A un mese esatto dalla morte di Papa Francesco, l’eredità spirituale del suo magistero risuona con forza nel cuore della prima Udienza Generale di Leone XIV del 21 maggio 2025. Piazza San Pietro accoglie il nuovo Pontefice in un clima pasquale ancora intriso di memoria e speranza. Il ciclo di catechesi sul tema “Gesù Cristo nostra speranza”, già avviato da Francesco in vista del Giubileo del 2025, viene ripreso oggi con naturalezza dal suo successore, segno visibile di una Chiesa che non si interrompe, ma cammina, seminando.
La parabola scelta da Leone XIV è quella del seminatore, simbolo eloquente della Parola che scende come seme nel terreno dell’umanità. È l’immagine di un Dio “sprecone” nel suo amore, che getta la sua parola anche dove il cuore umano è sassoso, distratto, ferito. In questo gesto, ha spiegato il Papa, sta la radice della nostra speranza: non siamo amati per i nostri meriti, ma raggiunti dal Vangelo persino nei nostri deserti interiori.
Citando un dipinto di Van Gogh, Il seminatore al tramonto, Leone XIV ha ricordato che il vero protagonista della storia non è il contadino, ma il sole che illumina e matura il grano: è Dio che agisce nella storia, anche quando sembra assente. Una lezione di fiducia, più che di efficienza. La stessa fiducia che animava Francesco, quando ripeteva che il tempo è superiore allo spazio.
E proprio nel solco tracciato da Francesco, il nuovo Papa ha voluto concludere con parole che sono già cifra del suo pontificato: l’appello per Gaza. «È sempre più preoccupante e dolorosa la situazione nella Striscia», ha detto con voce ferma, invocando l’ingresso di aiuti umanitari e la fine delle ostilità che colpiscono bambini, anziani, malati. L’amore per i poveri, per i popoli feriti, per gli esclusi: anche questo è un seme che Francesco ha gettato e Leone XIV raccoglie e rilancia.
Nel saluto ai pellegrini italiani, Leone XIV ha poi incoraggiato i giovani, i sacerdoti e i consacrati ad essere «cristiani autentici», radicati nella Parola, forti della fede, generosi nell’amore. Ma è nell’ultimo passaggio, non scritto ma inciso nel cuore, che la voce del nuovo Papa si è fatta preghiera: «E non possiamo concludere questo nostro incontro senza ricordare con tanta gratitudine l’amato Papa Francesco, che proprio un mese fa è tornato alla casa del Padre».
Un ponte è stato gettato. Tra la memoria e il futuro, tra Francesco e Leone, tra il seme e la mietitura.
