Il 24 maggio 2025, 40.000 cristiani di tutte le confessioni hanno attraversato le strade di Parigi nella “Marche pour Jésus”, manifestazione evangelica che da anni cresce in Francia, ma che quest’anno ha assunto un valore nuovo e profetico. Non per rivendicare diritti, né per protestare, ma per proclamare la fede con gioia, in uno spazio pubblico europeo spesso segnato dal disincanto religioso e da una laicità fragile.
Senza slogan politici, senza bandiere partitiche, ma con canti, abbracci, letture bibliche e testimonianze di vita, questa marcia ha rivelato un tratto inaspettato della spiritualità cristiana nel XXI secolo: non è morta, ma ha cambiato volto. E non pochi, tra passanti e osservatori, hanno riconosciuto che qualcosa si muove nel cuore di una generazione.
Una “folla che evangelizza”
La manifestazione, partita dal Trocadéro per terminare nella zona della Muette, ha riunito comunità evangeliche, carismatiche, cattoliche, africane, antillane, pentecostali e numerosi giovani non affiliati. Alcuni l’hanno scoperta su TikTok, altri l’hanno vissuta come un ritorno alla gioia della fede dopo il Covid. Quasi nessuno come una protesta. Anzi: come una festa, una marcia silenziosa dell’anima, con un solo desiderio: rendere visibile Gesù Cristo.
I cortei di evangelizzatori, i dialoghi spontanei tra sconosciuti nei vagoni della metro, la lettura della Bibbia consegnata con delicatezza: tutto questo ha cambiato l’immagine dei cristiani per tanti spettatori. “È la prima volta che vedo dei credenti sorridere così”, ha detto un passante. E un altro, ebreo osservante, ha applaudito dalla finestra a ritmo di lode.
Nel contesto europeo, dove la fede spesso è confinata nella sfera privata o tra le mura delle parrocchie, questo evento ha lanciato una sfida ecclesiologica e culturale: si può annunciare Cristo con rispetto, ma con audacia, si può abitare le strade senza violare, ma trasformando lo spazio pubblico in spazio spirituale.
Tra pentecostali e cattolici, un’unità che interroga
In marcia c’erano molti giovani evangelici, ma anche cattolici visibilmente coinvolti. Non solo spettatori, ma testimoni insieme. È il segno che l’ecumenismo della strada, nato nella carne delle persone e non nelle aule dei convegni, può precedere e accompagnare il cammino delle Chiese. Come ha detto un partecipante: “Oggi nessuno ha un’etichetta. Siamo solo cristiani, con Gesù al centro.”
Questo popolo di Dio in cammino ha incarnato qualcosa che la Chiesa non può ignorare: l’unità si costruisce camminando, e la testimonianza comune può superare le distanze dottrinali quando la carità prende il microfono e il Vangelo cammina.
Un risveglio spirituale? Forse. Una domanda, sicuramente.
Molti giovani presenti parlavano di “risveglio”. Lo diceva anche Yoni, giovane evangelico di periferia: “Il peccato ci ha separati da Dio, ma Gesù ci riconcilia”. Non è solo fervore pentecostale, ma sete di assoluto, fame di senso. È il bisogno di una fede che tocchi la vita, che si canti, che si offra, che non resti nascosta dietro timidezze clericali o strutture vuote.
Cosa ci dice questo alla Chiesa cattolica? Che la nuova evangelizzazione, sognata da Giovanni Paolo II e rilanciata da Francesco, non può attendere. Ha bisogno di piedi che marciano, cuori che ardono, volti che sorridono, spazi di incontro dove anche chi guarda da lontano possa riconoscere qualcosa di vero.
Evangelizzare senza aggredire, testimoniare senza imporsi
La Marcia per Gesù a Parigi è stata anche una lezione di stile: nessuna imposizione, nessuna lotta culturale. Solo un invito. Un’offerta. “Vuoi conoscere Gesù?”, chiedevano i partecipanti. E lo facevano con rispetto, con umanità, persino con tenerezza. Un approccio che oggi appare più profondo di molte crociate morali e più efficace di tante battaglie retoriche.
Papa Francesco ci ha ricordato che la missione non è proselitismo, ma attrazione. E questa marcia ha attratto. Anche chi non ha marciato.
Un Vangelo che torna nelle piazze
Quando i cristiani tornano a camminare insieme, non per difendersi dal mondo ma per annunciare la speranza, le città si trasformano. La Parigi del 24 maggio non è stata meno laica o meno democratica. È stata più umana, più fraterna, più vera.
Nel cuore della Francia secolarizzata, i cristiani hanno testimoniato che c’è una speranza che danza, canta, dona e ascolta. E che la presenza di Cristo nel mondo non si spegne, se ci sono cuori disposti a farlo conoscere.