Trasparenza che edifica: così la Santa Sede cambia modo di comprare
Non è burocrazia: è Vangelo amministrato. Con il Decreto Generale Esecutivo n. 1/2025 la Segreteria per l’Economia dà gambe ai Motu Proprio sulla trasparenza negli appalti (2020 e 2023) e alla Praedicate Evangelium. Il messaggio è semplice: i soldi della Chiesa non sono “di qualcuno”, sono per la missione e per i poveri. Per questo ogni spesa dev’essere chiara, controllabile, giusta.
Perché conta davvero
La Dottrina Sociale della Chiesa ci ricorda che i beni hanno una destinazione universale: servono il bene comune. Quando una gara è limpida, quando i contratti si pubblicano, quando si evita ogni favoritismo, non si fa soltanto ordine: si rende testimonianza. È una piccola autoriforma che purifica e rende credibile la carità.
Cosa cambia, in parole semplici:
- Chi fa cosa. L’APSA coordina gli acquisti comuni; gli enti che hanno bisogno definiscono con precisione cosa serve e vigilano sull’esecuzione. Se un ente è preparato, può essere delegato: ma niente “fai-da-te” opaco.
- Albo dei fornitori vero. Per lavorare con il Vaticano servono requisiti seri: onestà, solidità, capacità. Chi sbaglia in modo grave può essere sospeso o cancellato.
- Stop ai favori. Conflitti d’interesse esclusi e rotazione degli inviti negli affidamenti diretti: non si chiamano sempre i soliti. Vietate le “porte girevoli” con impegni chiari a non assumere chi ha gestito la gara per cinque anni.
- Tutto alla luce. Bandi, atti e contratti si pubblicano su un portale dedicato: la regola è la trasparenza, con tutele solo quando serve davvero riservatezza.
- Prezzo giusto, non ribasso cieco. Le offerte si valutano con criteri comprensibili: qualità, tempi, servizio, oltre al prezzo. Le offerte “troppo belle per essere vere” si controllano.
- Corsie rapide, ma tracciate. Urgenze e piccoli acquisti sono possibili, però restano documentati e verificabili.
- Dopo l’aggiudicazione, la custodia. Un responsabile segue l’esecuzione: collaudi, qualità, tempi. Varianti e ritocchi di prezzo sono possibili solo entro limiti chiari, e se conviene al bene comune. La Santa Sede può recedere se l’interesse pubblico lo chiede.
Un passo in più rispetto a molti
Molti Paesi parlano di trasparenza. Qui c’è qualcosa di proprio: oltre alla legalità, c’è un criterio morale esplicito. Sono escluse condotte contrarie alla Dottrina Sociale; si fa attenzione ai Paesi a rischio di riciclaggio; si introducono requisiti sociali e ambientali quando hanno senso. La concorrenza non è una gara di furbi: è un servizio alla giustizia.
Come si traduce nella vita di tutti i giorni?
– Meno carta, più responsabilità.
– Ogni decisione va motivata in modo chiaro e breve.
– Sedute di gara pubbliche quando serve, riservate quando si valutano aspetti tecnici, sempre con verbali.
– Accesso agli atti per chi ha un interesse reale.
– Commissioni scelte per sorteggio tra persone qualificate, con incompatibilità rafforzate.
Un’occasione di autopurificazione
Il Papa chiede una Chiesa che si lasci riformare dal Vangelo. Anche negli appalti. Questo Regolamento non promette miracoli: chiede serietà, tracciabilità, umiltà. È un invito a passare dalla benevolenza alla buona amministrazione. Perché gestire bene i beni significa rispettare i donatori, aiutare i poveri, sostenere parrocchie, missioni, scuole, opere di carità.
In fondo, è tutto qui: usare rettamente ciò che abbiamo ricevuto. Farlo “alla luce del sole” è già annuncio: il bene comune non teme la luce. E quando la Chiesa si corregge e si purifica, il primo frutto è la fiducia.