Messaggio – L’11 febbraio la Giornata del malato. Parla il direttore dell’Ufficio CEI per la pastorale della salute. Don Massimo Angelelli, esplora il profondo legame tra la compagnia, la tenerezza e il processo di guarigione nelle esperienze di malattia e sofferenza umana. 

La sofferenza è una delle esperienze più significative nella vita di una persona, poiché destabilizza l’equilibrio individuale e mette in evidenza la vulnerabilità umana. Di fronte alla sofferenza, l’istinto naturale è quello di cercare aiuto, riconoscendo che affrontare la sfida da soli non è saggio.

Questo desiderio di ricerca di conforto e sostegno nasce dalla nostra intrinseca natura sociale, evidenziando l’importanza delle relazioni umane nel percorso di cura.

Papa Francesco richiama l’attenzione sul versetto della Genesi che afferma “Non è bene che l’uomo sia solo” (Gn 2,18), sottolineando così la necessità fondamentale della vicinanza umana nel trattamento della malattia. In un’epoca contraddistinta da una crescente tendenza all’individualismo, questo richiamo alla compagnia e alla tenerezza rivela una profonda verità sulla natura umana e sulle sue esigenze più profonde.

Nel contesto attuale, dominato dalla scienza e dall’analisi dei dati, si riconosce che l’empatia e la tenerezza possono essere considerate quasi banali o romantiche. 

“Non è bene che l’uomo sia solo” (Gn 2,18)

Mentre la ricerca scientifica e la pratica clinica forniscono le basi per combattere la malattia e il dolore, la relazione empatica diventa il fondamento per un accompagnamento efficace dei pazienti nel loro percorso di guarigione.

Una crisi dei modelli di cura, che va oltre le questioni di finanziamento e gestione sanitaria, ma riguarda la mancanza di attenzione all’aspetto umano e relazionale della cura stessa.

Essere curati non è solo una questione di ricevere assistenza medica, ma implica anche la creazione di uno spazio empatico che coinvolga familiari, amici e operatori sanitari. Si sottolinea che il riconoscimento e la gratitudine delle persone assistite sono essenziali per i curanti, poiché alimentano il loro impegno nell’aiutare coloro che soffrono.

Don Angellelli, infine, invita a riflettere sull’importanza di modelli di cura sostenibili che tengano conto della complessità dell’essere umano e che si concentrino sul trattamento integrale della persona.

Fa riferimento alla parabola del Samaritano come esempio di compassione e cura verso gli altri e ribadisce l’invito del Papa Francesco ad adottare uno sguardo compassionevole verso i più vulnerabili, a cominciare dai malati e dai bisognosi.

Questo richiamo alla compassione e alla cura del prossimo si inserisce nel contesto più ampio dell’etica e della pratica della fede, riaffermando il valore intrinseco della solidarietà e della vicinanza umana.