Nel suo primo discorso al Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, Papa Leone XIV ha delineato con chiarezza la rotta del suo pontificato: costruire ponti tra i popoli nel nome di tre parole-chiave — pace, giustizia e verità. Con toni fermi ma profondamente evangelici, il Papa ha parlato di disarmo, dialogo interreligioso, dignità dei migranti e responsabilità verso il creato, offrendo alla comunità internazionale una visione morale e spirituale capace di orientare le scelte politiche in un tempo di conflitti e smarrimento globale.

Sala Clementina, Vaticano. Non è solo un discorso d’occasione. È una visione. Nell’incontro con i Membri del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, Papa Leone XIV ha inaugurato una linea pastorale e geopolitica chiara e fortemente ispirata alla tradizione sociale della Chiesa, ma anche profondamente ancorata al presente.

Nel suo primo intervento ufficiale rivolto ai rappresentanti delle nazioni, il nuovo Pontefice ha proposto un asse teologico e umano che definisce come “i tre pilastri dell’azione missionaria della Chiesa e della diplomazia della Santa Sede”: pace, giustizia e verità.

Pace: dono attivo e cuore disarmato

Non una tregua tra guerre. Non un vuoto tra le tensioni. Ma un impegno personale, interiore, comunitario. Così Leone XIV ha definito la pace, primo dono del Risorto:

“La pace si costruisce nel cuore e a partire dal cuore, sradicando l’orgoglio e le rivendicazioni”.

Parole che, pur nella compostezza diplomatica, suonano come un messaggio preciso in tempi di conflitti globali e moltiplicazione degli arsenali. Il Papa denuncia il pericolo dell’“economia dell’armamento” e ribadisce le parole del suo predecessore Francesco:

“Nessuna pace è possibile senza un vero disarmo”.

Nel solco di Francesco, ma con tono proprio, Leone XIV ha ribadito che la pace passa anche dal dialogo interreligioso e dal rispetto della libertà religiosa, senza la quale «è impossibile purificare il cuore e costruire relazioni di pace».

Giustizia: dal nome di Leone XIII a chi è scartato

Non è sfuggita l’autocitazione: Leone XIV ha ricordato di aver scelto questo nome in onore di Leone XIII, autore della Rerum novarum, prima pietra della Dottrina sociale della Chiesa. A lui si ricollega con naturalezza, rievocando la missione della Chiesa nel cambiamento d’epoca:

“Non possiamo tacere di fronte alle ingiustizie che generano condizioni di vita indegne”.

Ma la sua giustizia non è ideologica né astratta: è radicata nella concretezza della vita, della famiglia, del lavoro, dell’immigrazione.

Ricordando le proprie origini di “figlio di migranti” e “emigrato a sua volta”, Leone XIV ha parlato in prima persona dell’esperienza di essere “sano o malato, cittadino o straniero”, ma sempre persona amata da Dio.

È l’eco profonda della Gaudium et spes: la gioia e la speranza, ma anche le angosce degli uomini, sono quelle della Chiesa. E oggi, più che mai, la giustizia parte dal riconoscere la dignità di ogni essere umano, senza esclusioni.

Verità: senza trasparenza non c’è pace duratura

La terza parola-chiave del discorso, verità, è forse la più inattesa ma non meno incisiva. In un’epoca in cui la verità viene spesso manipolata, confusa o relativizzata — ha ricordato il Papa — diventa difficile stabilire relazioni autentiche:

“Nel mondo virtuale che muta la percezione del reale, è arduo costruire rapporti autentici”.

Ma Leone XIV non invoca una verità ideologica o dottrinale: richiama il cuore della fede cristiana, una verità che si fa persona e relazione, l’incontro con Cristo che fonda la comunità e orienta alla carità.

E così, la verità che salva è anche la verità che unisce, che permette di affrontare con onestà i grandi nodi del presente: la gestione delle migrazionil’etica dell’intelligenza artificialela cura del creato.

Una Chiesa che benedice, non si difende

Le parole conclusive del discorso sono uno specchio del suo stile: pacato, spirituale, ma deciso. Non c’è ostilità, ma neppure neutralità. C’è una fiducia nella speranza come leva storica, perché il Giubileo del 2025 non sia un evento liturgico ma un’occasione di conversione reale per la comunità internazionale.

E c’è soprattutto una Chiesa che non chiede privilegi, ma offre ponti, che si fa maestra di umanità, fedele alla profezia del Vaticano II e al grido dei poveri.

Concludendo, Papa Leone XIV ha benedetto i popoli rappresentati e ha ricordato le ferite aperte in Ucraina e in Terra Santa. Non ha usato toni da leader politico, ma ha mostrato la forza mite del Vangelo che sa entrare nella storia con le mani vuote e il cuore pieno.

Pace, giustizia, verità: tre parole che, in tempi di cinismo globale, rischiano di sembrare ingenue. Eppure, proprio perché oggi sembrano ingenue, sono più necessarie che mai.

Papa Leone XIV lo sa, e per questo le ha scelte come bussola per il suo pontificato. Ora tocca al mondo ascoltare.