Tra i molteplici temi della spiritualità di san Francesco d’Assisi, la Pasqua del Signore occupa un posto centrale e strutturante. L’evento della morte e risurrezione di Cristo non è per il Poverello solo un mistero da celebrare liturgicamente, ma una forma di vita da incarnare. La conformazione al Crocifisso, vissuta nella carne e nella prassi evangelica, culmina in una lettura pasquale della realtà, dove la sofferenza non è fine a sé stessa ma passaggio, pascha, verso la luce della comunione.
Pasqua e conformitas Christi
La spiritualità francescana si fonda sulla sequela radicale del Cristo povero e crocifisso. Francesco non si limita ad imitare Gesù: vuole vivere la sua stessa vita, fino al suo stesso esito. In ciò, la Pasqua non è tanto una dottrina quanto un’esperienza trasformante. Come scrive Tommaso da Celano:
“Ardente di amore, Francesco cercava con tutto il cuore ciò che era perfetto, e con zelo insaziabile desiderava conformarsi in tutto a Cristo Signore”¹.
Questa conformitas Christi è pasquale nel suo nucleo più profondo. L’identificazione con il Crocifisso è cammino verso la gloria, non esercizio ascetico fine a sé stesso. Lo si vede chiaramente nel dono delle stimmate ricevute sul monte della Verna: esse sono l’impronta della Passione, ma nella luce di un amore che risorge.
Il senso liturgico della Pasqua per Francesco
San Francesco, pur non essendo sacerdote, vive con grande intensità la liturgia della Chiesa, specie nel suo significato pasquale. L’Eucaristia, per lui, è memoriale vivo della Pasqua:
“Ecco, ogni giorno Egli si umilia come quando dalla sede regale scese nel seno della Vergine”².
La sua venerazione del Corpo e Sangue di Cristo è immersa nel mistero pasquale. Il Santo raccomanda ai frati di trattare con cura e devozione il santissimo Sacramento, poiché lì è presente il Crocifisso risorto, il Risorto che porta ancora le ferite.
In alcune testimonianze, come quella della Compilazione di Assisi, si narra che durante la Pasqua Francesco piangesse “per amore di Cristo crocifisso e per la gioia della sua risurrezione”³: due poli che nella sua esperienza non si separano mai.
La Pasqua nella vita fraterna
L’esperienza comunitaria dei primi frati riflette una struttura pasquale: vivere insieme senza nulla di proprio, nel perdono reciproco, nella gioia della povertà, significa morire al proprio ego per risorgere nella fraternità. Francesco, scrivendo la Regola, non impone norme rigide, ma propone un itinerario pasquale, fatto di umiltà, servizio, accoglienza del diverso.
Persino il modo con cui affronta la malattia e la morte è segnato dalla luce pasquale: il Cantico delle Creature, composto nella sofferenza della cecità, culmina nel verso:
“Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra morte corporale”⁴.
Qui Francesco canta la Pasqua finale, dove l’incontro con la “sora morte” non è tragedia, ma passaggio verso la piena comunione.
Elementi pasquali nella predicazione e nei simboli
Nelle sue prediche e lettere, Francesco ritorna spesso sul tema della conversione pasquale, invitando i peccatori non a temere la condanna, ma a lasciarsi trasformare dalla misericordia. La Pasqua è tempo di ritorno, come suggerisce nella Lettera ai fedeli:
“Rendiamo frutti degni di penitenza […], poiché presto verrà il giorno della morte, e non sappiamo l’ora”⁵.
Anche i simboli amati da Francesco – il fuoco, la luce, la fraternità, la terra – sono figure pasquali. La luce che brilla nel buio, la povertà che diventa libertà, il dolore che si trasfigura in canto: tutto nella sua spiritualità rimanda a una dinamica di morte e risurrezione.
Attualità della Pasqua francescana
Oggi, nel contesto di crisi ecologica, sociale ed ecclesiale, la Pasqua vissuta da Francesco rappresenta un paradigma alternativo: non una fuga spiritualista, ma una chiamata alla trasformazione concreta. La sua spiritualità è una Pasqua per il mondo, dove si impara ad abbracciare la fragilità, a riconoscere il Cristo nei poveri, a credere che la vita ha l’ultima parola.
L’esperienza francescana della Pasqua può diventare per lo studente di teologia criterio di discernimento: se la fede non conduce alla libertà, alla fraternità e alla lode, non è ancora pienamente pasquale.
San Francesco d’Assisi non ha scritto trattati sulla Pasqua. Ma l’ha vissuta, ogni giorno, in ogni gesto, in ogni pianto e in ogni canto. Ha portato impresse le piaghe del Crocifisso, ma il suo volto è quello di un uomo pasquale, disarmato, lieto, libero. La sua eredità è un invito: non celebrare solo la Pasqua liturgica, ma vivere da risorti.
Note
- Tommaso da Celano, Vita prima, 9 (FF 358).
- San Francesco, Ammonizioni, I, 27 (FF 144).
- Compilazione di Assisi, 75 (FF 1716).
- San Francesco, Cantico di frate sole, v. 11 (FF 263).
- Lettera ai fedeli, 1 (FF 178).