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Tra fedeltà a Roma, accordi provvisori e le cautele di Pechino
L’elezione di Papa Leone XIV ha suscitato reazioni caute ma attente nel mondo cattolico cinese. Le autorità di Pechino hanno reagito, come da prassi, con un comunicato stringato e istituzionale: “Ci auguriamo che, sotto la sua guida, il Vaticano continui il dialogo costruttivo con la Cina”. Nulla di più, nulla di meno. Un segnale diplomatico calibrato che, dietro la cortina del formalismo, riflette la tensione tra strategia di controllo interno e gestione esterna del dossier religioso.
Lo stesso silenzio cauto è percepibile anche nei comunicati della Chiesa “patriottica”, organo controllato dal Partito Comunista Cinese (PCC), che si è limitata a inviare «cordiali congratulazioni» al nuovo pontefice, senza entrare nel merito delle sue future posizioni. Ma al di sotto di questa superficie, tra i dodici milioni di cattolici cinesi, si muovono aspettative, timori e desideri molto concreti.
Il Papa che viene da lontano
In Cina, Papa Leone XIV è ancora poco conosciuto. Il suo nome non circolava tra i candidati più attesi, e la sua elezione ha colto di sorpresa molti fedeli. «L’ho seguito in diretta su WeChat», racconta padre Li, sacerdote di una grande parrocchia in una diocesi del centro del Paese. «Mi sembra un uomo umile, spirituale, aperto. Questo è ciò che conta per noi».
La nazionalità statunitense del nuovo Papa — già prefetto del Dicastero per i vescovi — non crea imbarazzi nei fedeli, ma richiama inevitabilmente l’attenzione di Pechino, che diffida storicamente di ogni influenza religiosa esterna, soprattutto se di matrice occidentale. Eppure, come nota un’intellettuale cattolica di Pechino vicina alla gerarchia patriottica: «Siamo felici. È una buona notizia. Ora attendiamo i fatti».
La frattura mai ricomposta
La questione chiave rimane l’accordo sino-vaticano sulla nomina dei vescovi, firmato in forma riservata nel 2018 e rinnovato nel 2020 e 2022. Formalmente, il Papa conserva l’ultima parola sulle nomine. Nella pratica, Pechino continua a esercitare un controllo sostanziale, con margini di ambiguità che hanno irritato non pochi cattolici cinesi, soprattutto quelli cresciuti nella Chiesa “clandestina”, rimasta fedele a Roma a costo della persecuzione.
È da questi ambienti che si alzano le voci più critiche. Shi Wu, 70 anni, intellettuale laico di Shanghai e membro di una famiglia cattolica da cinque generazioni, è netto: «Spero che Leone XIV difenda la fedeltà alla Croce come fece Giovanni Paolo II. Basta concessioni a Pechino che non saranno mai rispettate. Il Partito vuole il controllo totale».
Leone XIV tra diritto canonico e diplomazia multilivello
Leone XIV è noto per la sua formazione giuridico-canonica. E il diritto canonico è chiaro: nessun potere civile può interferire nelle nomine episcopali (cf. can. 377 §5 CIC). Se il nuovo Papa decidesse di applicare questo principio in modo rigoroso, l’intesa attuale con la Cina potrebbe incrinarsi.
Per ora, però, nulla fa pensare a rotture imminenti. Il vero nodo sarà la prossima scadenza dell’accordo e il suo eventuale rinnovo. Molto dipenderà anche da chi guiderà la diplomazia vaticana: il cardinale Pietro Parolin, artefice dell’intesa, resterà Segretario di Stato? Oppure Leone XIV promuoverà una discontinuità?
Nel frattempo, prende quota l’ipotesi che il cardinale Stephen Chow, gesuita di Hong Kong creato da Papa Francesco nel 2023, possa agire da mediatore informale. Apprezzato a Roma, ben tollerato da Pechino, e sensibile alle dinamiche locali, Chow rappresenta l’opzione pragmatica per continuare il dialogo con il gigante asiatico senza smarrire la fedeltà ecclesiale.
Una Chiesa tra resistenza e realismo
I fedeli cinesi, oggi, vivono in una tensione permanente tra fede cattolica e cittadinanza cinese. Come ha sintetizzato il sociologo cattolico Chan Mok da Hong Kong, “l’equilibrio richiesto ai fedeli è imparare a essere buoni cristiani senza diventare cattivi cittadini, ma anche a non diventare buoni cittadini a scapito della verità evangelica”.
In molti chiedono che Leone XIV parli con chiarezza, che dia indicazioni sicure a un popolo cattolico che si sente spesso smarrito in un contesto politico ostile e mutevole. Le parole usate finora dal Papa — “pace disarmata”, “comunicazione mite” — hanno fatto breccia, ma i fedeli attendono gesti concreti, soprattutto nei confronti dei vescovi nominati senza mandato pontificio, dei sacerdoti clandestini sotto pressione, e delle comunità religiose femminili sempre più controllate.
Gaza tra strategia e profezia
La partita tra Vaticano e Cina è una delle più delicate della geopolitica religiosa globale. Leone XIV, per ora, cammina sul filo della continuità, ma potrebbe imprimere un’accelerazione diversa — o più prudente — a seconda degli sviluppi interni alla Chiesa e delle scelte del Partito Comunista.
Una cosa è certa: i cattolici cinesi, come sempre, continueranno a vivere la loro fede con pazienza, astuzia e speranza. Per molti di loro, Leone XIV è ancora un’incognita. Ma, come ha scritto un giovane sacerdote di Pechino: «Non lo conosciamo ancora, ma abbiamo già cominciato a pregare per lui».