Quando la guerra torna all’età dell’aria. Nelle notti d’autunno, sopra Mosca e fino alla Crimea occupata, sono apparse “mini-mongolfiere” azzurre che viaggiano lente quanto i droni e rilasciano piccole cassette elettroniche. Russia e Ucraina si osservano e si colpiscono da anni con sciami a basso costo; ora entrano in scena i palloni, antica tecnologia riadattata all’era dell’algoritmo. Secondo ricostruzioni circolate in queste ore, l’uso dei palloni avrebbe due scopi: saturare le difese aeree facendo sprecare tempo e munizioni, e/o posare “fari” radio per guidare i droni quando il GPS è disturbato e le reti cellulari vengono spente. Non è fantascienza: fonti ucraine e russe hanno descritto proprio questo impiego “ibrido” negli ultimi raid in profondità sul territorio della Federazione.
Il ritorno (serissimo) di un’idea antica. La storia conosce già i palloni come strumenti d’arma: dall’assedio austriaco di Venezia nel 1849, primo bombardamento “remoto” della modernità, l’aria è stata un campo di battaglia prima ancora dell’aeroplano. Allora erano involucri di carta e ordigni a orologeria; oggi sono aerostati in polimeri, con ripetitori, jammer, transponder, telemetria. Cambiano i materiali, non la logica: colpire a costo minimo, obbligando l’avversario a spendere cento per neutralizzare uno.
La grammatica nuova della guerra: costo contro costo. Gli aerostati non sono “geniali trovate folcloristiche”: sono un tassello di una più ampia rivoluzione tattica. L’Ucraina, come la Russia, ha fatto dei droni e della guerra elettronica il suo alfabeto operativo. A ogni contromisura (disturbo del GPS, spegnimento notturno del cellulare), corrisponde un contro-contro: visione del terreno con AI, radiofari improvvisati, reti di sensori. È un braccio di ferro sul rapporto costo-efficacia: saturare un S-300 con dieci tracce lente e ambigue può “accecargli” il quadro mentre gli effettori veri passano. E la saturazione non è teoria: analisi indipendenti spiegano da mesi come gli eserciti adattino sciami di esche per logorare le difese e scovarne i radar.
La tentazione dell’“inganno legittimo”. Chi difende i palloni li considera “esche umanitarie”: meglio un pallone che un missile. Eppure, l’abbassamento di soglia è evidente: più economica è l’offesa, più facile è moltiplicarla, più probabile l’incidente. Palloni e droni non sono “armi stupide”, sono armi abilitanti: aprono corridoi, confondono, costringono le città a fermarsi (gli aeroporti, i servizi). La storia recente ha mostrato quanto anche un semplice aerostato, se percepito come spia o vettore, scateni allarme politico e militare ben oltre il suo payload.
L’aria come spazio morale. C’è un punto che riguarda tutti, non soltanto gli stati-maggiore: quando l’aria diventa “sporca” di oggetti a basso costo e alta ambiguità, il rischio di errore cresce — anche per chi difende. La distinzione tra “bersaglio legittimo” e “traccia che sembra un bersaglio” si assottiglia; lo iato fra decisione tecnica e conseguenza umana si allarga. La teologia morale ci ricorda che il fine non giustifica i mezzi quando i mezzi moltiplicano l’alea di colpire il non-combattente. La dottrina della proporzionalità non computa soltanto esplosivi, ma anche incertezza introdotta nel sistema.
Che cosa ci dicono le “bolle blu”. Primo: l’innovazione bellica non è monopolio dell’hi-tech costoso; spesso la vera innovazione è combinatoria (vecchio + nuovo). Secondo: la partita decisiva è la resilienza cognitiva — distinguere in tempo reale ciò che conta da ciò che distrae. Terzo: la nostra sicurezza collettiva dipende da regole sull’uso di sistemi autonomi e semi-autonomi: trasparenza su sensori, limiti all’inganno digitale che compromette infrastrutture civili, canali di de-conflitto per l’aviazione militare e civile.
Un appello realistico. Si può e si deve trattare perfino in guerra sull’aria — sul suo ordine minimo. Non è ingenuo chiedere moratorie mirate: niente esche in prossimità di grandi hub civili; no a payload incendiari aerotrasportati; black-list di componenti che abilitano la guida su reti civili; scambi controllati di telemetria per evitare collisioni. La storia dirà se le “mille bolle blu” saranno stata un’astuzia passeggera o l’ennesimo gradino della scala dell’escalation. Oggi ci ricordano che la pace — quando verrà — dovrà disinnescare anche l’aria, non solo il terreno.