio per la Vita Consacrata.

Sembra che queste monache, specchietto per allodole dei benefattori, non andranno più nel viterbese e i benefattori si sentono perplessi e raggirati per il cambio di destinazione di uso della struttura.

Per la cronaca, le obiezioni ai sacerdoti della Palanzana, di cui uno ordinato illecitamente da Mons. Viganò, provengono dalla Commissione Ecclesia Dei inglobata da qualche anno nel Dicastero per la Dottrina della fede.

Lo scioglimento di Familia Christi non è stato determinato per ostilità della Chiesa ufficiale alla “Tradizione”.

Si è trattato invece di problemi legati agli stili di vita, alla formazione, alla liturgia, alla disciplina ecclesiastica, agli statuti e altro ancora.

È la stessa dinamica del gruppuscolo di ex francescani ospiti alla Palanzana. 

Mons. Viganò sta quindi tentando strutturare una realtà che si autodefinisce la “vera” Chiesa in alternativa a quella “ufficiale”.

Le realtà ostili all’attuale pontificato preferiscono mantenere l’ambiguità del vittimismo, se religiosi dissidenti portare un abito simile a quello della famiglia religiosa d’origine, per attirare un numero maggiore di fedeli e mantenere anche i vecchi benefattori.

Nella costante presenza storica di lapsi ed eretici, non sempre si ha oggi il coraggio di una chiara ed ufficiale dichiarazione di intenti.

Nella foto: l’ex nunzio con l’ex cardinale McCarrick