Nel suo primo discorso ai media, il nuovo Papa chiede la liberazione di chi è detenuto per aver raccontato i fatti. Una difesa esplicita della libertà di stampa come fondamento della democrazia. E una sfida diretta alle coscienze delle nazioni.

Nel suo primo incontro ufficiale con la stampa internazionale, Leone XIV ha scelto parole che pochi si aspettavano. Ha parlato della Chiesa, certo. Ma soprattutto ha parlato di chi racconta il mondo, e di chi per questo è detenuto.

“Permettetemi allora di ribadire oggi la solidarietà della Chiesa ai giornalisti incarcerati per aver cercato di raccontare la verità – ha detto – e con queste parole anche chiedere la loro liberazione.”

Un appello secco, inequivocabile. In un’epoca in cui la libertà d’informazione è sotto pressione in ogni latitudine, il Papa non ha scelto la via diplomatica. Ha scelto quella della verità come diritto.

Una beatitudine riscritta per il nostro tempo

Il discorso di Leone XIV non è un manifesto sul giornalismo, ma quasi. A guidarlo è una beatitudine evangelica, la più dimenticata:

“Beati gli operatori di pace.”

Per il Papa, anche chi informa senza urlareracconta senza falsareascolta invece di schierarsi è un “operatore di pace”. Non uno che tace, ma uno che costruisce ponti con le parole.

Per questo, dice Leone XIV, oggi serve una comunicazione “disarmata e disarmante”. Un giornalismo che non sia parte del rumore, ma anticorpo alla violenza delle parolealla guerra delle immagini, al cinismo travestito da neutralità.

La verità costa, e spesso si paga con la prigione

Il Papa non ha fatto nomi, ma il riferimento è limpido: sono centinaia i giornalisti detenuti nel mondo. Dalla Russia all’Egitto, dalla Cina all’Iran, fino alle democrazie in crisi, dove la verità è diventata merce sospetta.

Leone XIV non ha parlato per categoria, ma per convinzione:

“Solo i popoli informati possono fare scelte libere.”

Una frase che pesa. Che va oltre la Chiesa, oltre la religione. E che arriva dritta al cuore del dibattito democratico globale: senza un’informazione libera, nessuna riforma è possibile. Senza libertà di parola, la giustizia è un’illusione.

Un messaggio per tutti, non solo per i credenti

Leone XIV sa che la comunicazione non è solo un mestiere, ma un potere culturale, sociale e politico. Sa che oggi, in una società frantumata in bolle e algoritmi, ogni parola costruisce o distrugge cultura.

Per questo ha invitato tutti – giornalisti, politici, influencer, cittadini – a non cedere alla mediocrità, a non fare della comunicazione un’arma, ma uno strumento di ascolto, di verità, di pace.

Il suo è un invito ad alzare l’asticella. A smettere di inseguire il consenso a ogni costo. A tornare a una grammatica dell’umanità, anche nelle pagine dei giornali.

Il Papa e il diritto di sapere

Nel tempo in cui la verità viene venduta al dettaglio, il nuovo Papa ha rimesso al centro il diritto dei popoli a essere informati.

Ha rotto il silenzio. E ha detto con chiarezza da che parte sta: con chi racconta, con chi resiste, con chi paga il prezzo più alto per dire come stanno le cose.

È una presa di posizione netta. Un modo concreto per dire che la libertà di stampa non è un privilegio per giornalisti, ma un diritto per ogni cittadino libero.

E oggi, quel diritto, va difeso parola per parola. Anche – e soprattutto – da chi, come Leone XIV, ha scelto la parola come missione.