Il Primo Ministro dell’India offre un esempio di strumentalizzazione della religione a fini politici discriminando le minoranze religiose nel Paese dalla crescita demografica più veloce del mondo.

Lunedì scorso il primo ministro Narendra Modi ha inaugurato un nuovo gigantesco tempio nella città indiana di Ayodhya, concludendo una lunga campagna in cui i nazionalisti indù hanno abbattuto una moschea secolare e l’hanno sostituita con una struttura dedicata a Ram.

Ram è una delle divinità più venerate tra gli indù indiani, che costituiscono circa l’80% di una popolazione totale di 1,4 miliardi. 

Il ministro Modi ha partecipato alle campagne per la costruzione del tempio in onore di Ram

Come eroe dell’epopea del Ramayana, è un re e un esempio di virtù, esiliato dal suo villaggio nativo Ayodhya, dove poi ritorna per un’incoronazione applaudita.

I musulmani costruirono ad Ayodhya nel 1500 la moschea di Babri. Nel 1949, subito dopo che gli inglesi se ne andarono e l’India divenne indipendente, si aprì una contesa per la presa di possesso del tempio nel villaggio del dio Ram.

Negli anni ’80, la rivendicazione del sito emerse come l’obiettivo principale del movimento Hindutva, che per cento anni ha cercato di identificare l’India multietnica con l’induismo e viceversa.

Come leader politico appena nato, Modi ha partecipato alle campagne del tempio di Ram, che hanno portato a scontri con la polizia e rivolte indù-musulmane. Le tensioni si sono ribollite nel 1992, quando circa 2.000 persone vennero uccise nella violenza settaria.

L’opinione pubblica rimase inorridita dalla distruzione di una moschea e soprattutto dalla violenza assassina che ne seguì. 

La costruzione del un nuovo tempio, poi, da propaganda politica  è diventata business commerciale. La stessa città di Ayodhya ha ottenuto un nuovo aeroporto, servizi ferroviari e importanti ammodernamenti urbani. 

I capi di alcuni partiti politici, così come alcuni leader religiosi indù, hanno rifiutato di partecipare alla cerimonia.

Naturalmente, gli indiani più moderati e i laici, vedono una parzialità del ministro Modi e una confusione blasfema che strumentalizza la religione per aumentare il consenso popolare. 

I 200 milioni di cittadini musulmani dell’India vengono discriminati e penalizzati e questa non è una vera democrazia nel Paese che si prepara al sorpasso demografico sulla Cina.