La globalizzazione consisteva nell’integrazione di visioni del mondo, prodotti, idee e culture. Questo si adattava a una teoria accademica che circolava in giro, la cosiddetta “teoria della modernizzazione”. L’idea era che, man mano che i paesi si sviluppavano, sarebbero stati più simili all’Occidente, che si era già modernizzato.
Nella conversazione pubblica generale, a volte si presumeva che i paesi di tutto il mondo avrebbero ammirato il successo delle democrazie occidentali e cercato di imitarle.
A volte si presumeva che, in quanto persone “modernizzate”, sarebbero diventate più borghesi, consumiste e pacifiche.
Man mano che le società si modernizzavano, sarebbero diventate più laiche, come in Europa e in alcune parti degli Stati Uniti.
Sarebbero state più mosse dal desiderio di fare soldi che dal desiderio di conquistare gli altri.
Avrebbe prevalso il desiderio di urbanizzarsi piuttosto che la sequela di ideologie fanatiche, messianiche e imperialiste che hanno condannato l’umanità a secoli di guerre.
Era questa una visione ottimista di come si sarebbe evoluta la storia, una visione di progresso e convergenza.
Sfortunatamente, questa visione non corrisponde al mondo in cui viviamo oggi.
Il processo di globalizzazione è rallentato, e in alcuni casi ha iniziato una marcia nella direzione opposta.
L’invasione russa dell’Ucraina rivela questa tendenza.
Mentre la coraggiosa lotta dell’Ucraina contro l’aggressione imperialista russa è stimolante per l’Occidente, buona parte del mondo rimane impassibile, e c’è persino chi simpatizza con Vladimir Putin.
Naturalmente, la globalizzazione, per quanto riguarda i flussi commerciali, continuerà.
Ma la globalizzazione come logica trainante degli affari mondiali sembra essere finita.
Le rivalità economiche si sono ora mescolate con rivalità politiche, morali e di altro tipo in una competizione globale per il predominio.
Ci sono oggi forze molto più profonde dell’egoismo economico e politico che stanno guidando gli eventi e portando la storia in direzioni estremamente imprevedibili.
In primo luogo, ciò che in gran parte muove gli esseri umani è il thymos.
Si tratta del voler essere presi in considerazione, rispettati e apprezzati.
Se alla gente dai l’impressione che non è presa in considerazione, né rispettata, né apprezzata, si arrabbia e diventa dispettosa e vendicativa.
Percepirà questo abbandono come un’ingiustizia e reagirà con un’indignazione aggressiva.
La politica globale ha funzionato negli ultimi decenni come un’enorme macchina di disuguaglianza sociale.
In un paese dopo l’altro, sono emersi gruppi di potere per padroneggiare i media, le università, la cultura e spesso il potere politico.
Grandi settori della popolazione si sentono sminuiti e ignorati.
Volta per volta sono emersi leader populisti per sfruttare questo risentimento: Donald Trump negli Stati Uniti, Narendra Modi in India o Marine Le Pen in Francia.
In secondo luogo, la maggior parte delle persone mantiene ancora una forte lealtà all’istituzione e alla nazione.
Negli ultimi decenni, molte persone si sono sentite tradite dal datore di lavoro e il loro onore nazionale è stato minacciato.
Al culmine della globalizzazione, sembrava che le organizzazioni multilaterali e le corporazioni mondiali stessero eclissando le nazioni-Stato.
Sono così emersi movimenti di forte tendenza nazionalista per insistere sulla sovranità nazionale e ripristinare l’orgoglio nazionale: Modi in India, Recep Tayyip Erdogan in Turchia, Trump negli Stati Uniti, Boris Johnson in Gran Bretagna, Salvini e Meloni in Italia.
Molti globalisti hanno completamente sottovalutato il potere del nazionalismo per dirigere la storia.
In terzo luogo, le persone si muovono per desideri morali.
Tanti si sono sentiti aggrediti dalla globalizzazione.
Dopo la guerra fredda, i valori occidentali finirono per dominare il mondo attraverso i film di Hollywood, la musica rock, i talk show politici e i social media.
Una teoria della globalizzazione era che la cultura mondiale avrebbe ruotato intorno ai valori liberali.
Nel frattempo, altri governanti autoritari come Putin e Xi Jinping hanno praticato la politica del risentimento su scala globale.
Hanno dichiarato “guerra” contro l’Occidente.
Putin racconta storie di umiliazioni dell’Occidente contro la Russia negli anni Novanta. Promette un ritorno all’eccellenza russa e alla gloria russa. Ucraina docet.
La Russia vuole rivendicare un ormai improbabile ruolo di primo piano nella storia mondiale.
I leader cinesi, dal canto loro, parlano del “secolo di umiliazione”.
Si lamentano del modo in cui gli arroganti occidentali cercano di imporre i loro valori a tutti gli altri.
Anche se la Cina potrebbe consolidare il suo primato economico nel mondo, Xi ne parla ancora come se fosse un paese in via di sviluppo.
Il fatto è che i valori occidentali non sono i valori del mondo.
L’Occidente è un fenomeno culturale completamente a parte.
Benché l’acronimo in inglese WEIRD significhi: Occidente, istruzione, industria, ricchezza e democrazia, le persone WEIRD sono molto individualiste, ossessionate da sé stesse e orientate al controllo, molto anticonformiste e analitiche.
Regimi autoritari, che nel mondo rappresentano il 60% del governo degli Stati, stanno investendo in istruzione e in tecnologia più delle democrazie liberali.
I Paesi più poveri trovano ridicola e incomprensibile l’agenda dei diritti LGBTAIQ+.
Se a questo si aggiunge l’instabilità delle democrazie occidentali con l’assalto al Campidoglio dei trumpiani o al Planalto di Brasilia da parte dei bolsonaristi, la polpetta avvelenata all’egemonia occidentale è servita.
Se la Corea fu il primo grande campo di battaglia della guerra fredda, l’Ucraina potrebbe essere il primo campo di battaglia in quella che si rivela essere una lunga lotta tra sistemi politici diametralmente opposti.
Sta succedendo qualcosa di maggiore profondità, diverso dalle grandi lotte di potere del passato, diverso dalla Guerra Fredda.
Questo non è solo un conflitto politico o economico.
È un conflitto che riguarda la politica, l’economia, la cultura, lo status, la psicologia, la morale e la religione, tutto allo stesso tempo.
Più specificamente, è un rifiuto di centinaia di milioni di persone su una varietà di fronti dello stile occidentale di fare le cose.
Per definire questo conflitto nel modo più generoso, direi che si tratta della differenza tra l’enfasi dell’Occidente sulla dignità della persona e l’enfasi del resto del mondo sulla coesione della comunità.
È una guerra culturale.
Come si fa a vincere una guerra culturale che contrappone i gay pride alle armi nucleari?
Occorre umiltà e fiducia.
L’Occidente deve riconoscere i propri limiti e i propri sbagli nel sua visione dell’uomo e della società.
Deve tuttavia essere consapevole dell’eredità morale e culturale che lo ha costruito.
Occorre quindi concentrarsi sulle radici che hanno costruito il cosiddetto Occidente: riconoscere, riformare, difendere e condividere i valori che, per onestà intellettuale si riassumono nella civiltà cristiana.
Un articolo dal grande spessore culturale in una guerra culturale. Molto interessante!