Il rapporto della XVI Assemblea del Sinodo dei Vescovi è stato pubblicato sabato 28 ottobre la sera, dopo il voto dei partecipanti. Senza approvare alcun cambiamento effettivo, il documento disegna una Chiesa più ‘inclusiva’, dove la sinodalità è eretta come parola chiave.

Verso le 20:30, di sabato 28 ottobre, Papa Francesco conclude, dopo una breve preghiera, i lavori della XVI Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi in Vaticano. 

Nella sala Paolo VI, i partecipanti sono in piedi e applaudono calorosamente il punto finale di un lungo mese di lavori. 

Le 42 pagine del rapporto finale si dividono in tre parti: sinodalità, missione e comunità ecclesiale. 

È un documento che specifica i contorni di una Chiesa dove ogni fedele deve trovare l’accoglienza e farsi coinvolgere nelle sue decisioni; una Chiesa aperta ai poveri, ai feriti e al mondo.

Dettaglia le opinioni, le questioni da affrontare e formula 81 proposte che per la maggior parte dovranno essere decise nel prossimo Sinodo dei Vescovi, nell’ottobre 2024.

“I profeti della sventura”, coloro cioè che parlavano di sacerdozio femminile, matrimoni omosessuali e revisione del celibato dei preti come minacce dei novatores, sono rimasti delusi poiché neanche se ne è discusso più di tanto.

Il posto delle donne

Il posto delle donne, a cui è dedicato un intero capitolo, è oggetto di numerose proposte: lotta contro la discriminazione sul lavoro all’interno della Chiesa, accesso ampliato alle responsabilità e alla formazione teologica, evoluzione verso un linguaggio più inclusivo.

La proposta di continuare “la ricerca teologica e pastorale sull’accesso delle donne al diaconato”ha invece raccolto il maggior numero di voti contrari (67). 

Un altro punto che ha suscitato polemiche nelle sue ultime settimane: il celibato dei sacerdoti. 

Eppure, nessuna proposta su questo punto dovrebbe essere nel menu delle discussioni del prossimo Sinodo. 

L’unico paragrafo che sorvola l’argomento è stato contestato (55 voti contrari).

“Sono state espresse diverse valutazioni”, indica laconicamente il documento.“Questo non è un tema nuovo, che deve essere approfondito”,si legge, senza ulteriori chiarimenti.

Allo stesso modo, quasi nessuna menzione è fatta dell’omosessualità o delle persone LGBT.

 “L’identità di genere” “l’orientamento sessuale”sono evocati solo accanto all’intelligenza artificiale o alla fine della vita per parlare di controversie nella società o per “promuovere iniziative che consentano un discernimento condiviso su questioni dottrinali, pastorali ed etiche controverse”. 

Plebiscito della sinodalità

Più in generale, le conclusioni del Sinodo consacrano il metodo desiderato da Papa Francesco per riformare il processo decisionale nella Chiesa. 

In primo luogo, la sinodalità deve essere rafforzata con “l’allargamento del numero di persone coinvolte nei processi sinodali”,superando le resistenze di alcuni cattolici, per irrigare l’intera struttura ecclesiale. 

Una revisione del Codice di diritto canonico è così prevista per ridefinire e chiarire il posto della sinodalità nella Chiesa.

Poi, il Sinodo ha votato per l’adozione della “conversazione nello Spirito”– questo metodo di discernimento adottato durante gli scambi nella sala Paolo-VI – in tutta la Chiesa cattolica, tenendo conto delle peculiarità culturali.

“In una Chiesa molto divisa, l’apprendimento dell’ascolto reciproco è un segnale forte, un successo, si rallegra il teologo gesuita Christoph Theobald, anch’egli membro dell’Assemblea.

Conclusioni definitive tra un anno

Altro tema caro al Papa e ampiamente ripreso durante i dibattiti, l’attenzione della Chiesa ai poveri è stata oggetto di un lungo capitolo, risalito tra i primi rispetto alla prima versione del documento. Poveri che chiedono “amore alla Chiesa”e che assumono diversi volti: “coloro che non hanno il necessario per condurre una vita dignitosa”, “migranti e rifugiati”, “popoli indigeni, originari e afro-discendenti”, vittime di abusi, razzismo, sfruttamentoeconomico”,anzianivulnerabili”…I partecipanti al Sinodo propongono in particolare di far conoscere meglio la dottrina sociale della Chiesa o di ripensare il diaconato.

Per mettere in atto tutte queste piccole rivoluzioni, il rapporto traccia diverse strade per rimodellare le strutture della Chiesa e renderla più all’ascolto della base, con l’obbligo per i vescovi di creare un consiglio pastorale diocesano e il rafforzamento delle Assemblee continentali, come il ruolo delle province sotto la responsabilità dell’arcivescovo. 

L’obiettivo dichiarato è quello di promuovere la sinodalità ovunque.

 “L’accento è posto su un’ecclesiologia meno universalista, decifra un altro esperto presente al Sinodo.In linea con il Vaticano II, è un modo di affrontare la Chiesa dalla base, dalla comunione delle Chiese locali, in cui il vescovo di Roma rimane il garante dell’universalità e della diversità”.

“Cosa dovremmo cambiare affinché coloro che si sentono esclusi possano sperimentare una Chiesa più accogliente?”, interrogano così i padri e le madri sinodali. 

L’ascolto e l’accompagnamento non sono solo iniziative individuali, ma una forma di azione ecclesiale.

Questo Sinodo disegna una Chiesa cattolica che ama accogliere meglio che condannare, ma che si rifiuta al pericoloso esercizio di toccare il dogma.

Le conclusioni dell’Assemblea sinodale devono ora essere inviate di nuovo alle Chiese locali, ha detto il cardinale Jean-Claude Hollerich, relatore generale del Sinodo dei Vescovi, durante la presentazione del rapporto.

“Saranno condotte ricerche canoniche, teologiche e pastorali” nei prossimi undici mesi sui temi trattati, ha aggiunto. Prima che i dibattiti tornino in Vaticano e il Papa tragga le conclusioni definitive da un processo di quattro anni.