Il 7 giugno 1929, data spesso ricordata per la nascita dello Stato della Città del Vaticano, non segna semplicemente l’apparizione del più piccolo Stato del mondo. Segna qualcosa di più profondo e duraturo: la legittimazione giuridica e internazionale di un soggetto già esistente e ben più antico, la Santa Sede, quale entità sovrana capace di relazioni diplomatiche autonome. In quel giorno, con l’entrata in vigore dei Patti Lateranensi firmati l’11 febbraio da Benito Mussolini e dal cardinale Pietro Gasparri, si concluse la cosiddetta Questione romana e si aprì un nuovo capitolo nei rapporti tra lo Stato italiano e la Chiesa cattolica.
Ma cosa nacque davvero il 7 giugno? Non fu la Chiesa a “diventare” Stato, né il Papa a trasformarsi in capo di governo. La Chiesa non ha mai smesso di esistere come soggetto sovrano, e il Papato ha continuato ad agire nel diritto internazionale anche dopo la perdita dello Stato Pontificio nel 1870. Quella che nacque fu una soluzione storica e giuridica, creata ad hoc per garantire l’indipendenza della Santa Sede, dando vita a uno Stato, il Vaticano, con confini precisi e piena sovranità territoriale. Ma la vera protagonista resta sempre lei: la Santa Sede, che rappresenta universalmente la Chiesa cattolica nel mondo.
Due realtà, una sola sovranità
Lo Stato della Città del Vaticano, con le sue mura, i suoi musei, le sue leggi e i suoi cittadini (che in tutto sono circa 800), è uno strumento funzionale. Serve a garantire che la Santa Sede – cioè il Papa e la Curia Romana – possa esercitare la sua missione spirituale e diplomatica senza condizionamenti esterni. È la Santa Sede, non il Vaticano, a intrattenere rapporti diplomatici, firmare trattati, accreditare ambasciatori, avere un seggio di osservatore permanente presso l’ONU. La distinzione può sembrare tecnica, ma è essenziale: la Santa Sede ha personalità giuridica propria, distinta e anteriore a quella dello Stato Vaticano.
Nel gergo internazionale, si dice che la Santa Sede è lo Stato senza territorio più antico del mondo, e che il Vaticano è il territorio senza popolo più denso di storia e significato.
Un patto, due vincitori?
Per l’Italia fascista, quell’accordo fu un successo diplomatico. Mussolini poteva vantarsi di aver “riconciliato Roma con Roma” e di aver conquistato il favore implicito della Chiesa, facendo del cattolicesimo la “religione di Stato”. Per la Chiesa cattolica, invece, fu un traguardo cruciale: il Papa non era più “prigioniero” in Vaticano, come si era dichiarato da Pio IX in poi, ma libero di parlare, viaggiare e agire da sovrano spirituale e morale. E la Santa Sede – da allora in poi – avrebbe continuato a esercitare la sua influenza globale, senza bisogno di potere temporale, ma con una sovranità riconosciuta e rispettata da oltre 180 Stati.
La lezione ancora viva
Quella piccola firma, apposta in una Roma ancora ingessata dal fascismo, ha inciso una traccia profonda nella storia del XX secolo. Ha reso possibile il magistero internazionale di papi come Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo II, Francesco, che hanno parlato non come capi di Stato, ma come coscienza morale dell’umanità, liberi da vincoli politici e riconosciuti da ogni potenza.
Il 7 giugno 1929 non ha creato la Santa Sede. Le ha dato un tetto. E il mondo, da quel giorno, ha saputo dove bussare.
