In memoria di Papa Francesco, tra Gramsci, il Vangelo e la giustizia sociale
ROMA – «Arrestare il processo di dissolvimento del mondo civile e gettare le basi di un ordine nuovo». Le parole di Antonio Gramsci, tratte dai Quaderni dal carcere, hanno fatto da guida ideale al convegno svoltosi presso l’Università “La Sapienza” nell’ambito del corso di Economia dello sviluppo del prof. Luciano Vasapollo. Il titolo stesso – Contro le guerre e per il disarmo totale e giustizia sociale – ha dato voce a un’urgenza condivisa: ricordare Papa Francesco nel segno di una profezia di pace che interpella credenti e non credenti, lavoratori e intellettuali, docenti e giovani.
A ispirare l’iniziativa è stato l’ultimo messaggio pasquale di Papa Francesco, pronunciato il 20 aprile 2025, poche ore prima della sua morte: un appello accorato e definitivo per «un disarmo totale» e una «pace incondizionata». In questo spirito si sono alternati gli interventi di accademici, religiosi e operatori sociali, impegnati a ripensare la pace come progetto culturale, etico e politico.
Una denuncia trasversale del militarismo
Il prof. Luciano Vasapollo, docente e organizzatore dell’iniziativa, ha aperto i lavori sottolineando come «solo la classe lavoratrice può salvare la società umana dall’abisso di barbarie», richiamandosi alla lezione gramsciana e intrecciandola con la dottrina sociale della Chiesa: «Papa Francesco ha avuto il coraggio di parlare di pace vera, non negoziata dai potenti ma fondata sulla giustizia».
Padre Immacolato Acquali, Ministro generale dei Frati Francescani dell’Immacolata, ha indicato nel Magistero cattolico un punto di partenza per una critica radicale al neoliberismo percorrendo nella storia il progressivo scollamento dal bene comune all’individualismo edonista: «Non basta condannare le guerre: bisogna smascherare le logiche economiche che le rendono strutturali».
Il prof. Salvatore Izzo, direttore di FarodiRoma, ha ripercorso i numerosi interventi di Papa Francesco contro la produzione e la vendita di armamenti, ricordando che «il disarmo non è solo una scelta politica, ma un imperativo morale». Dal canto suo, Mauro Garofano della Comunità di Sant’Egidio ha portato l’esperienza di mediazione in contesti di conflitto come il Mozambico e il Sud Sudan, sottolineando che «il dialogo è più efficace della deterrenza».
Tra educazione, arte e spiritualità
Il prof. Valerio Cordiner (Presidente CdS di Mediazione linguistica e interculturale) ha ricordato l’impegno dell’arte e della cultura per la pace, da Aragon a Picasso. Il prof. Lorenzo Giustolisi (USB/Cestes) ha offerto una lettura educativa del disarmo, proponendo una “pedagogia della pace” radicata nella formazione dei lavoratori e dei cittadini.
Intervento apprezzato, quello del prof. Agustín Hernández Vidales, rettore della Pontificia Università Antonianum, che ha posto al centro il messaggio di san Francesco: «Il poverello di Assisi ci ricorda che il disarmo più profondo è quello del cuore. La pace inizia da lì».
Il prof. Pasquale Tridico, europarlamentare ed economista, ha proposto con decisione di «trasformare la spesa militare in welfare e salari. Non ci sarà giustizia senza una redistribuzione delle risorse: l’Europa deve scegliere se investire in armamenti o nel futuro dei giovani».
Una memoria che diventa futuro
A concludere i lavori è stato padre Alfonso Bruno, rettore dello studentato filosofico e teologico dei Frati Francescani dell’Immacolata e direttore della rivista Mediafighter, con un intervento denso e coinvolgente sul tema: La pace disarmata e disarmante: dalla Pacem in terris a Leone XIV. «Il mondo non ha bisogno di trattati di potenza, ma di parole di verità, di giustizia e di fraternità. Papa Francesco ci ha lasciato in eredità un linguaggio evangelico per la pace. Ora tocca a noi, nella società, nelle famiglie, nella cultura, vivere questa vocazione», ha detto.
La relazione finale ha saputo raccogliere e rilanciare i fili del convegno: «Disarmare non significa essere deboli, ma avere il coraggio di togliere le armi dal cuore, dalla lingua, dalle istituzioni. È l’unica rivoluzione credibile. E Papa Leone XIV – ha aggiunto – ha già indicato la via nel suo primo discorso al Corpo Diplomatico: verità, giustizia e pace. È tempo di prenderlo sul serio».
Il convegno ha testimoniato che, al di là degli schieramenti, delle sensibilità religiose e politiche, cresce il bisogno di parole autentiche, di progetti condivisi e di una spiritualità incarnata nella storia. È questa la missione dell’Università.
Papa Francesco lo aveva detto con forza: «la pace non è un’idea, è un artigianato».
Oggi, in suo nome, molti scelgono di mettersi a costruirla davvero.
È quello che ci voleva.