Roma, 23 ottobre 2025 – Incontro mondiale dei Movimenti Popolari
Nel suo primo incontro con i Movimenti Popolari, Papa Leone XIV ha anticipato i temi centrali della sua futura Enciclica: esclusione, beni primari e accessori, etica della responsabilità, crisi climatica, informazione e poveri della Terra. Ma al di là dei temi sociali, il discorso di Leone XIV ha rivelato la sua anima teologica: una continuità limpida con Papa Francesco, contro ogni tentativo di restaurare una Chiesa gnostica ed elitaria. “La Chiesa è il luogo dove l’amore che viene da Dio diventa amore per l’uomo, e dove l’amore per l’uomo ritorna a Dio come lode.”
C’è un filo d’oro che attraversa il magistero recente e che Leone XIV ha scelto di non spezzare.
Chi auspicava una “discontinuità”, chi sperava in un ritorno alla Chiesa dei privilegiati, arroccata nel culto dell’identità e del potere, si trova ora davanti a un Papa che ha deciso di continuare e approfondire l’eredità di Francesco. Non un nuovo inizio, ma una nuova profondità.
Nel suo discorso del 23 ottobre 2025, rivolto ai Movimenti Popolari, Leone XIV ha ripreso il cammino aperto da Papa Francesco: la Chiesa delle periferie, del popolo, della concretezza. Ma con un accento personale: la teologia dell’amore come responsabilità. “La Chiesa è il luogo dove l’amore che viene da Dio diventa amore per l’uomo, e dove l’amore per l’uomo ritorna a Dio come lode.”
È la definizione più bella e più densa della sua visione: la teologia che si fa vita.
In queste parole si potrebbe condensare la sua futura Enciclica. Dilexit nos e Dilexi te: “Egli ci ha amati” e “Ti ho amato, Signore”. Due verbi, due poli, due mani del Padre che abbracciano il mondo.
Papa Francesco ci ha insegnato a lasciarci amare; Papa Leone XIV ci invita a diventare amore. È il passaggio dalla grazia alla missione, dal dono alla responsabilità, dalla contemplazione alla compassione. Se il primo Papa ci ha mostrato il Cuore che pulsa, il secondo ci mostra le mani che agiscono. Ma entrambi ci riconducono allo stesso mistero: Deus caritas est, Dio è amore, e chi rimane nell’amore rimane in Dio.
Leone XIV, riprendendo il titolo e lo spirito della Rerum novarum, ha spiegato che le vere “cose nuove” oggi non sono i veicoli autonomi o l’intelligenza artificiale, ma la richiesta di terra, casa e lavoro per gli esclusi. “Dal centro del mondo – ha detto – queste domande possono sembrare vecchie; ma dalla periferia sono le più nuove di tutte.”
È una lezione di sguardo evangelico: la novità non è nella tecnologia, ma nella giustizia; non nella potenza, ma nella solidarietà.
Il Papa ha distinto con precisione tra beni primari e beni accessori: viviamo in un mondo che distribuisce connessioni ma non pane, dove milioni hanno accesso a smartphone e social network ma non a una casa o a un lavoro dignitoso. È la “cultura dello scarto” di cui parlava Francesco, oggi rideclinata come “cultura dell’esclusione”.
Poi, con voce ferma, ha denunciato una delle piaghe più gravi: la trasformazione della lotta contro l’immigrazione in crimini di Stato. “Gli Stati hanno il diritto di difendere i confini, ma non di violare la dignità umana. L’abuso dei migranti vulnerabili non è sovranità nazionale, è un crimine morale.”
In queste parole c’è tutta la continuità con la Fratelli tutti: la fraternità come categoria politica, non come sentimento astratto.
Ma Leone XIV non si limita a denunciare. Propone un metodo, una via: l’“etica della responsabilità”, che mette al centro la dignità della persona, non il profitto. La tecnologia, la scienza, l’economia – dice – devono essere strumenti per l’uomo, non padroni dell’uomo. E cita Sant’Agostino: “Uno Stato senza giustizia non è uno Stato”.
In questo orizzonte, i Movimenti Popolari non sono solo una realtà sociale: sono una profezia. “Come la Chiesa accompagnò la nascita dei sindacati – ha detto – oggi deve accompagnare i Movimenti popolari.” È un’affermazione di portata storica: la Chiesa non solo benedice, ma cammina con chi costruisce dal basso, con i “poeti sociali” che trasformano la povertà in arte e la solidarietà in politica.
La prospettiva è chiara: Leone XIV non chiude la stagione di Francesco, la porta a compimento.
Il suo magistero nasce dalla stessa sorgente, ma scorre con un nuovo ritmo: se Francesco ha indicato il Cuore di Cristo, Leone mostra le mani che ne prolungano il battito.
Non c’è frattura, ma maturazione; non discontinuità, ma incarnazione.
Alla fine, tutto si riassume in un dialogo d’amore:
Dio dice: Dilexit vos — “Egli vi ha amati”.
E la Chiesa risponde: Dilexi te — “Ti ho amato, Signore”.
Tra questi due verbi si muove la storia della salvezza, la vita dei santi, la vocazione di ogni credente.
Dio mi ha amato — Dilexit me — e io lo amo nei fratelli — Dilexi te.
Solo così la fede diventa storia, la speranza diventa luce e la carità diventa mondo nuovo.
