Dopo duemila anni, l’elezione del Papa resta uno degli eventi più solenni e misteriosi della Chiesa cattolica. Ma cosa accade realmente dentro un conclave? E perché solo i cardinali possono scegliere il nuovo Pontefice? Dalla parola di Gesù a Pietro alla clausura della Cappella Sistina, vi accompagno in un viaggio che unisce storia, fede e Spirito Santo.

Nel cuore della Chiesa, ogni volta che la Sede di Pietro si rende vacante, ha luogo uno dei momenti più densi di significato della vita ecclesiale: il conclave. Ma cos’è esattamente un conclave, come nasce e come si svolge? Per rispondere, occorre risalire alla radice, alla prima vera elezione: quella che Gesù fece nella regione di Cesarea di Filippo quando disse a Simone, «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa» (Mt 16,18).

Da allora, la guida visibile della Chiesa ha sempre avuto un successore. Ma nei secoli, le modalità per eleggerlo sono cambiate radicalmente. All’inizio era il popolo cristiano di Roma – la comunità fondata da Pietro e Paolo – a scegliere il proprio vescovo. Con il tempo, però, le tensioni politiche, le ingerenze imperiali e le divisioni interne hanno spinto la Chiesa a proteggere questo momento con regole sempre più precise.

Il termine “conclave” viene da cum clave – “con la chiave” – e indica il luogo chiuso in cui i cardinali si riuniscono per eleggere il Papa. È Papa Gregorio X, nel 1274, a fissare queste regole nel documento Ubi periculum dopo un’elezione durata quasi tre anni. Da allora, l’isolamento degli elettori, il segreto, la preghiera e l’assenza di pressioni esterne sono diventati pilastri del processo.

Il conclave moderno si svolge nella Cappella Sistina, sotto il Giudizio Universale di Michelangelo, in un silenzio che è preghiera e responsabilità. I cardinali elettori – oggi al massimo 120 e sotto gli 80 anni – sono alloggiati nella Domus Sanctae Marthae e trasportati in clausura rigorosa. Papa Francesco tuttavia ha creato molti cardinali aumentando i partecipanti al conclave fino a 133 unità. Ogni giorno si tengono due scrutini al mattino e due al pomeriggio. Se dopo 33 votazioni non si raggiunge la maggioranza dei due terzi, si può passare a un ballottaggio fra i due candidati con il maggior numero di voti. Ma, come ha voluto Benedetto XVI, anche in quel caso resta obbligatoria la maggioranza qualificata.

Una fumata bianca segna al mondo l’avvenuta elezione. Allora il decano del Sacro Collegio si avvicina all’eletto e gli chiede: «Accetti la tua elezione canonica a Sommo Pontefice?». Se il neo Papa accetta, viene subito investito della pienezza del potere petrino. Un’elezione che è al tempo stesso atto giuridico, spirituale e simbolico.

Chi osserva da fuori potrebbe scorgere nel conclave solo un rito antico. Ma per chi crede, è il momento in cui lo Spirito Santo agisce nel silenzio della Chiesa, suggerendo un nome che non appartiene solo alla storia degli uomini, ma al disegno eterno di Dio. Come francescano, mi colpisce pensare che san Francesco stesso abbia chiesto al Papa l’approvazione della sua Regola, riconoscendone l’autorità come successore di Pietro.

E in tempi recenti, non possiamo non ricordare il gesto di Papa Francesco – primo Papa venuto “quasi dalla fine del mondo” – che ha restituito una sede e una speranza ai Frati Francescani dell’Immacolata, ai quali era stata tolta dal loro superiore rimosso. Un gesto silenzioso, ma eloquente: il Papa non è un potere tra i poteri, ma un padre tra i fratelli.

Alla fine, ogni conclave è un atto di fede. È la Chiesa che, tra storia e mistero, si raccoglie attorno al successore di Pietro per continuare a camminare nella storia, cercando Dio in ogni tempo.

E noi, da fuori, non possiamo che accompagnare questo momento con l’unico vero combustibile che lo alimenta: la preghiera.