Una storia di emigrazione, cambiamenti e misericordia alle radici della vocazione del Papa. Come nella genealogia di Gesù, che passa anche da Davide, Dio opera attraverso storie ferite ma feconde.

Una scoperta che parte da Milazzo, sulla costa tirrenica della Sicilia, e arriva fino a Roma. In questi giorni, la stampa siciliana – a partire da Gazzetta del Sud – ha rilanciato una notizia che commuove e incuriosisce: il nonno paterno di Papa Leone XIV, Salvatore Giovanni Riggitano, nacque proprio a Milazzo il 24 giugno 1876, in via Ottaviano, da Santi Riggitano e Maria Alioto. A confermarlo sono gli atti ritrovati negli archivi comunali della città siciliana, che ora il sindaco Pippo Midili ha annunciato di voler inviare in pergamena al Vaticano. Lo confermano anche ricerche genealogiche del Genealogy Discord Server e del Centre de Généalogie, supportate da documenti anagrafici.

Questa vicenda colloca anche Papa Prevost dentro la grande storia dell’emigrazione meridionale post-unitaria, che vide milioni di italiani del Sud lasciare la patria in cerca di un futuro, come accade ancora oggi per molti giovani.

Una vita piena di svolte

Salvatore Giovanni Riggitano, il nonno paterno di Leone XIV, emigrò in America nel 1904, come tanti italiani dell’epoca, alla ricerca di un futuro migliore. 

Arrivò nell’Illinois, cambiò nome in John, e successivamente adottò il cognome Prevost, appartenente alla madre della sua seconda moglie, Suzanne Fontaine. Non fu un passaggio lineare: nel 1914 si era già sposato con un’altra donna, Daisy Hughes. Nel 1917 un’accusa per una “relazione extraconiugale” lo portò per qualche giorno in prigione insieme a Suzanne. I due si proclamarono innocenti, e dopo la separazione da Daisy, si sposarono. 

Il nonno insegnava lingue e compare in un annuncio del Chicago Tribune del 1934. Nel 1940 dichiarò alle autorità di non essere cittadino americano e di essere arrivato come Salvatore Giovanni Reggitano Alioto.

La grazia che attraversa le storie fragili

L’amore tra i due sopravvisse allo scandalo e agli atti giudiziari e diedero al figlio Louis Prevost, nato nel 1920, il cognome della madre di Suzanne. Quel bambino è il padre del Papa. 

Questa genealogia inedita – recuperata da archivi siciliani, statunitensi e francesi – ci ricorda che anche nei racconti più umili e tormentati può germogliare una vocazione grande.

Non mancheranno voci pronte a scandalizzarsi di fronte a queste “ombre” familiari. 
Il Vangelo non è stato scritto per i perfetti, ma per chi ha il cuore aperto alla verità. 
La Chiesa dovrebbe saper guardare oltre. Anzi, è proprio nel riconoscimento delle ferite della storia – anche quelle familiari – che può fiorire la Grazia.La Scrittura stessa ci insegna questa logica di Dio. 

La genealogia di Gesù, come racconta il Vangelo di Matteo, non è una sequenza di santi perfetti, ma un intreccio di umanità complessa: Tamar, Rahab, Rut, la moglie di Urìa… figure legate a storie di peccato, di trasgressione, di marginalità. Tra questi spicca Davide, il re che, pur scelto da Dio, non fu immune dal peccato. Macchiato dalla relazione con Betsabea e dalla morte del marito di lei, Davide resta tuttavia “uomo secondo il cuore di Dio” (1Sam 13,14). È da lui che parte la discendenza regale del Messia. Anche per questo, la genealogia di Gesù è una “storia di grazia” più che di merito: una linea fatta di cadute e riconciliazioni, in cui il progetto di Dio non si arresta mai. Da quella stirpe è nato il Salvatore.

Il nonno di Papa Leone XIV non fu un uomo senza macchie, ma fu parte di un percorso umano dove l’amore, anche se nato in circostanze adulterine, ha trovato spazio per rigenerarsi. Proprio questo ci ricorda che la vocazione cristiana non nasce da biografie perfette, ma da una storia attraversata dalla misericordia.

Il Vangelo non è stato scritto per i perfetti, ma per chi ha il cuore aperto alla verità. E questa genealogia inedita – recuperata da archivi siciliani, statunitensi e francesi – ci ricorda che anche nei racconti più umili e tormentati può germogliare una vocazione grande. Forse è per questo che Leone XIV, già vescovo in Perù e poi prefetto del Dicastero per i Vescovi, ha sempre avuto una parola buona per chi vive in situazioni complesse, per chi cerca Dio da sentieri non convenzionali, per chi ha conosciuto la colpa e il perdono.

In tempi in cui tanti vogliono pontificare con durezza, questa storia – narrata anche con delicatezza dalla stampa siciliana – ci insegna a guardare con tenerezza alle radici dei nostri pastori. “Nessuno si salva da solo”, ripeteva Papa Francesco. E Leone XIV viene da lontano: dal cuore della Sicilia, dal ventre della migrazione, da un cognome cambiato e da un amore osteggiato. Forse proprio per questo sarà capace di portare il Vangelo dove è più difficile, con quella credibilità che solo chi ha attraversato il dolore della verità, forse anche la vergogna, può testimoniare.

La Chiesa delle origini, non dell’apparenza

Papa Leone XIV è oggi il Vescovo di Roma. Nella sua umiltà e sobrietà si può leggere il riflesso di una storia familiare fatta anche di povertà, di scelte difficili, di redenzione. E forse anche per questo, come ha dichiarato il sindaco Midili, «sarà un onore far giungere al Papa le conferme delle sue origini milazzesi. Una radice che speriamo possa fargli piacere».

Questa scoperta non è solo un aneddoto. È un invito a guardare la vita con occhi nuovi: Dio non sceglie i perfetti, ma chi sa lasciarsi amare. E da Milazzo a Roma, la Provvidenza sa sempre scrivere diritto, anche attraverso le righe storte della storia.

Gli antenati di Gesù – come ci ricorda il Vangelo di Matteo – ci mostrano che Dio agisce attraverso donne e uomini che hanno vissuto vicende complesse e storie di trasgressione.