In questi giorni, due nomi femminili hanno occupato le pagine della cronaca e quelle, più delicate, della politica internazionale: Carla Zambelli e Ilaria Salis. Due storie, due paesi, due posizioni ideologiche molto diverse. Ma anche due casi che interrogano profondamente il nostro Paese sulla coerenza nell’applicazione del diritto, sul rispetto della persona e sull’equilibrio delle relazioni internazionali.

Carla Zambelli, deputata brasiliana e cittadina italiana, è stata arrestata a Roma dopo due mesi di latitanza, in seguito a un mandato d’arresto internazionale spiccato dal Brasile. Le accuse sono gravi: coinvolgimento in un’invasione hacker del sistema giudiziario brasiliano e presunte complicità nell’assalto ai palazzi del potere a Brasília nel gennaio 2023. Il Brasile, è bene ricordarlo, è una democrazia, con un ordinamento giuridico riconosciuto a livello internazionale. Eppure, nel dibattito italiano, più che sulle accuse, si è parlato delle sue simpatie politiche e dei presunti contatti con alcuni esponenti della Lega.

Parallelamente, Ilaria Salis – cittadina italiana, attivista e da poco europarlamentare eletta – continua a essere percepita da alcune forze politiche non come una rappresentante eletta dal popolo, ma come un imbarazzo da restituire all’Ungheria, in nome dell’ordine e della disciplina, come se il garantismo potesse valere solo per alcuni e non per tutti.

E qui si apre la questione: il diritto può essere selettivo? Può adattarsi all’ideologia, agli interessi, alla convenienza politica? La risposta, per uno Stato di diritto, è no. Per una coscienza cristiana, è no. Per un cittadino che crede nella giustizia, è ancora no.

Non si tratta di giudicare i singoli, ma di salvaguardare un principio più grande: la parità di trattamento, la dignità della persona, il rispetto delle istituzioni. La cittadinanza non è una bandiera da sventolare quando serve e da piegare quando disturba. L’immunità parlamentare non è una copertura, ma una garanzia per l’autonomia della rappresentanza democratica. Le accuse a Ilaria Salis vanno esaminate in un processo giusto e trasparente, come in ogni democrazia; così come quelle a Carla Zambelli devono seguire il loro corso, al riparo da protezioni ideologiche.

Preoccupa, invece, l’emergere di un doppiopesismo morale: accoglienti e protettivi verso chi è allineato politicamente, diffidenti e duri verso chi esprime un pensiero diverso. È un atteggiamento che rischia di erodere la fiducia nella giustizia e di trasmettere un messaggio pericoloso: che i diritti non sono per tutti, ma per chi ci somiglia.

La Dottrina sociale della Chiesa ci invita da sempre a non cadere nella logica amico/nemico, ma a riconoscere in ogni persona un figlio di Dio, e a misurare le azioni politiche sul metro del bene comune e della coerenza. La giustizia – quella vera – è sempre accompagnata dalla misericordia, e non fa differenze tra chi la invoca. È giustizia se è per tutti. È misericordia se è disarmata e forte allo stesso tempo.

In un mondo che si polarizza, abbiamo bisogno di politici giusti, non solo efficaci. Di istituzioni coerenti, non solo efficienti. Di un’Italia che protegga i suoi cittadini non in base al loro orientamento politico, ma per il solo fatto che sono persone, degne di giustizia e rispetto.

La vicenda di queste due donne – una ricercata, l’altra detenuta – ci interroga: da che parte sta il diritto?

Chiamiamolo col suo vero nome: il diritto sta dalla parte della persona, mai del tornaconto.

Ed è nostro dovere, anche da credenti, ricordarlo ogni giorno.