La recente visita ufficiale di Re Carlo III e della regina Camilla a Roma ha rinsaldato i legami di lunga data tra Italia e Regno Unito, celebrando i valori comuni della cultura, della democrazia parlamentare e della cooperazione industriale. Tuttavia, se il protocollo impone i sorrisi, la storia impone la memoria. E nel dialogo tra due nazioni antiche e complesse come l’Italia e la Gran Bretagna, non si può parlare di alleanza senza confrontarsi anche con le ombre del passato.
L’Unità d’Italia e l’ombra britannica
Re Carlo, secondo quanto riportato da ambienti diplomatici, avrebbe espresso “grande apprezzamento per la cultura italiana” ma anche consapevolezza della storica ingerenza inglese nel processo risorgimentale. È un dato ormai acquisito dagli studi storici che l’Inghilterra di Lord Palmerston e del Foreign Office giocò un ruolo determinante nel sostegno indiretto alla spedizione dei Mille e nel logoramento del Regno delle Due Sicilie.
Le lettere di William Temple, diplomatico britannico a Napoli, e i dispacci di Hudson a Torino confermano il favore per l’unificazione italiana sotto casa Savoia, percepita come garanzia di un’Italia “contenuta” e amica del liberalismo britannico (cfr. D. Mack Smith, Il Risorgimento italiano, Laterza, 1970).
La flotta britannica ancorata a largo di Palermo nel 1860, ufficialmente neutrale, fu per Garibaldi un ombrello strategico. E dopo l’annessione, il Mezzogiorno subì un repentino collasso economico, aggravato da politiche centraliste e repressione militare, che alcuni storici meridionalisti definiscono “colonizzazione interna” (P. Bevilacqua,Sud: il secolo lungo, Donzelli, 1998).
I retroscena del dopoguerra: Mattei, sanzioni e golpe inglese
La memoria storica deve abbracciare anche il XX secolo. L’Italia del dopoguerra fu terreno di scontro silenzioso tra le potenze anglosassoni. Se gli Stati Uniti si mostrarono, con il Piano Marshall, più aperti alla ricostruzione industriale italiana, il Regno Unito impose sanzioni economiche molto severe (F. Romero, Storia della guerra fredda, Laterza, 2009).
E non mancano i sospetti – mai completamente chiariti – sulla morte di Enrico Mattei, fondatore dell’ENI, avvenuta nel 1962 in un incidente aereo che alcuni legano a interessi contrari all’indipendenza energetica italiana. Tra questi, anche poteri legati a compagnie britanniche come la BP, in competizione con Mattei nel Medio Oriente (cfr. N. Tranfaglia, La mafia come metodo, Bompiani, 2008).
Durante gli anni ’70, nel contesto della strategia della tensione, furono diffusi in ambienti politici italiani timori di un “golpe inglese”, ovvero di pressioni di ambienti angloamericani contrari a governi di centrosinistra o con aperture ai comunisti. Non si trattava di mere suggestioni complottiste, ma di timori legati all’autonomia italiana in politica estera e al rapporto privilegiato con la Libia di Gheddafi e i Paesi del Patto di Varsavia (A. Giannuli, Come funzionano i servizi segreti, Ponte alle Grazie, 2009).
Sicilia 1943: il disprezzo dei manuali militari
Un altro episodio poco noto, ma significativo, riguarda lo sbarco alleato in Sicilia nel luglio 1943. I manuali distribuiti ai soldati britannici – tra cui il famigerato A Short Guide to Italy – presentavano un ritratto degli italiani come popolo “emotivo, disorganizzato, scarsamente affidabile”, frutto di una retorica colonialista che sopravviveva nell’élite britannica nonostante la comune matrice europea. Un contrasto grottesco, considerando che quando Roma era centro di civiltà giuridica, la Britannia era ancora una provincia remota (Vedi M. Knox, Common Destiny: Dictatorship, Foreign Policy, and War in Fascist Italy and Nazi Germany, Cambridge Univ. Press, 2000).
Soft power e relazioni culturali asimmetriche
Se oggi la collaborazione industriale tra Italia e UK è esemplare – si pensi al progetto GCAP (Global Combat Air Programme), il caccia di sesta generazione sviluppato con Giappone e Regno Unito – resta comunque uno squilibrio comunicativo e simbolico.
- I media italiani dedicano ampio spazio alla monarchia britannica, spesso in toni acritici, anche quando le vicende riguardano gossip o cerimoniale.
- L’inglese si è imposto come lingua universale in quasi tutti i settori, dalla scienza alla diplomazia, in parte per meriti storici, ma anche per una egemonia culturale sostenuta da investimenti e lobbying capillari (J. Nye, Soft Power: The Means to Success in World Politics, PublicAffairs, 2004).
Anche questo è frutto di una colonizzazione culturale mai bilanciata, in cui l’Italia appare spesso più consumatrice che esportatrice di immaginario.
Diplomazia e verità
L’amicizia tra Regno Unito e Italia è importante e va coltivata, specie in un’epoca di transizioni globali e tensioni geopolitiche. Ma non può essere fondata sulla rimozione della memoria, né sulla narrazione unilaterale di una storia fatta solo di alleanze.
La visita di Re Carlo III può segnare un nuovo inizio, ma solo se accompagnata dal coraggio di riconoscere che tra le rose della diplomazia ci sono anche spine storiche da rispettare.