Nel segno della continuità diplomatica tra Italia e Vaticano, Palazzo Chigi ha diffuso una nota che riferisce di un colloquio telefonico tra la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e Papa Leone XIV, il nuovo Pontefice succeduto a Francesco. Un comunicato dai toni solenni, in cui si ribadiscono i “sentimenti di felicitazione” per l’elezione del nuovo Papa, ma anche – e soprattutto – una convergenza di intenti tra governo e Santa Sede su alcuni grandi temi del presente: la pace e l’intelligenza artificiale.
Meloni ha espresso “il sostegno dell’Italia all’opera della Santa Sede per la cessazione dei conflitti in tutti gli scenari di crisi dove le armi hanno preso il posto del confronto e del dialogo”. Parole di apparente apertura, che suonano però ambigue se confrontate con la politica estera reale dell’esecutivo italiano: un governo che non ha mai smesso di inviare armi in Ucraina, che ha firmato nuovi accordi militari con Israele, e che – pur proclamandosi mediatore – alimenta il riarmo globale sotto l’egida della NATO. C’è dunque una distanza non trascurabile tra le dichiarazioni di principio e i comportamenti concreti, tanto più evidente in un contesto in cui il Papa, nel suo primo discorso ai cardinali, ha richiamato con forza la necessità di un mondo disarmato, giusto e inclusivo.
Parole nobili, certo, ma svuotate di contenuto da una politica che quotidianamente va nella direzione opposta.
È il solito gioco della propaganda: forti coi deboli e deboli coi forti. La Presidente del Consiglio si presenta come se fosse un gigante morale, quando invece – come direbbe Bernardo di Chartres – “è un nano sulle spalle di un gigante”, e da lì cerca di guardare più lontano. Solo che il gigante, in questo caso, è il Papa, mentre il nano si aggrappa agli interessi della NATO e alle esigenze belliche degli alleati. Meloni dice di sostenere la pace, ma guida un governo che ha aumentato le spese militari fino al 2% del PIL, con un Parlamento che si vanta – sì, vanta – di aver centrato “l’obiettivo NATO”.
Eppure, non ci sarebbe niente di cui vantarsi. La Germania, con la sua macchina industriale, si sta fortemente riarmando. Ma almeno produce. L’Italia, invece, rischia di restare a guardare anche qui: si parla apertamente della possibile cessione alla Germania del ramo “Iveco Defence Vehicles” di Leonardo. Significa che compreremo armi dagli altri, mentre svendiamo la capacità produttiva nazionale. Il tutto, mentre i nostri migliori ingegneri continuano a fuggire all’estero, in cerca di opportunità che qui mancano.
In questo scenario desolante, che credibilità può avere un governo che pretende di “collaborare con la Santa Sede per uno sviluppo etico dell’intelligenza artificiale”? Come possiamo parlare di “etica” se si fa finta di ignorare l’emorragia di cervelli, la precarietà del lavoro, il ritardo cronico dell’istruzione e della ricerca, e una politica estera appiattita sulle posizioni americane?
Il Papa, nel suo discorso ai cardinali del 10 maggio, ha richiamato il valore della dignità umana, della giustizia e della pace. Ma la Meloni, ancora una volta, si limita a far da eco senza corpo. Nessuna proposta di mediazione internazionale, nessuna idea autonoma per fermare le guerre. Solo allineamento agli equilibri imposti da Washington, anche quando questi alimentano la logica della contrapposizione e della corsa agli armamenti.
Si dice di voler difendere “l’uomo” nell’era dell’intelligenza artificiale. Ma chi difende l’uomo vero, quello in carne e ossa, precarizzato, emarginato o costretto a emigrare per sopravvivere?
L’Italia non sarà mai un leader globale se rinuncia a pensare con la propria testa. E appoggiarsi simbolicamente al Papa, mentre si abbandona la missione della pace per quella delle armi, è un esercizio di cinismo. Che non merita applausi, ma memoria critica.
In controluce, tuttavia, emerge anche un altro possibile scenario: quello in cui Papa Leone XIV, come già Francesco prima di lui, possa diventare un riferimento morale per una società civile disillusa e critica verso il potere. Un Papa che richiama all’essenziale – la pace, la dignità del lavoro, la giustizia – può rappresentare un pungolo anche per chi governa, al di là delle strette di mano diplomatiche.