Episodi di violenza continuano a interessare tifoserie di calcio avversarie fuori e dentro lo stadio.

Gli studiosi di sociologia e di psicologia sociale individuano nel calcio un privilegiato laboratorio di ricerca.

In linguaggio metaforico la partita di pallone è come una guerra stilizzata e miniaturizzata.

Ogni sport di squadra ha la grandezza di esposizione alla violenza direttamente proporzionale alla sua popolarità.

Da primi studi psichiatrici con Harrington, si è passati ad un approccio sociologico con Taylor.

Se nel passato la violenza – intanto verbale – era rivolta al direttore di gara, ai dirigenti societari e ai calciatori, col tempo la violenza si è sempre più diffusa tra gli stessi tifosi benché la prima «scazzottata» di cui si ha notizia ufficiale in Italia fu quella tra tifosi del Genoa e dell’Internazionale in occasione del primo torneo federale disputato l’8 maggio 1898.

Negli scontri tra tifoserie c’è purtroppo scappato anche il morto sugli spalti o sulle strade che conducevano ai tornelli fino alle stragi degli holigans inglesi allo stadio dell’Heysel nel 1984 e dell’Hillsborough nel 1989.

La violenza negli stadi è dunque un fenomeno globalizzato.

Nel calcio insiste un’ulteriore serie di fattori che lo rendono uno sport particolarmente esposto allo svilupparsi di atti violenti: è uno sport di squadra, si associa ad un sentimento di appartenenza ad una comunità̀ e rappresenta un conflitto.

Gli studiosi Serra e Pili, affermano che «le curve possono essere considerate lo specchio del Paese», per cui in esse si mescolano disagi e tendenze politiche che nulla hanno a che fare con il calcio, ma che sono forti nel tessuto sociale.

Sorprendente è il caso di Napoli, una città che sembra uno stadio aperto e che vive in simbiosi con i colori della sua squadra.

La stagione 2022/23 è stata strepitosa sul piano tecnico, agonistico e realizzativo permettendo al Napoli dell’allenatore Spalletti di essere capolista a venti punti di distacco dalla seconda e a meno di dieci partite dalla fine del campionato.

Nella quasi certezza di uno scudetto che ritorna al Napoli dopo oltre trent’anni è iniziato un braccio di ferro tra il presidente Aurelio Del Laurentis e la tifoseria della curva B accomunati da arrogante narcisismo.

Il successo sportivo stimola l’ebbrezza del protagonismo che spesso si traduce in arroganza sulla condotta da tenere sugli spalti e sul modo con il quale condurre i festeggiamenti in città.

A pagarne le spese sono i cosiddetti tifosi della porta accanto che coincidono nella stragrande maggioranza negli allegri e creativi cittadini del capoluogo campano.

Nella speranza che le tensioni e le incomprensioni trovino un alleggerimento con la complicità pedagogica di qualche rara e salutare sconfitta già subita in casa, ben più grave risulta un altro fenomeno da tifo.

Nella gara di andata di Coppa Italia tra Juventus e Inter i tifosi bianconeri hanno iniziato ad insultare il centravanti interista Romeleu Lukaku.

Dopo aver finalizzato in rete un calcio di rigore ottenuto allo scadere del tempo di recupero si è visto motteggiare con l’imitazione del verso della scimmia ed epiteti razzisti essendo di pelle nera.

La deriva xenofoba di molte tifoserie testimonia l’intolleranza e il fastidio manifestati da qualche sacca infetta della società ma anche più semplicemente la frustrazione e la rabbia di quando si vengono disattese le speranze del pre-partita.

Lo sport è un potente strumento sociale, capace di promuovere l’integrazione sociale e lo sviluppo economico in contesti geografici, culturali e politici diversi, nonché di diffondere ideali e valori fondamentali come pace, fraternità, solidarietà, non-violenza, tolleranza e giustizia.

Lo sport offre a chiunque lo pratichi un contesto di incontro fisico e simbolico con l’altro.
L’altro è chi gareggia al nostro fianco, quello che suda con noi, soffre, gioisce, si arrabbia o ci delude se non affronta al meglio il raggiungimento dell’obbiettivo finale.

L’altro e la nostra interconnessione con gli altri sono le condizioni imprescindibili affinché la pratica sportiva abbia vita.