Mentre il mondo attende, i cardinali elettori si raccolgono nel silenzio orante per scegliere il successore di Pietro. Una decisione spirituale che interpella la fede di tutta la Chiesa

Alle ore 10 di questa mattina, nella Basilica di San Pietro, si è celebrata la Santa Messa pro eligendo Romano Pontifice, presieduta dal Cardinale decano Giovanni Battista Re e concelebrata dai cardinali elettori. Una liturgia solenne e carica di intensità spirituale ha preceduto l’ingresso nella Cappella Sistina, luogo sacro e custodito, dove ora si svolgono le operazioni del Conclave.

Il Cardinale Re, nell’omelia, ha rievocato l’immagine degli apostoli riuniti in preghiera con Maria in attesa della Pentecoste, richiamando il popolo di Dio ad accompagnare con fede e silenzio questo momento di discernimento profondo. È lo Spirito Santo – ha ricordato – a guidare questo atto supremo di responsabilità ecclesiale, che non è mera elezione amministrativa, ma affidamento. Il Papa che verrà, ha detto il Cardinale, dovrà essere “secondo il cuore di Dio”, capace di risvegliare le coscienze, confermare nella fede, custodire l’unità, promuovere la civiltà dell’amore.

Nel cuore della Basilica Vaticana, sotto lo sguardo della Madonna e accanto alla tomba dell’Apostolo Pietro, si è rinnovato l’invito a vivere questo tempo come un evento di Chiesa, universale, ecclesiale, spirituale. Una scelta che interpella l’intero popolo di Dio, non solo i cardinali riuniti in Sistina.

Extra omnes

Alle parole della liturgia è seguito, come da secolare prassi, il rito dell’extra omnes: l’uscita di ogni estraneo dalla Cappella Sistina. Il tempo della scelta inizia così, nel silenzio e nella clausura. Un tempo sospeso, in cui si chiudono le porte del mondo e si apre il cuore al mistero.

“Chi vuole essere il primo tra voi – ha ricordato Gesù – sia il servo di tutti”. È questa la logica rovesciata del Vangelo che guida il Conclave. Non si cerca un principe, ma un servo. Non un amministratore, ma un pastore. E questo paradosso disorienta chi, da fuori, legge l’evento con gli strumenti della politica o della strategia. Ma la logica della Chiesa è altra: è la logica delle lacrime di Pietro, non quella del calcolo di Giuda.

Pietro, fragile e forte

Il Conclave non è solo elezione: è invocazione. È l’Apostolo Pietro che, nella successione dei secoli, torna a guidare la barca della Chiesa. E torna come fragile pescatore che ha conosciuto la notte del tradimento, il pianto del perdono, la forza della conferma. “Tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli” (Lc 22,32).

Chi sarà il nuovo successore? Non lo sappiamo, ma sappiamo che sarà scelto dentro questo mistero: quello di un uomo che, come Pietro, ha pianto, ama il suo Signore, e desidera pascere il suo gregge. Il nome è atteso, ma lo Spirito ha già cominciato a parlare. Nella Sistina si voterà, ma è in tutta la Chiesa che si prega.

Casa e scuola di comunione

Il futuro Papa dovrà essere pietra di comunione in un tempo di divisione. Uomo di ascolto, ponte tra le culture, custode dell’umano. Dovrà affrontare un mondo segnato da guerre, solitudini, avanzamenti tecnologici vertiginosi e smarrimento spirituale. E dovrà farlo con la forza mite di chi sa che l’unica vera potenza è l’amore che si fa servizio.

Come disse Paolo VI, la Chiesa è chiamata ad essere “casa e scuola di comunione”. Ecco il compito del nuovo Vescovo di Roma: custodire il deposito della fede e aprire nuovi spazi di incontro e di misericordia.

Mentre prega la Chiesa

In queste ore, la Chiesa universale è raccolta. Le parrocchie, i monasteri, le famiglie pregano. Non per uno schieramento o per una sensibilità, ma perché lo Spirito indichi, anche oggi, chi dovrà tenere in mano le “somme chiavi” – come scrisse Dante – per aprire al mondo le porte del Regno.

Affidiamo a Maria, Madre della Chiesa, l’intercessione su questo Conclave. E confidiamo che, ancora una volta, lo Spirito non mancherà di parlare nel silenzio della Sistina, perché la Chiesa riceva il pastore che Dio le ha preparato.