La Corte d’appello federale salva temporaneamente le tariffe di Trump sulla Cina. Sospesa l’annullabilità dei dazi imposti sotto la legge sui poteri economici d’emergenza. Il caso apre una battaglia giuridica che potrebbe finire alla Corte Suprema e ridefinire i limiti del potere presidenziale in materia commerciale.
È ancora troppo presto per dire se la guerra commerciale lanciata da Donald Trump abbia trovato il suo argine nei tribunali, ma la battaglia legale è iniziata. Una corte d’appello federale ha sospeso in via amministrativa una decisione che imponeva alla Casa Bianca di revocare diverse tariffe doganali imposte con riferimento all’International Emergency Economic Powers Act (IEEPA), una legge nata per affrontare crisi esterne e non per ridisegnare le relazioni commerciali mondiali.
La sentenza di primo grado aveva stabilito che l’uso del IEEPA come strumento tariffario era eccessivo e privo di fondamento giuridico, sollevando una questione cruciale: fino a che punto un presidente può esercitare potere discrezionale nella politica economica estera senza passare dal Congresso? Per ora, la sospensiva concede all’amministrazione Trump (e a chi potrebbe seguirne la linea) tempo prezioso per appellarsi e conservare uno strumento chiave nelle trattative multilaterali.
Secondo il Dipartimento di Giustizia, bloccare le tariffe metterebbe a rischio gli sforzi per riequilibrare il deficit commerciale e “rimettere l’economia globale su un piano di parità”. Eppure, da settimane, i segnali di fragilità si moltiplicano: oltre a Lashio in Myanmar, anche sul fronte commerciale europeo, la minaccia di nuove tariffe è sembrata più un’arma spuntata che un vero deterrente.
Con una trentina di negoziati bilaterali in corso e Wall Street in altalena, l’incertezza legale intorno alle tariffe rischia di frenare gli investimenti e complicare ulteriormente i rapporti con Pechino, Bruxelles e Ottawa.
La questione non è solo commerciale, ma istituzionale e geopolitica: se la Corte Suprema confermasse l’illegittimità dell’approccio Trump, l’intera architettura negoziale americana – fondata sul principio della leva tariffaria unilaterale – andrebbe ripensata. Al contrario, se la sospensiva divenisse permanente, si aprirebbe la strada a una presidenzializzazione estrema della politica commerciale, senza contrappesi legislativi.
Intanto, la stessa amministrazione minimizza gli effetti della sentenza, ma l’idea che “Trump vince sempre”, come dichiarato da un suo consigliere, comincia a scricchiolare.
La sospensiva odierna non è una vittoria definitiva, ma un rinvio strategico in attesa del giudizio più alto. Nel frattempo, il mondo guarda a Washington, cercando di capire se il commercio globale tornerà a essere governato da regole condivise o da atti unilaterali blindati da cavilli giuridici.