Lo sport diventa pretesto per l’odio ideologico. Ma la giustizia, stavolta, ha un volto giovane: quello di chi ha parlato

Un pullman, un sasso, una vita spezzata. L’autista Raffaele Marianella, 65 anni, è morto colpito al volto da una pietra lanciata da un gruppo di ultrà neofascisti dopo una partita di basket. Tre giovani militanti dell’estrema destra sono stati fermati grazie alla testimonianza coraggiosa di un minorenne che ha scelto di non tacere. Dietro l’agguato, la degenerazione di un fanatismo politico che usa lo sport come maschera per la violenza, trasformando le curve in luoghi d’odio e la passione in arma.

Domenica 20 ottobre 2025. Un pomeriggio di sport si è trasformato in tragedia: nel ritorno dal campo, un pullman che trasportava i tifosi della squadra Pistoia Basket 2000 è stato bersaglio di un assalto con pietre, sassi e mattoni. L’autista di scorta — il signor Raffaele Marianella, 65 anni — non era al volante: era il secondo conducente sul bus. Ma un sasso lo ha colpito al volto, sfondando il parabrezza e causando una ferita letale. «Sarò sempre nel cuore», ha scritto la figlia Federica.  

Secondo le ricostruzioni degli inquirenti, l’attacco è avvenuto sulla superstrada Rieti-Terni, nei pressi dell’uscita di Contigliano, subito dopo una partita tra Pistoia e RSR Sebastiani Basket Rieti. Alcuni tifosi della squadra locale avrebbero inseguito il pullman per chilometri, prima di scatenare una sassaiola che ha infranto il vetro e ferito mortalmente Marianella.  

La polizia di Rieti ha individuato tre persone arrestate per omicidio volontario in concorso, tutte riconducibili a movimenti ultras di estrema destra legati alla “Curva Terminillo” del club di Rieti: Manuel Fortuna (31 anni), Kevin Pellecchia (20 anni) e Alessandro Barberini (53 anni). Su due di loro, sui loro profili social saltano subito fuori simboli fascisti, foto di Mussolini, musica e slogan d’odio.  

Il fatto che una testimonianza raccolta — in particolare quella di un minorenne presente sull’autobus — abbia permesso di ricostruire l’agguato e dare alla polizia una direzione investigativa precisa aggiunge un peso ulteriore a questa vicenda: non più solo “gara finita male”, ma azione organizzata, premeditata e ideologica.

Le autorità hanno aperto un’inchiesta per omicidio volontario e stanno verificando chat e gruppi WhatsApp dove i protagonisti avrebbero pianificato la cosiddetta “missione punitiva” contro il bus avversario.  

Lo sport — che dovrebbe unire, colorare la città di passione sana — è diventato teatro di odio politico, violenza squadrista e tentativo di morte. Il ministro dello Sport, Andrea Abodi, ha condannato l’episodio come “una ferita gravissima al mondo dello sport e della civiltà”.  

Le responsabilità collettive

Non è solo la mano che ha scagliato il mattone ad essere colpevole, ma un intero sistema che ha lasciato crescere l’ideologia della violenza come linguaggio dello stadio. Le tifoserie “ultras” di estrema destra — con i loro simboli, le loro provocazioni e il disprezzo per l’altro — usano il calcio e il basket come palcoscenico per manifestare una violenza culturale che diventa fisica.

Le squadre coinvolte, i presidenti, le istituzioni locali devono fare i conti: la partita non è finita con il fischio, ma in molti casi incomincia dopo, dove non si contano i punti ma le curve dell’odio. Il mondo dello sport, se vuole essere ancora testimonianza di comunità, deve togliersi la maschera dell’indifferenza.

La memoria e la speranza

In ricordo di Raffaele Marianella, la società Pistoia Basket ha sospeso ogni iniziativa ludica e indosserà il lutto fino alla conclusione dell’inchiesta. Gli ultras coinvolti non possono restare solo nomi su un verbale: questa morte reclama verità, giustizia e riforma culturale.

La violenza è contagiosa. Ma la memoria può spezzare la catena. Lo sport può tornare a essere festa se ciascuno accoglie la propria parte di responsabilità: dall’autorità pubblica agli spettatori, fino al singolo che sceglie di non essere complici del silenzio.


“Non c’è gioco se non c’è rispetto; non c’è squadra se non c’è fratellanza; non c’è vittoria se non è comune.”

In questo giorno, il tabellone dello sport registra una perdita irreparabile — ma l’arresto, la testimonianza del minorenne e la reazione civile possono essere l’inizio di una nuova partita: dove la passione non uccide, ma unisce.