“Il sentiero dei nidi di ragno”, l’opera prima di Italo Calvino, è la metafora del percorso travagliato del nostro Paese per liberarsi dal nazifascismo.

L’immagine dell’osteria fumosa e viola è il luogo dei “grandi” nell’immaginario di Pin, il protagonista bambino del romanzo.

Il piccolo uomo gioca ad imitare gli atteggiamenti e i discorsi di cui non comprende bene il significato, ma in cui di fatto non si fa che sottolineare la sua solitudine profonda, il suo profondo senso di insoddisfazione, “nebbia di solitudine che si condensa nel petto”.

Alle volte occorre mitigare la crudezza della realtà e filtrarla con gli occhi di un bambino per coglierne quell’essenziale invisibile come direbbe ancora Antoine de Saint-Exupéry nell’orizzonte distopico de’ “Il Piccolo Principe”.

L’aracnea insidiosa di intrighi e conflitti tra le differenti fazioni di partigiani e repubblichini, nazisti e uomini qualunque, eroi ed antieroi non si è estinta dai palazzi del potere, nella calviniana fumosa osteria di un pensiero polarizzato e revisionista su un passato reale che non c’è più.

Con Giorgia Meloni al governo, erede della Fiamma tricolore, non sono mancate le polemiche sulla celebrazione del 25 Aprile, come se la Resistenza fosse stata solo l’affare dei comunisti.

L’essenziale invisibile agli occhi di quel momento storico e doloroso che il nostro paese attraversò, fu l’aspirazione alla libertà.

Il processo democratico e l’elaborazione della Costituzione rappresentarono la panacea o il placebo di guarigione per quelle ferite che ogni dittatura e ogni guerra comporta con il vento di rapina delle giovani vite.

In Italia le formazioni partigiane si costituirono nel corso della Seconda Guerra Mondiale, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, per iniziativa di antifascisti e di militari del dissolto regio esercito. Inizialmente composta da poche migliaia di uomini, la Resistenza assunse consistenza grazie alla vasta partecipazione di operai, contadini e dei giovani renitenti alla leva della Repubblica di Salò che portarono nell’esercito partigiano circa 300.000 persone.

La Resistenza fu rossa, ma anche bianca. Fu comunista, ma anche cattolica.

È un peccato aver ingabbiato la festa del 25 Aprile del 2023 nel revisionismo storico che rifiuta l’antifascismo, o dell’antilingua – per dirla sempre con Italo Calvino – che ribattezza i partigiani con il nome di patrioti.

Le violenze si consumarono nei due schieramenti, morirono per mano dei partigiani comunisti persone innocenti, preti e seminaristi come Rolando Rivi, ma questa è la grande bruttezza: “Qué cosa más mala es la guerra“?

Se non c’è nulla di più brutto e crudele della guerra, per la perdita delle vite umane e per la perdita della bilancia della giustizia e il lume della ragione, non si capisce perché si continui la corsa agli armamenti, si incentivi la spesa per le armi, si continui ad alimentare quel mostro nel cuore dell’Europa che è il conflitto tra Russia e Ucraina.

Noi europei nel 2022 siamo arrivati a spendere più di quanto spendessimo alla vigilia della caduta del Muro di Berlino: circa 345 miliardi di dollari.

È questo il domani che vogliamo per noi e per i nostri figli e le nostre figlie, per l’umanità di cui siamo parte?

È questo il prezzo pagato dai nostri nonni e padri per la “liberazione”?