Un incontro dai tratti antichi e dal significato profetico si è svolto mercoledì 9 luglio a Castel Gandolfo, il luogo amato dai papi che Leone XIV ha restituito alla vita diplomatica e spirituale della Chiesa. In questo scenario carico di memoria, il Presidente ucraino Volodymyr Zelenskyj ha incontrato il Pontefice, ringraziandolo per l’impegno del Vaticano nel tentativo di ricongiungere i bambini deportati durante il conflitto e aprendo alla possibilità che proprio il Vaticano possa ospitare i futuri negoziati di pace con la Russia.
“Il Santo Padre ha rinnovato la sua preghiera e la vicinanza al popolo ucraino, incoraggiando ogni sforzo per la liberazione dei prigionieri e per la ricerca di soluzioni condivise”, si legge nel comunicato della Sala Stampa vaticana. Leone XIV ha ribadito, senza ambiguità, la disponibilità ad accogliere rappresentanti di Mosca e Kiev in Vaticano per eventuali colloqui di pace, rilanciando così l’idea — già auspicata anche da Washington — di una mediazione della Santa Sede.
Bambini rubati, giustizia da ricostruire
Il Presidente Zelenskyj, reduce dalla sua partecipazione alla Ukraine Recovery Conference a Roma, ha ringraziato il Pontefice per le iniziative tese a facilitare il ritorno in patria dei bambini ucraini trasferiti forzatamente in Russia dopo l’invasione del 24 febbraio 2022. Secondo stime delle Nazioni Unite, almeno 20.000 minori sarebbero stati deportati o trasferiti in territori russi o sotto controllo russo, con tutte le difficoltà che l’emergenza bellica comporta nella verifica puntuale dei numeri.
Il Papa aveva incaricato sin dal 2023 il Cardinale Matteo Zuppi di portare avanti una missione umanitaria “per la restituzione dei bambini e l’esplorazione di vie di pace”. Dopo missioni a Kiev, Mosca, Washington e Pechino, i risultati della diplomazia vaticana si sono fatti più discreti ma non si sono mai interrotti. Zelenskyj ha chiesto esplicitamente che l’aiuto della Santa Sede continui e ha sottolineato come la dimensione spirituale della preghiera sia — per il popolo ucraino — tanto importante quanto la diplomazia concreta.
La pace è giustizia, non resa
Le parole pronunciate dal Pontefice non sono nuove, ma oggi assumono un significato ulteriore. “C’è bisogno urgente di una pace giusta e duratura”, ha detto Leone XIV. Non una tregua momentanea, non un equilibrio precario dettato dalla stanchezza, ma una pace che riconosca le sofferenze inflitte, restituisca i diritti violati e apra spazi nuovi per la riconciliazione.
Pochi giorni prima dell’incontro con Zelenskyj, Leone XIV aveva ricevuto i vescovi della Chiesa greco-cattolica ucraina e un folto gruppo di pellegrini. In quell’occasione, visibilmente toccato dal canto del Padre nostro in ucraino, il Papa aveva chiesto di ascoltarlo di nuovo: un gesto intimo, semplice, ma profondamente politico nel linguaggio della Chiesa.
«Non è facile trovare parole di consolazione per chi ha perso tutto in questa guerra insensata», aveva detto. «Immagino quanto lo sia anche per voi, pastori, che vivete ogni giorno tra ferite, fisiche e spirituali.»
Castel Gandolfo, laboratorio della pace
La scelta di Castel Gandolfo, anziché il consueto Palazzo Apostolico, non è casuale. È lì, tra il verde dei colli albani e il silenzio del lago, che Leone XIV sta progressivamente restituendo una funzione pastorale, culturale e diplomatica a un luogo che rappresenta la sobrietà e la profondità del papato. Una cornice simbolica per trattative che chiedono silenzio, ascolto e fiducia reciproca, in un tempo in cui le diplomazie sembrano spesso dettate dai tweet e dai droni.
E proprio in un contesto mondiale segnato da polarizzazioni, interessi geopolitici e nuove minacce di escalation, l’idea che il Vaticano possa tornare ad essere un luogo neutro, affidabile e profetico per far dialogare due popoli in guerra appare non solo plausibile, ma necessaria.
L’ombra di un ritorno alla mediazione
Mentre gli sforzi internazionali si moltiplicano, e l’attenzione torna a concentrarsi sui vertici della NATO e sulle incognite della politica americana, la Santa Sede propone la propria via: quella della pazienza evangelica, dell’umanità senza calcoli, della giustizia fondata sulla verità.
Non sarà facile. Mosca non ha ancora accettato l’invito alla mediazione vaticana. Ma se una nuova occasione di pace potrà germogliare, lo farà — come spesso accade nella storia della Chiesa — in silenzio, al riparo dai riflettori, tra il mormorio della preghiera e la fedeltà a chi soffre.
“Nessuno è sconfitto se si cerca insieme la pace” — aveva detto Leone XIV in uno dei suoi primi appelli sulla guerra in Ucraina. Forse, ora, è il tempo in cui quelle parole possono diventare storia.