Nell’omelia ai funerali di Papa Francesco, il Cardinale Giovanni Battista Re ha tracciato l’eredità viva del Pontefice argentino: un pastore che ha scelto di abbattere muri e costruire ponti.
Con voce intensa, il decano del Collegio cardinalizio ha ricordato il Francesco gesuita, arcivescovo della metropoli di Buenos Aires, Papa della misericordia e degli ultimi.
Una figura capace di toccare i cuori con il Vangelo della fraternità, senza chiudersi nella fortezza della dottrina, ma aprendosi alle periferie del mondo: migranti, poveri, scartati.
Chiaro anche il monito politico: «Costruire ponti e non muri», in implicito riferimento a Donald Trump e a tutti i leader tentati dall’isolazionismo.
Il messaggio lasciato in eredità a tutta la Chiesa e al suo successore è netto: non si torna indietro.
La Chiesa di Francesco è una casa dalle porte aperte, un ospedale da campo, una madre per ogni uomo, senza esclusioni.
Adesso — ha detto Re — «è Francesco a pregare per noi».