Silvio Berlusconi si è spento alle 9:30 di questa mattina al San Raffaele di Milano. Aveva 86 anni. Curava una leucemia cronica. 

IL POLITICO

Lo ricordiamo innanzitutto come politico nel suo messaggio-manifesto quando a metà degli anni Ottanta decise di scendere in campo fondando il partito “Forza Italia”.

Questa fu la sua dichiarazione d’intenti: 

“L’Italia è il paese che amo. Qui ho le mie radici. Le mie speranze, i miei orizzonti. Io ho imparato da mio padre e dalla vita il mio mestiere di imprenditore. Qui ho anche appreso la passione per la libertà. Ho scelto di scendere in campo. E di occuparmi della cosa pubblica. Perché non voglio vivere in un paese illiberale, governato da forze immature. E da uomini legati a doppio filo a un passato politicamente ed economicamente fallimentare”.

Tale manifesto, come in una legge della matematica, dopo trent’anni conserva il suo ethos profetico applicabile però alle attuali forze al governo: invertendo gli addendi, il risultato non cambia. 

Con la fondazione del partito di centrodestra Forza Italia ereditò i voti dei moderati, dei cattolici e dei liberali dalle ceneri di Tangentopoli.

Alleatosi con la Lega e con Alleanza Nazionale coagulò i voti più estremi del Nord e del Sud del Paese.

È stato quattro volte Presidente del Consiglio.

Nel 2011 dovette uscire di scena per lo spread altissimo causato da una guerriglia ai danni dell’Italia dell’asse Merkel-Sarkozy, complice le gaffes del Cavaliere e la sua vicinanza con Putin.

Condannato per frode fiscale, dopo l’impeachment come senatore a causa della Legge Severino, riuscì a ricandidarsi e a ritornare in sella nel mondo politico.

Indomito tentò invano la scalata al Quirinale. 

La sua immagine era troppo offuscata per la statura istituzionale da Presidente della Repubblica.

È caduto in piedi, come presidente del suo partito, senza essere riuscito – volutamente – a formare o designare un successore.

Come per tutti i narcisisti, molte delle sue opere scompariranno con la sua morte. 

L’IMPRENDITORE

Industriale brillante ha incarnato in Italia il sogno del successo americano. 

Fu insignito del titolo di cavaliere del lavoro e di «Sua Emittenza».

È il classico uomo che si è fatto da sé, benché molto gli siano valse le amicizie influenti.

Iscritto alla P2 – più formalmente che fattualmente – conobbe uno sviluppo esponenziale nella produttività edilizia concependo e costruendo presso Segrate il quartiere di Milano 2.

Voci maligne dicono che profittando dell’autoesilio di Bettino Craxi in Tunisia, trattenne per sé e i suoi affari il tesoretto affidatogli dall’amico socialista.

Altrettante voci, questa volta più autorevoli, hanno parlato di vicinanza ad ambienti mafiosi.

Marcello Dell’Utri, cofondatore di Forza Italia, venne condannato a sette anni di reclusione per associazione esterna di stampo mafioso.

Vittorio Mangano, pluriomicida e agente al Nord di Cosa Nostra, lavorò come “stalliere” nella sua villa di Arcore.

Utile alla propaganda politica fu l’acquisto del Milan. Con lui come presidente e Arrigo Sacchi come allenatore, in otto anni la squadra vinse praticamente tutto in Italia e all’estero.

Chiusa questa parentesi, sempre con l’amico Galliani, ha rilevato pochi anni fa il Monza portandolo dalla serie C alla serie A.

Sempre funzionale alla politica, investì anche nell’emittenza privata e nell’editoria. 

Da una TV via cavo che raggiungeva solo 20 mila utenti, riuscì ad avere un canale etere diventato poi la rete nazionale Canale 5 all’interno di quello che sarebbe stato più tardi il gruppo Mediaset in concorrenza alla RAI.

Nella sua scalata editoriale, acquistò il gruppo Mondadori e il quotidiano il Giornale. 

Ha contribuito negli anni Ottanta al cambio di costume degli italiani introducendo la TV trash, il giornalismo scandalistico, il reality show, il salotto televisivo, il gossip sullo schermo, la commedia all’italiana in TV. 

L’UOMO

Figlio di persone oneste e laboriose, formato nelle scuole dei Salesiani, studente lavoratore, creativo politico ed imprenditore, ha conosciuto luci e ombre.

L’unicità del suo essere lo ha reso forse prigioniero del suo personaggio.

La sua vita sentimentale è stata abbastanza tormentata.

Cinque figli avuti da due matrimoni e altrettanti divorzi.

Ricerca di emozioni, compagnia di donne avvenenti e profittatrici capaci di spillargli soldi, alloggio e posti politici inaugurando la cosiddetta «mignottocrazia».

La saga, dai toni epico-strumentali, dei processi giudiziari che dovette affrontare, vedevano il singolar tenzone tra il Pubblico Ministero Ilda Boccassini e l’avvocato Niccolò Ghedini come difensore.

L’espediente della prescrizione lo ha salvato da possibili condanne in diversi procedimenti, tranne qualche mese ai servizi sociali per frode fiscale, l’unica imputazione passata in giudicato.

Il governo italiano ha proclamato il lutto nazionale fino a mercoledì, giorno dei funerali.

Papa Francesco ha inviato un telegramma di condoglianze alla famiglia di Silvio Berlusconi per la scomparsa dell’ex premier, «un protagonista della vita politica italiana, che ha ricoperto pubbliche responsabilità con tempra energica».

Berlusconi era una persona vicina alla gente, molto generoso e munifico.

Qualcuno parla addirittura di una sua longa (e larga) manus beneficente sulle emittenti brianzole come Radio Maria e Radio Mater.

Odiato e amato dagli italiani ha incarnato la schizofrenia sociale e politica del Paese.

La ministra pro life Eugenia Roccella lo ricorda per il caso Englaro, la ragazza in stato vegetativo alla quale fu sospesa l’alimentazione e l’idratazione per colpa del non intervento dell’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

Quando tutti i sondaggi erano avversi, con la prospettiva di uno scontro istituzionale senza precedenti, Silvio firmò il decreto che avrebbe potuto salvare la vita di Eluana. E me lo disse – racconta la Roccella -con le parole più umane, che non dimenticherò. «Eugenia, quello che sta accadendo a Eluana non lo farei mai a una figlia mia!».

È in un’analisi onesta e complessa che si deve ricordare la figura controversa di Silvio Berlusconi.

A lui si addice quanto il Manzoni ebbe a comporre per il grande Napoleone:

Tu dalle stanche ceneri
Sperdi ogni ria parola:
Il Dio che atterra e suscita,
Che affanna e che consola,
Sulla deserta coltrice
Accanto a lui posò.

Tu (Fede) allontana dalle ceneri di quest’uomo ogni parola maligna: il Dio che atterra e rialza, che dà dolori e consola si è posto accanto a lui, per consolarlo nel momento solitario della sua morte.