In un tempo in cui la propaganda corre più veloce della verità, ogni voce indipendente è un argine prezioso
Mediafighter, testata che ha avuto il coraggio di analizzare criticamente Trump, Putin, Netanyahou, Meloni … e altri protagonisti della scena mondiale, è stata oggetto di attacchi informatici e tentativi di oscuramento.
Un gesto grave, non solo sul piano tecnico, ma sul piano democratico: perché colpire chi racconta il potere significa tentare di spegnere la coscienza critica di un Paese.
La critica non è un reato, è un diritto costituzionale
Chi è in alto non può non essere criticato.
Il controllo e la critica sono l’essenza stessa del giornalismo, non la sua devianza.
La Costituzione italiana, all’articolo 21, afferma con chiarezza che “tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”.
È una libertà che non appartiene solo ai giornalisti, ma a tutti i cittadini — perché una società democratica vive solo se può essere interrogata.
Hackerare un giornale è una sconfitta della ragione
Chi sceglie di hackerare un sito o di silenziare una redazione dimostra di non avere argomenti per rispondere alle critiche.
La violenza digitale è la forma più vile della censura: invisibile, codificata, ma ugualmente distruttiva.
E quando colpisce una testata registrata e un gruppo di giornalisti tesserati, assume un valore aggravante.
Non è un semplice atto di sabotaggio informatico, ma un tentativo di intimidazione verso chi esercita un diritto costituzionale.
Significa voler togliere ai cittadini la possibilità di essere informati da fonti libere e plurali.
La forza della parola contro la paur
Paradossalmente, ogni tentativo di censura non fa che rafforzare la credibilità del giornalismo indipendente.
Oscurare MediaFighter, o qualsiasi altra voce scomoda, non indebolisce la libertà: la rende più visibile.
Perché la libertà, quando viene messa a tacere, si moltiplica nelle coscienze.
Un attacco a un giornalista è un attacco a tutti coloro che credono nella forza della parola e nel valore del confronto.
L’informazione come servizio pubblico
Difendere MediaFighter, oggi, non significa condividere tutte le sue posizioni, ma difendere il principio che nessuna idea può essere zittita con la forza.
L’informazione è un servizio pubblico, non un privilegio concesso dai potenti.
E se un giornale viene censurato perché fa domande scomode, allora non è solo la libertà di stampa a essere minacciata, ma la dignità della democrazia stessa.
Ogni volta che un hacker tenta di spegnere una voce libera, accende mille coscienze in più.
Perché il pensiero non si cancella: si moltiplica ogni volta che qualcuno cerca di vietarlo.
